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Il made in Italy che si trasforma: nella patria del prosciutto crudo ora si…

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Il made in Italy che si trasforma: nella patria del prosciutto crudo ora si produce (anche) il pastrami

Questione di business. Ma non solo. Il cibo e l’agricoltura made in Italy continuano ad adattarsi ai cambiamenti della società, aprendo a piatti e coltivazioni non propriamente originarie dei nostri luoghi. Le imprese italiane sperimentano, innovano, ibridano: ma sempre con il loro tipico “saper fare”.

Sushi e co.
Tanto diffuso da esser presente sui banconi del fresco nei supermercati, anche il sushi è diventato in un certo senso made in italy, e già da un po’ di tempo. Nel 2007 ha ad esempio debuttato Yamasushi, azienda alle porte di Milano nata anche su iniziativa dell’imprenditore Carlo Nocerino. Specializzata nel servire la grande distribuzione (presente nei principali punti vendita) e il canale Horeca (bar, ristoranti e pubblici esercizi in genere) con prodotti fatti al 100% in Italia (nigiri, sashimi, maki, ecc.) e per i quali usa materia prima locale, nei limiti del possibile.

Kebab
Kebab deriva dall’arabo kabāb, termine con cui si indica in modo generico la carne arrostita. Il primo a commercializzarla come cibo da asporto fu l’immigrato turco Mehmet Aygun, nel 1971 a Berlino. Lo spiedone verticale, il Döner (in turco: “rotante”), pare sia stato inventato (ma mai brevettato) da un altro immigrato turco in Germania, Kadir Nurman.
Una singolare variante italiana resta il Kebabun (in piemontese «buon kebab»). Servito nei locali di Eataly, è stato ideato da Sergio Capaldo, titolare dell’azienda di carni La Granda: è un Döner di sola razza piemontese, condito con sale integrale di Cervia e avvolto in una piada di grano romagnolo.

Pastrami
Non raggiunge i livelli di notorietà di sushi o kebab, ma anche in Italia si sta diffondendo il gusto del pastrami, cibo di origine ebraica: carne parzialmente essiccata, aromatizzata (con un mix di spezie e erbe) e affumicata, ottima per farcire i sandwich. La ricetta originaria arriva dall’Europa dell’est, ma il pastrami è ad esempio largamente diffuso negli Stati Uniti e in Canada, dove è stato importato nel XIX secolo. Furlotti, azienda parmense di salumi, ha pensato l’anno scorso di portare sulle tavole italiane il taglio “brisket” di manzo così preparato, affettato e confezionato nelle vaschette pronte all’uso.

Cibi Halal
Il concetto di Halal (lecito) si contrappone a quello di Haram (illecito), termine che nel Corano identifica alimenti e bevande che un musulmano non può assolutamente consumare. I prodotti con la certificazione Halal sono considerati leciti perché garantiscono sull’origine di ogni singolo ingrediente, e sulla filiera di produzione del prodotto, aderente alle prescrizioni religiose. A questo proposito ci sono gli enti certificatori. Halal Italia è ad esempio un ente di certificazione volontaria per i prodotti di eccellenza del made in Italy conformi alle regole islamiche in vari settori, tra cui quello agro-alimentare. Tante aziende italiane, piccole e grandi, aderiscono alle certificazioni degli enti.

Kosher
Kosher è l’insieme delle principi religiosi che regolano l’alimentazione degli ebrei osservanti. Il termine “kosher” o “kasher” significa conforme alla legge, adatto, consentito. Sono sempre più numerose le aziende che scelgono di avvalersi della certificazione kosher, che è anche uno strumento di marketing per chi vuol vendere i propri prodotti alla grande distribuzione.
La certificazione vale anche per i vini. Pochi anni fa erano una decina le aziende con vini kosher in Italia. Adesso il numero è in aumento, sia per conquistare il mercato delle comunità ebraiche italiane, sia per aprire canali nell’export. Tra le grandi aziende che hanno creato una linea kosher c’è quella dell’economista Antonio Capaldo, azionista di riferimento di Feudi San Gregorio, colosso vinicolo del Sud con oltre 20 milioni di fatturato.

Salumi halal e kosher (in Sardegna)
Pochi mesi fa, al XIII Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Cernobbio, è stata raccontata l’esperienza di Antonio Salis, titolare dell’azienda La Genuina di Ploaghe (Sassari), che produce salumi certificati kosher e halal con carni di pecora e capra. Una scelta innovativa, specie in una regione tradizionalista come la Sardegna. L’imprenditore ha raccontato di aver anche imparato la lingua araba per invitare i clienti musulmani a guardare e approvare il suo lavoro. «Siamo stati contattati dalla comunità ebraica – ha spiegato Salis – volevano un’alternativa alle poche produzioni a base di carne che avevano da noi, per poter dare anche ai loro bambini un panino imbottito da portare a scuola. Poi si è unita la comunità musulmana, che usa per il macello parti diverse della pecora e della capra. Da lì è nata l’idea del salame della pace».

Mango e avocado (in Sicilia)
Le aperture e le innovazioni non sono solo in campo gastronomico, ma anche puramente agricolo. Singolare a riguardo l’esperienza del catanese Andrea Passanisi, che ha approfittato dell’aumento delle temperature siciliane e del clima diventato troppo torrido per trasformare i suoi terreni coltivati ad agrumi in oasi tropicali. L’imprenditore esporta così in Europa mango, passion fruit e avocado made in Italy.

Arachidi (in Toscana)
Il successo delle “noccioline” lo dobbiamo agli statunitensi, anche se la pianta di arachidi ha origini nei paesi caldi del sud America, come il Brasile: da lì si è poi diffusa negli altri continenti. Esistono anche le arachidi made in Italy. In Toscana, in provincia di Livorno, l’azienda di Marco Razzolini le produce ad esempio dal 2007. Prima, Razzolini le tostava solo. «Le arachidi erano apprezzatissime – ha raccontato – ma quando mi chiedevano da dove provenivano ero costretto a dire Egitto o Cina. E la gente storceva la bocca. Così nel 2007 ho deciso di coltivarle in Toscana: ora ne produco 60 quintali, ma il mercato ne chiede molti di più».

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