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In agricoltura un'impresa su tre guidata da donne

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L'agricoltore 2.0

In agricoltura un'impresa su tre guidata da donne

La recessione continua a stringere l’Italia, ma l’agricoltura è tra i pochi comparti in controtendenza. Crescono, infatti, i fatturati, il pil di settore (1%), l’occupazione e aumenta una forte tendenza all’innovazione che non si applica solo ai prodotti, ma al modello stesso di sistema, dai metodi di coltivazione alla contaminazione con l’enogastronomia, all’agri-turismo e alla comunicazione 2.0.

Incremento record dell’occupazione

Proprio sul fronte dell’occupazione l’agricoltura fa registrare un incremento record del 6,2% nel numero di occupati, ossia dieci volte superiore al valore medio totale di tutti i settori, per un totale di 27mila lavoratori in più nelle campagne rispetto allo scorso anno. E’ quanto emerge dall’ultima analisi della Coldiretti relativa al primo trimestre del 2015 sulla base dei dati Istat. A crescere è sia il numero di lavoratori indipendenti (+7,4 per cento) sia di quelli dipendenti (+4,9 per cento), per questi ultimi il record assoluto del 20,3% è al Nord. In generale, tra dipendenti ed indipendenti, l’occupazione nei campi fa segnare un aumento del 16,1% al Nord, un calo dell’11,5% al Centro e un aumento del 44,4% al Sud. L’aumento dell’occupazione nelle campagne è accompagnato nel trimestre dall’andamento positivo del valore aggiunto del settore che ha fatto registrare una crescita dello 0,2% rispetto all’anno precedente.

Un’impresa su tre guidata da donne

Sono le donne in particolare a spingere sull’acceleratore del cambiamento. Negli ultimi anni la componente femminile nei campi è cambiata e di molto, tanto che, una impresa su tre oggi è guidata da donne, con 532mila conduttrici di aziende agricole. Consistente è anche la quota delle occupate, pari al 40 per cento. Inoltre, secondo i dati che emergono dall’ultimo censimento Istat, in Italia lavorano 1,3 milioni di donne in agricoltura, quasi il doppio della Spagna dove risultano 660mila, mentre in Francia e in Germania sono circa 340mila (dati Eurostat).

In aumento le imprese under 35

Accanto alle donne ci sono i giovani, visto che le imprese agricole under 35 sono in crescita costante e segnano importanti mutamenti. Dalla ricerca Censis-Cia presentata a Expo2015 durante l’evento “Giovani: il vivaio da coltivare per far crescere il Paese”, si evince che dal 2010 sono nate quasi 117mila nuove attività, di cui 106mila in ambito agricolo e quasi 11mila in quello agroalimentare. I due settori insieme hanno rappresentato l’area di attività prescelta dal 10,1% degli imprenditori che hanno avviato un’azienda negli ultimi tre anni. E se si osserva l’anzianità delle imprese agricole e agroalimentari, la percentuale di quante sono nate dopo il 2010 è pari al 14,2%, mentre nell’agroalimentare il dato sale al 18,1 per cento. Sono stati quasi 17mila gli under 30 che hanno avviato un’impresa agricola a partire dal 2010, circa il 15% delle nuove start up. Nell’agroalimentare, il loro contributo alla creazione di nuova impresa è arrivato al 18,3%, mentre in agricoltura è stato del 14,9 per cento. Guardando ai settori agricoli e agroalimentari in cui si sono concentrate le nuove iniziative imprenditoriali, l’86,7% ha riguardato le coltivazioni agricole, permanenti nel 30,2% dei casi e non permanenti nel 37,3 per cento. Nel 9,7% si è trattato di nuove attività legate all’allevamento, mentre nel 9,2% di agroalimentare.
Cresce anche il livello di istruzione dei nuovi agricoltori, soprattutto giovani. Se infatti tra gli imprenditori con più di 40 anni, la maggioranza (38%) ha al massimo la licenza elementare, e il 31,2% quella media, tra i giovani imprenditori agricoli il livello medio di istruzione sale sensibilmente. Tra i 25-39enni, il 45,3% è in possesso di un diploma di scuola superiore e l’11,2% ha una laurea. E tra quanti decidono di intraprendere l’attività agricola prima dei 25 anni, ben il 65,3% ha un diploma superiore e il 5,2% è già laureato. Una maggiore formazione che poi si riflette in modo positivo sulle scelte strategiche delle aziende verso l’innovazione.

L’innovazione green guida il cambiamento

Tra i settori più dinamici nell’innovazione verde c’è infatti sicuramente l’agricoltura con una decisa tendenza verso nuove attività emergenti, come la produzione di energie rinnovabili (essenzialmente fotovoltaico e biomasse), la sistemazione di parchi, giardini, strade, la cura del paesaggio, le fattorie didattiche, le attività ricreative, l’agricoltura sociale o le vendite dirette, la trasformazione aziendale delle produzioni. “Questa nuova cultura imprenditoriale agricola – osserva Francesco Ciancaleoni, membro dell’area ambiente e territorio di Coldiretti, nonché esperto di clima ed energie rinnovabili – si traduce in una riproposta in chiave moderna di aspetti tradizionali. E nell’evoluzione del rapporto verso il consumatore. Anche se nell’economia aziendale si devono colmare i deficit di efficienza, la vera novità sta nel fatto che l’agricoltura italiana si è resa conto di non essere una fabbrica chiusa, bensì collegata a due fattori importanti: da un lato il territorio, dall’altro il consumatore”. In questo senso va intesa l’innovazione italiana nell’agricoltura: l’applicazione della tecnologia a una progettualità più orientata al mercato e a una maggiore diversificazione delle proprie attività produttive, anche attraverso l’adozione di modelli organizzativi e gestionali che determinano una migliore efficienza nell’uso delle risorse. “Teniamo anche conto che l’offerta e l’innovazione si modula a seconda della domanda”. Una domanda sempre più orientata verso il green, appunto.
E infatti, con il 78% dei cittadini che nonostante la crisi è disposto a spendere di più per prodotti e servizi eco-sostenibili c’è stata una vera esplosione di attività imprenditoriali attente all’ambiente, tanto che si calcola in Italia la presenza nel 2015 di oltre 3 milioni di ‘green jobs’ ossia lavoratori che applicano competenze ‘verdi’, secondo la stima di Coldiretti in occasione della giornata mondiale dell’ambiente promossa dall’Onu.
In controtendenza all’andamento generale dell’economia le opportunità di lavoro ‘green’ hanno continuato a crescere negli anni della crisi tanto che in Italia proprio alla green economy si devono 101 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,2% dell’economia nazionale, sulla base del rapporto Symbola/Unioncamere.

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