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L'ecologia paga: Curtiriso con gli scarti produce elettricità. Poi vende la cenere ai cementifici

Energia dal riso. Da oggi anche lo scarto di lavorazione della raffinazione del riso può diventare una risorsa utile e remunerativa. Nonché molto ecologica. E’ il concetto su cui si fonda il nuovo progetto ecosostenibile di Curti (Gruppo Euricom), azienda risiera tutta italiana e prima in Europa ad aver ottenuto la certificazione di processo a bilancio CO2=0.

Una centrale a biomasse

Cosa significa? Che le emissioni di gas serra derivanti dal consumo energetico dello stabilimento di raffinazione del riso sono compensate dal beneficio ottenuto grazie alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Un percorso che è cominciato quattordici anni fa: era il 2000 quando l’azienda di Valle Lomellina (Pv) ha deciso di diventare energicamente autonoma e al contempo ottimizzare la produzione, riciclando gli scarti, che nel riso arrivano fino al 40% della materia prima. Per questo ha affiancato allo stabilimento adibito alla lavorazione (il più grande d’Europa) una centrale termica a biomassecon una potenza di 4,5 MWe, in grado non solo di rendere il sito autosufficiente dal punto di vista energetico, ma anche di rivendere elettricità azzerando così il bilancio di emissione di CO2.

“Per ottenere questi risultati – dichiara Valentina Lugano, responsabile ambientale dell’azienda – bruciamo ogni anno circa 40mila tonnellate di lolla, che raccogliamo e acquistiamo anche dalle riserie limitrofe”. La lolla è uno degli scarti della raffinazione del riso e finora veniva semplicemente buttata. A differenza della pula, ovvero la farina, che normalmente viene già rivenduta ai mangimifici per l’alimentazione animale. Ma non basta. Anche una volta bruciata, la lolla, sotto forma di cenere, può essere ancora una risorsa. “Le 6-7mila tonnellate di cenere di lolla, risultanti dalla combustione nella centrale – prosegue Lugano – vengono ulteriormente riciclate nell’industria cementifera e siderurgica come isolante, di cui questo sottoprodotto ha ottime proprietà. Siamo in pochissimi, circa due o tre a livello mondiale, a fornire questo materiale, da noi rivenduto con il nome commerciale di ‘RHA Curti’. Questo ci permette di evitare qualsiasi tipo di spreco, oltre ad averne un ritorno”.

L’ecologia paga

Se ancora qualcuno avesse dubbi che essere ecologici paga, consideri che la centrale energetica di Curtiriso non solo copre l’intero fabbisogno dello stabilimento di lavorazione e degli uffici, ma genera anche un surplus produttivo del 50-60% che viene immesso nella rete elettrica e rivenduto al gestore. “Ma non ci siamo fermati a questi risultati – afferma Lugano –. Nell’aprile 2012 abbiamo ottenuto le certificazioni Iso 14001, ovvero di gestione ambientale, e Iso 14064, quella che impone la contabilizzazione di tutte le emissioni sotto il controllo operativo dell’azienda, cui noi abbiamo aggiunto anche quelle indirette. Da qui ha avuto l’avvio il progetto Bilancio CO2=0, cofinanziato dal ministero dell’Ambiente, che ora vogliamo comunicare al consumatore”.

L’impronta CO2 del pacchetto di riso

Il prossimo passo, nei primi mesi del 2015, sarà quindi l’inserimento sui pacchetti di riso di un codice che, attraverso il sito internet dedicato, permetterà all’utente finale di verificare personalmente la Carbon footprint, cioè l’ammontare dell’emissione di CO2, attribuibile ad ogni singolo prodotto dal campo a casa di chi lo acquista, e di ricevere consigli utili che gli permetteranno di ridurre l’apporto di anidride carbonica, migliorando l’ambiente e i propri consumi. Un’iniziativa di cui Curti (la cui produzione annua si aggira intorno alle 140mila tonnellate di prodotto finito per un fatturato 2013 di oltre 140 milioni di euro) può vantare la primogenitura.  “Siamo stati i primi in Europa – conclude Lugano – a mettere a punto un simile percorso per il settore del riso, mentre per altre categorie alimentari, come la pasta, è già una realtà. Confidiamo che il consumatore sappia riconoscere l’importanza di questo risultato, anche se sappiamo che sarà necessaria una lunga opera di sensibilizzazione”. Ma i risultati non si faranno attendere, se già l’azienda lo scorso anno è riuscita ad aumentare il proprio fatturato di circa il 10%, nonostante un settore in calo del 2 per cento.

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