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L'enologa cinese: solo 500 cantine, ma siamo secondi al mondo per…

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L'enologa cinese: solo 500 cantine, ma siamo secondi al mondo per ettari di vigne

In Cina non si brinda solo con il tè al gelsomino o un bicchiere di antico  baijiu, quasi un vino bianco (molto alcolico) ricavato dalla fermentazione del sorgo e del grano sin dai tempi della dinastia Qing. Sulla tavola globalizzata del Dragone sfilano prosecco, Merlot, Carignane, Pinot Nero e tanto Sangiovese.

La monografia di un’enologa cinese

Nel paese asiatico il mondo del vino cambia insieme all’economia e ai mercati: lo racconta analiticamente Shen Xiu Hui, giovane enologa, laureata in Agraria all’università di Udine. E’ l’autrice di “Il vino in Cina, caratteristiche della produzione interna e prospettive per gli importatori stranieri”, pubblicato dal Centro studi assaggiatori di Brescia. La  sua visione del fenomeno è tridimensionale: c’è l’aspetto antropologico, quello tecnologico e quello economico. Doppia  la prospettiva, cinese e italiana. La monografia  mette anche  sul banco di prova i vini cinesi, delineandone i profili attraverso un panel di esperti  italiani, secondo il metodo Big Sensory Test Avanzato.

“Bere è una prova di prestigio”

I risultati su Cabernet e  Carbernet Sauvignon non sono confrontabili con i nostri (l’indice di efficacia non supera il punteggio di 6,77, i parametri di piacevolezza raggiungono metà della scala). Ma in Cina si beve lo stesso: “E’ una prova di prestigio”, spiega l’enologa. Interessante la valutazione dei vini da vitigni Yeshangputaojiu: si ottengono dalla fermentazione alcolica parziale o totale di uve selvatiche fresche pigiate (Vitisheyneana Roem & Schult, Vitis davidii Foex,Vitis romanetii Roman) o del loro mosto. Il risultato è un prodotto da sempre molto apprezzato, dolce o semidolce.

In Cina il vino è rosso

Le principali  aree viticole si estendono a est, nella regione di Xinjiange, di Hebei e in parte anche in Mongolia. Da Pechino a Hong Kong, comprese Shanghai, Guangzhou e Shenzheng,  il vino è uno status symbol, meglio se rosso (per l’87% dei consumatori), beverino e dolcetto. Si beve in occasioni speciali per accompagnare i tradizionali ravioli al vapore, gli involtini primavera, i piatti di pesce. Abbinamenti che non rispettano l’ortodossia. Ma il rosso porta fortuna, e questo già basta per sperimentare libere degustazioni. Si sta diffondendo, però, fra i consumatori un maggiore interesse per le caratteristiche organolettiche del vino. Aumentano gli intenditori: i loro criteri d’acquisto si basano su marca (44%), gusto (28%), prezzo (16%), origine (8%) e packaging (4%).

Shen Xiu Hui

Cantine,  joint venture e marchi globali (c’è anche Duca di Salaparuta)

La Cina è al quinto posto nel mondo per il consumo di vino. E’ seconda per ettari di vigne dopo la Spagana.  Sono i  vitigni a bacca rossa quelli maggiormente coltivati: rappresentano l’80% della produzione  totale. In 10 anni il numero delle cantine ha raggiunto quota  500.  Fra le principali  aziende vitivinicole,  Changchen e Dynasty che occupano oltre il 50% del mercato nazionale insieme alla cantina più antica: Zhangyu è stata fondata 120 anni fa.  Ha stretto rapporti di joint venture con diverse aziende straniere:  “Ha importato il concetto di Chateau  e ha costruito il primo complesso a Yantai dove la produzione dei vini viene integrata con attività  culturali per il turismo enologico”, si legge nel libro. Nella provincia di Liaoningsono l’azienda coltiva 5.000 mu (ovvero 330 ettari) di Vidal importati dal Canada e destinati alla produzione di ice wine. Qualche  anno fa è partito il progetto  Zhangyu Pioneer International Chateau Union, in collaborazione con la cantina di Karikari Estate of New Zealanda e  Duca di Salaparuta in Sicilia per sviluppare un’alleanza di marchi globali. Oggi i vigneti si sviluppano su 20mila ettari.

I vini della Grande Muraglia e i primi secchi di Dynasty

La cantina Changcheng, con il marchio La Grande Muraglia produce vino per un target medio-alto, su quasi 12mila ettari. Il suo obiettivo è il mercato internazionale: l’azienda ha acquistato  vigneti nella valle di Colchagua, a sud di Santiago in Cile, poi in Francia, a Pomerol. La prima a produrre vini secchi è stata, invece,  nel 1980 Dynasty,  azienda cino-francese fondata insieme alla Remy Martin a Tianjing. Così oggi è famosa anche per i suoi brandy di alta qualità. “Queste cantine sono di proprietà statale ma hanno rapporti di joint venture con cantine straniere”, fa notare l’autrice.

Al Sud i bianchi conquistano le donne

Il consumo procapite di vino in Cina è di 0,5 litri all’anno, niente  a confronto dei 43 bevuti in Italia. Ma la produzione locale cresce: sfiorati i 12 milioni di ettolitri nel 2014. Era appena superiore nel 2012, ma negli ultimi anni è aumentata significativamente l’importazione: oltre 4 milioni di ettolitri per un volume d’affari pari a 1,44 miliardi dollari. Più del triplo rispetto al 2006. In particolare, il volume dell’import dei vini confezionati vale oggi 1,36 miliardi di dollari, quello degli spumanti 82,43 milioni, 69,47 milioni i vini sfusi. Francia, Spagna, Australia ,Cile e Italia i principali esportatori. Nuova Zelanda e Germania puntano sui bianchi, nel sud della Cina, dove i vini più fruttati e aromatici stanno conquistando le donne.  I prezzi delle bottiglie sono aumentati di circa il 18%: il costo medio è di 4 dollari. Il vino locale si compra alla metà.  Per i paesi stranieri ci sono ampi  margini di miglioramento, “ma serve innanzitutto una mediazione culturale, e quindi la conoscenza dei valori che sottintendono al consumo del vino da parte dei cinesi”, sottolinea Luigi Odello, presidente del centro bresciano.

“Con un raviolo cinese meglio un Soave”

Le normative nazionali che definiscono i metodi di controllo per le bevande fermentate, anche quelle  ottenute con il mosto d’uva e di altri frutti, sono molto rigide. Questo ha innalzato il livello qualitativo ma, nella nazione d’Oriente, “il mercato del vino non è del tutto maturo”, ammette l’agronoma. “Ci manca la storia, e ancora molta tecnica e cultura”.  Che Shen Xiu Hui ha invece acquisto durante i suoi studi all’università e all’esperienza sul campo. Oggi vive a Venezia e non ammette stravaganze: a un raviolo cinese abbina un Soave.

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