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L'osteria è senza oste, ma il Fisco non perdona e chiede 62mila…

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L'osteria è senza oste, ma il Fisco non perdona e chiede 62mila euro

L’idea dei proprietari è molto semplice: mettere a disposizione di chiunque salumi, formaggi, prosecco, scrivendo i prezzi sulle confezioni in modo che ognuno si faccia il conto da solo e metta i soldi in una cassettina. Anche l’idea dell’Ufficio entrate di Montebelluna, in provincia di Treviso, è semplice assai: quell’attività vale 62 mila euro all’anno e tanto bisogna pagare di imposte.

L’«osteria senza oste», così si chiama, è un locale più unico che raro in quel di Santo Stefano di Valdobbiadene, giusto sulla dorsale del cartizze, la zona più pregiata dei colli del prosecco. Non risulta che ci siano altri posti dove si mangi, si lasci il denaro, e tanti saluti. La pensata è dei fratelli De Stefani, titolari di un salumificio a Guia, un’altra frazione di Valdobbiadene. Avevano questo rustico di famiglia dove andavano la domenica a mangiare salame e bere vino con gli amici. Qualche amico si è lamentato che quando loro non c’erano, non c’era neanche il salame: detto, fatto. Dal 2005 il salame c’è sempre, e chi vuole se lo prende. La cosa incredibile è che la faccenda funziona, non ci sono stati saccheggi o fughe con la cassettina dei soldi.

Un buon incentivo alla fiducia è che bisogna sapere dove l’osteria senza oste si trovi, non ci sono cartelli che la indichino. Solo ogni tanto, qua e là tra le vigne, un foglio con un punto di domanda e la scritta: «l’oste dov’è?». Ma tutto questo non ha intenerito i solerti ispettori del fisco. Nessuna pietà per la soppressa, il prosecco non può certo pretendere di spumeggiare impunito. Hanno fatto i calcoli parametrandoli, dicono, su un locale simile della provincia di Treviso (quale? visto che non c’è nulla del genere non solo nel trevisano, ma probabilmente in tutta Italia) e hanno stabilito che l’osteria senza oste incassi 62 mila euro all’anno. E quindi, tra tasse, penali, multe e quant’altro, chiedono ai De Stefani un importo pari a quella cifra.

Cesare De Stefani, proprietario del locale e titolare del salumificio assieme al fratello Giacomo, ha già incaricato un legale perché si opponga e promette battaglia. «Quella casa», osserva, «dista cinquecento metri dal Piave. Quei muri hanno vissuto la guerra del 15-18. Sarà una coincidenza, ma cento anni dopo si profila un altro tipo di guerra: quella di un ideale contro il fisco». Cesare De Stefani non ha alcuna intenzione di mollare. E sul Piave, si sa, non si passa.

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