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La vetrina dei Vignaioli Indipendenti: un Amarone riserva e il Brunello…

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Andar per vini

La vetrina dei Vignaioli Indipendenti: un Amarone riserva e il Brunello dell'ingegnere

Lo scorso weekend, 29 e 30 novembre, si è tenuto a Piacenza il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti, organizzato dalla FIVI ( Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ). La manifestazione, giunta alla quarta edizione, migliora di anno in anno, con un aumento sensibile di vignaioli partecipanti e di pubblico che va ad assaggiare e comprare i vini: manca meno di un mese a Natale ed una buona bottiglia è un presente sempre gradito.

I vignaioli presenti erano ben 265, provenienti da 19 regioni, mancava solo il Molise, ed hanno potuto raccontare i loro vini a circa 4.400 visitatori. Notevole l’incremento del pubblico: ben il 30 % in più rispetto allo scorso anno.

Partecipo sempre con piacere alla manifestazione: ho così l’opportunità di scoprire in ogni edizione nuovi vini ma soprattutto di incontrare coloro che li fanno, vedere le facce dietro le bottiglie. Posso anticipare che in molti dei prossimi articoli vi racconterò proprio dei vigneron conosciuti domenica.

Tornando ai padroni di casa, ricordiamo che FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, è nata nel 2008 ed aderisce alla CEVI (Confederation Europenne des Vignerons Indipendants). E’ attualmente costituita da 800 piccole imprese vitivinicole che si prendono cura di più di 8.000 ettari vitati in tutte le regioni italiane, che globalmente producono ogni anno oltre 55 milioni di bottiglie, esportandole anche all’estero per un valore pari a circa 200 milioni di euro.

La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ha lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Possono aderire i viticoltori che soddisfano i seguenti criteri: il vignaiolo che coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta. Il vignaiolo rinuncia all’acquisto dell’uva o del vino a fini commerciali. Comprerà uva soltanto per estreme esigenze di vinificazione, in conformità con le leggi in vigore. Il vignaiolo rispetta le norme enologiche della professione, limitando l’uso di additivi inutili e costosi, concentrando la sua attenzione sulla produzione di uve sane.

Tra i tanti vini assaggiati, oggi voglio presentarvi l’Amarone di Zymè ed il Brunello del Paradisone.

Azienda Agricola Zýmē di Celestino Gaspari – San Pietro In Cariano (VR)

Celestino Gaspari è senz’altro diventato una delle figure di riferimento per l’Amarone e la Valpolicella. Fin da piccolo lavora nell’azienda di famiglia, decidendo poi di studiare Agraria. A 20 anni incontra l’uomo che, come dice lui stesso, gli cambierà la vita: Giuseppe Quintarelli, uno dei maestri, dei produttori storici della Valpolicella, suo futuro suocero, con il quale ha lavorato a lungo. Nel 1999 è il momento di spiccare il volo da solo e, dal recupero di un’antica cava d’arenaria, nasce Zymè, a San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella classica.

Il nome Zýmē proviene dal greco e significa “lievito”, elemento fondamentale in enologia, simbolo di naturalità e di fermento, di voglia di trasformazione. Per Celestino fare vino e agricoltura ha anche un connotato morale, in cui l’uomo è custode del territorio, proteggendolo ma anche rinnovandolo: da qui la scelta di realizzare sia vini tradizionali sia molto innovativi.

Eco-sostenibilità è una delle sue parole d’ordine, perfettamente applicata nella nuova cantina appena ultimata e non ancora inaugurata ufficialmente. Delle sue 3 figlie, Lucia vive e lavora a Berlino, ma è anche la creatrice di quasi tutte le etichette aziendali, Marta lo aiuta in azienda, mentre Elisa ancora studia. Molte sarebbero le cose da raccontare su Celestino, ma non ho abbastanza spazio: voglio però scrivere di un particolare curioso: le vendemmie più difficili sono avvenute in anni con eventi per lui particolarmente importanti: questo non lo ha scoraggiato ma al contrario lo ha porta ad essere sempre ottimista. Un paio di esempi? Nel 1987 si sposa con Maria Rosa Quintarelli e la vendemmia è pessima. Quest’anno è completata la nuova cantina e la vendemmia è compromessa al punto di operare la scelta di produrre solo i vini base.

In questi 15 anni l’azienda è sempre cresciuta: oggi sono a 30 ettari vitati, 80.000 bottiglie annue ripartite su 11 etichette diverse, 3 bianchi e 8 rossi. L’azienda ha una struttura diffusa, coltivando vigneti sparsi su tutto il territorio veneto, con maggiore concentrazione in Valpolicella, e con molti tipi di vitigni diversi: tali difformità permettono a Celestino di fare continue ricerche e sperimentazioni: non a caso 2 dei vini di punta dell’azienda, Harlequin e Kairos, sono ricavati da un minimo di quindici varietà di uva.

Ho assaggiato con Marta, la figlia di celestino, il loro Amarone

Amarone classico Riserva “La Mattonara” Dop 2003

Riserva prodotta solo nelle annate più importanti, è il vino simbolo di Celestino. Lo spiega bene la stessa etichetta, raffigurante il logo di  Zymè, una foglia di vite in cui le linee linfali  sono state sostituite dalle linee di un’impronta digitale, affiancato alla scritta “massima espressione d’identità”. Il nome “Mattonara” ricorda che la cantina è stata costruita in una cava in pietra arenaria un tempo adibita all’estrazione dei mattoni utilizzati per la costruzione di chiese e ville. Le bottiglie prodotte sono solo 2.800, con un tenore alcolico del 16%. E’ un uvaggio di Corvina al 40%, Corvinone al 30%, Rondinella al 15%, Oseleta al 10%, Croatina al 5% Dopo la vendemmia vi sono 3 mesi di appassimento naturale: la pigiatura è a gennaio.

Vinificato secondo tradizione in vasche di cemento, dopo la svinatura riposa per 9 anni in  botti grandi e tonneaux di rovere di Slavonia. Segue almeno un anno di affinamento in bottiglia. Nel bicchiere è di un rosso rubino giovane ed intenso, con appena accenati dei riflessi granata. I profumi sono penetranti, quasi travolgenti: dalla frutta rossa, ciliegia matura, confettura di marasca, alla crostata che cucina mia moglie. Deliziosa la nota balsamica, il caffè, le spezie come il cardamomo. In bocca è avvolgente, complesso, ricco di corpo e persistente. Esplosivo con i suoi sapori di prugna e di marmellata di ciliegia, per non parlare della liquirizia e del cioccolato fondente. Una lunghezza pressoché infinita ed una tale giovinezza di tannini da pensare di poterlo bere anche tra molti anni.

Prezzo in enoteca: 230-250 Euro

Paradisone-Colle degli Angeli – Montalcino (SI)

Attilio Locati, ingegnere brianzolo che lavora nel mondo del packaging, acquista la proprietà a fine anni Ottanta, su consiglio del suo medico, amico di famiglia. Gli ex-proprietari, una coppia di agricoltori ormai in pensione, che volevano trasferirsi in paese, restano a vivere ancora un po’ di tempo al Paradisone, non essendo ancora pronta la loro nuova casa. Questo periodo di convivenza, durato alla fine qualche anno,  è stato determinante per Attilio, facendogli  capire, condividere ed assorbire i valori, i ritmi, i tempi della campagna e di chi ci ha vissuto una vita. Nel 1990 pianta la prima vigna, ma per molti anni anni il vino è prodotto solo per parenti e amici. Nel 2002 inizia la collaborazione con l’attuale enologo, Federico Donini, nel 2006 finalmente esce il suo primo vino rosso. Nel 2007 si fa il primo Brunello. Oggi l’azienda, forse la più piccola di Montalcino, ha 2 ettari di vigneti, produce meno di 10.000 bottiglie annue, propone 5 etichette diverse: l’ultimo nato, che si sta imbottigliando proprio mentre sto scrivendo, è un merlot in purezza.

Attilio ormai da anni si dedica al Paradisone quasi a tempo pieno, ha ridotto infatti quasi completamente l’altra sua attività, ed è diventato un “pendolare” del vino, facendo la spola tutte le settimane tra Montalcino e la Brianza: la moglie Nadia infatti non ha assorbito lo stesso spirito contadino e, come racconta sorridendo Attilio, ” …vedessi come reagisce se vede un ragno ! Vivere in campagna non fa per lei !” Una citazione per Carlo Corsi, uomo del posto che segue le vigne ed è il vero factotum in azienda! A Piacenza ho assaggiato il Brunello.

Brunello di Montalcino 2009 – Paradisone

Il 2009 è solo la terza annata di Brunello messa sul mercato da Attilio Locati, ma si rivela essere un vino estremamente interessante: tra i primi che ho assaggiato a Piacenza, è stato inevitabile ripassare alla postazione del Paradisone prima andarmene per riassaggiarlo e decidere di scriverne. Sangiovese in purezza, 3.500 bottiglie prodotte, gradazione alcolica del 14,5 %. La vendemmia, nei 4 diversi appezzamenti di Sangiovese, è manuale, in più passaggi, dal 20 settembre al 10 ottobre. Dopo le vinificazioni delle uve, fatte separatamente per appezzamento di provenienza, si ha l’assemblaggio e l’invecchiamento per 40 mesi in botti di quercia di Slovenia e francese. Affinamento in bottiglia per almeno 7 mesi. Il colore rosso rubino ha delle evidenti sfumature di rosso granato.

Si apre con profumi di frutta nera e del sottobosco, procedendo poi con cuoio e note tostate. In bocca è caldo, equilibrato, dai tannini vivaci ma non arroganti. Piacevolmente sapido, ha un’ottima persistenza ed un finale che invoglia ad una successiva beva.

Prezzo in enoteca: 40 Euro

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