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Le coop del vino romagnolo brindano al boom dell'export

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Vino

Le coop del vino romagnolo brindano al boom dell'export

Se la cooperazione (sociale) romana non sta dando una buona immagine di sé, molto meglio va per la cooperazione (vitivinicola) romagnola. Infatti, al di là delle vicende di cronaca e dei giochi di parole, ben altra aria rispetto a quella della Capitale si respira in un territorio nel quale la cooperazione, in particolare quella agricola, ha storicamente svolto un ruolo di primo piano e continua a svolgerlo. Almeno questi sono i segnali che vengono dai dati resi noti nei giorni scorsi dal Gruppo cooperativo Cevico, vero e proprio colosso del vino romagnolo (circa 5mila soci per 6.700 ettari di superficie coltivata e 1,3 milioni di quintali di uva lavorata) che ha registrato negli ultimi 4 anni una crescita del giro d’affari del 25% (passando dai 102 milioni di euro del 2011 agli attuali 127,7).

Crescita boom per l’export

I dati di bilancio sono completati da un patrimonio netto salito a 66,6 milioni di euro (era a quota 64,7 milioni lo scorso anno) ed un utile di 1,55 milioni. Ma le note forse più positive sono quelle che vengono dai mercati internazionali considerato che l’export con un giro d’affari che oggi ha raggiunto i 20,4 milioni di euro rappresenta ora il 22,3%. Un risultato che anche in questo caso è di grande rilievo considerato che nel 2011 la quota di export era appena al 6,5 per cento.

Trend positivo nonostante la congiuntura

«Il giro d’affari risulta stabile rispetto allo scorso anno – spiega la presidente del Gruppo Cevico, Ruenza Santandrea – tenendo conto anche dell’acquisizione effettuata di recente della griffe del Lambrusco “Medici Ermete e Figli”. Un risultato complessivo che riteniamo di grande valore considerato il vero e proprio crollo dei prezzi in particolare dei vini sfusi». La vera e propria invasione di vino spagnolo a basso costo infatti ha trascinato al ribasso i listini. «Si stima – aggiunge la Santandrea – che i prezzi sono calati in media del 40%. E questo non ha potuto non lasciare il segno sui nostri conti considerato che nonostante i grandi investimenti sui vini imbottigliati il segmento dello “sfuso” ancora rappresenta 350mila ettolitri su un totale commercializzato che in media è di un milione di ettolitri».

Per il futuro ancora export e nuovi prodotti

Nei piani del Gruppo cooperativo romagnolo le parole d’ordine sono ancora export e nuovi prodotti. «Sotto il profilo dei mercati internazionali – aggiunge la presidente Santandrea – ci limitiamo a sottolineare che si tratta di una strada obbligata visto il continuo calo dei consumi sul mercato interno. Mentre sul fronte dei nuovi prodotti stiamo effettuando importanti investimenti in particolare sul segmento degli spumanti». Cevico che già da anni produce spumanti a base Pignoletto (tipologia molto diffusa in Romagna e commercializzata con il brand “Vollì” dedicato all’horeca) ha da poco debuttato anche con le bollicine a base Trebbiano. «Si tratta forse del vitigno più antico d’Italia – prosegue Ruenza Santandrea – visto che prove della sua coltivazione risalgono fino a 2mila anni fa. L’abbiamo lanciato da poco nella versione spumante e abbiamo raggiunto nel giro di pochi mesi quota un milione di bottiglie. Un numero che farebbe gridare al miracolo una Pmi ma che per il nostro Gruppo che commercializza oltre 100 milioni di pezzi fra bottiglie, brik è solo un “buon risultato”».

Bene la partnership con la Comunità di San Patrignano

Infine positive sono le valutazioni del vertice di Cevico nei confronti della partnership avviata appena due mesi fa con la Comunità di recupero di San Patrignano. «Un esperimento che sta dando buoni frutti – conclude la Santandrea – e che prevede da parte nostra l’utilizzo della barriccaia di San Patrignano per l’invecchiamento di alcuni nostri vini, mentre le nostre cantine ospiteranno per degli stage alcuni ragazzi di San Patrignano giunti al termine del loro percorso di recupero».

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