Moët & Chandon non ha bisogno di presentazioni. Il brand ed suoi champagne sono tanto conosciuti quanto prestigiosi e diffusi. Moët stesso è divenuto sinonimo di Champagne worldwide.
Benoit Gouez, è il capo delle cantine di Moët & Chandon. Lo chef de cave, colui che tutto sovrintende, per dare luce al più blasonato e diffuso dei vini di Champagne. E’ lui che con cura ed attenzione fa in modo che le 20 e passa milioni di bottiglie l’anno portino in tutto il mondo la medesima qualità di un brand così importante. E’ lui in persona che ci racconta dell’ultimo nato in casa Moët & Chandon. Ma non è l’ultimo millesimo in bianco, né l’ultimo millesimo in rosé. Notare bene: è una nuova cuvée, una cuvée di ultra prestigio, sia perché prodotta in quantità minima sia perché frutto della massima maestria champenoise.
Una cuvée in cui energia, materia e tempo si fondono in un tutt’uno per creare un vino di Champagne unico ed irripetibile: MCIII. MC per Moët & Chandon, III per riassumere l’equilibrio la complessità e l’armonia sia dei tre vitigni Chardonnay, Pinot nero e Pinot Meunier sia dei tre materiali che hanno custodito il vino: acciaio, legno, vetro. III è la sintesi intorno a cui tutto si è svolto. Uno Champagne che racchiude dieci annate, dal 1993 al 2003, e che si esprime con forza, spessore e vigore già dal primo profumo e dal primo sorso.
Nel bicchiere, – Benoit Gouez suggerisce di adoperare uno Zalto per vini di Bordeaux – c’è una profondità di espressione così particolare che si stenta a credere possa trattarsi di un Moët. Siamo fuori dagli schemi della casa di Epernay, tutto un concetto nuovo di Champagne di prestigio che ha in sé la volontà di racchiudere e comunicare 270 anni di arte e savoir faire Champenoise. MCIII è lo stato dell’arte, il compimento di un sorpasso perfettamente riuscito, il voler andare oltre le regole con sicurezza e convinzione. Un guizzo di genio, l’espressione di un pensiero che si traduce in realtà grazie ad intuito ed expertise. Un unicum per happy few, come esclusività comanda.
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