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Orti urbani, Parigi apripista: frutta e verdura sui tetti

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Mestieri del cibo

Orti urbani, Parigi apripista: frutta e verdura sui tetti

Cento ettari supplementari costituiti da tetti e muri vegetali entro il 2020, Parigi è pronta a mettere in pratica il suo piano di ‘vegetalizzazione urbana’. Iniziato nel 2007, oltre a produrre vegetali per l’alimentazione, il progetto punta a ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico, e il riscaldamento urbano.

La città del resto nel 2012 ha vinto già il premio Territoria per i suoi esperimenti di tetti vegetali. In quell’anno la vegetazione degli spazi pubblici riguardava 5.705 m2 di verde supplementare e 6.430 m2 di tetti di edifici. Nel 2014, sono partite altre 30 iniziative innovative di vegetalizzazione urbana, in accordo al Piano di biodiversità di Parigi votato nel 2011, che prevede appunto la progettazione di 7 ettari di tetti vegetali su tutto il territorio cittadino, poi rafforzato dal programma 2014-2020 che impone la creazione di 100 nuovi ettari di tetti e muri vegetali. E moltissimi saranno dedicati agli orti.

Il modello si ispira a casi di successo già sperimentati in città come New York, Vancouver o Boston. A Montréal, il quartiere di Rosemont-La Petite-Patrie ha da poco modificato il proprio regolamento per autorizzare l’agricoltura urbana a uso comune e dare una maggiore flessibilità ai commercianti: chi vorrà potrà addirittura vendere pesci, legumi, frutta e altri ortaggi che avranno coltivato sui propri tetti. Un ulteriore passo verso l’autosufficienza alimentare.

Parigi, un orto per ogni quartiere

Tornando alla capitale francese, sono sempre più diffusi anche i “Jardins Partagés” (JP), giardini collettivi creati e gestiti da associazioni di quartiere in piccoli appezzamenti di terreno messi a disposizione dal Comune. Quasi ogni quartiere ne possiede uno, per un totale di circa 50 JP: principalmente uno strumento per creare una situazione di benessere psico-fisico e relazionale, ma al contempo un’occasione per fare attività fisica e magari coltivare ortaggi adatti a una sana alimentazione.

Così, nel 2001 il comune ha lanciato il programma Charte Main Verte con l’obiettivo di regolare, sostenere e promuovere i giardini comunitari all’interno del territorio parigino. I JP sono gestiti da associazioni di quartiere, preesistenti o create ad hoc sulla base di un’idea partita dai cittadini o dai consigli di quartiere, talvolta su sollecitazioni delle singole municipalità. Le associazioni svolgono anche altre attività nel quartiere (animazione, inclusione sociale, formazione), altrimenti si limitano alla cura del jardin. La maggior parte dei JP sorgono su terreni pubblici appartenenti al comune di Parigi; in altri casi si tratta di suoli gestiti o di proprietà di enti pubblici che si occupano di edilizia popolare.

L’orto ai piedi della Tour Eiffel: dal cortile alla cucina

Ma c’è anche chi ne ha fatta una vera professione. La società Topager, nata nel 2011 da un’intuizione di Nicolas Bel, realizza orti urbani naturali, ossia con materiali bio, ma soprattutto offre training per chi vuole iniziarsi alla coltivazione e produrre in autonomia frutta e verdura. Caso-simbolo della Parigi orticola è la brasserie Frame, che sorge ai piedi della Tour Eiffel in rue Jean Rey, presso l’hotel Pullman. Pomodori, fagiolini, zucchine, insalate ed erbe aromatiche che finiscono direttamente nella cucina e nel bar del locale, dal 2014 provengono direttamente dall’orto nel cortile di 650 mq. Non solo ortaggi, però: la brasserie ha installato anche un alveare e un pollaio, dove ogni gallina ha il suo nome, Rose, Bourrache, Ciboulette…tutte nutrite con gli scarti della cucina, senza mangimi. «Qui cresciamo anche delle varietà antiche di verdure – spiega Marie-Jorge Fabien del Pullman Hotel – trascurate dai coltivatori tradizionali perché magari non hanno una buona resa. Tutto da noi è secondo i principi biologici e il compost proviene direttamente dalla nostra cucina. L’orto ha solo un anno, ma l’autoproduzione incide molto sui nostri acquisti esterni. L’obiettivo è di arrivare all’autosufficienza e offrire prodotti naturali di qualità ai nostri clienti». In cucina lavorano sette persone, tutte istruite sulla coltivazione dell’orto da Topager, ma chi coltiva veramente è un’associazione per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità che manda i suoi addetti due volte alla settimana. Anche loro formate da Topager, che ha tra le sue finalità proprio la formazione professionale di orticoltori tra persone con handicap per seguire orti e giardini urbani durante tutto l’anno. «Con Topager, l’associazione e gli apicoltori – illustra Fabien – lavoriamo in partenariato, oltre a corrispondere una quota di adesione annuale».

Gli chef sono i primi interessati agli orti sui tetti

L’ispirazione degli orti sui tetti di Montréal è stata decisiva per Bel, ingegnere che all’epoca insegnava eco-concezione e biomimetismo. Con Nicolas Marchal, amico di lunga data, hanno avuto l’idea di una coltivazione senza terra, unicamente costituita da residui organici urbani. «Siamo stati affascinanti – spiega Bel – dall’agroecologia, divorando i libri che ne parlavano». Così hanno messo in opera un progetto con Christine Aubry, ingegnera ricercatrice presso l’Inra1, Frédéric Madre, dottorando al Mnhn2, e una squadra di ricercatori, grazie a un accordo con l’AgroParisTech che gli ha commissionato degli orti dedicati alla ricerca sui tetti della scuola di Agronomia nel cuore di Parigi.

«Sulla nostra realtà – prosegue Bel – gli chef sono i primi interessati: sanno che la freschezza dei prodotti è cruciale per preservare la qualità gustativa di numerose verdure e vogliono coltivare sui tetti dei loro ristoranti. Anche dal punto di vista dell’inquinamento, gli studi in un laboratorio indipendente mostrano che le verdure sono perfettamente sane. Con Frédéric Madre abbiamo così creato la società Topager per rispondere alla crescente domanda di orti urbani. A oggi fatichiamo a stare dietro alle richieste»
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