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Per la contraffazione un giro d'affari da 2 miliardi

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Così all'estero

Per la contraffazione un giro d'affari da 2 miliardi

Come una tela di Raffaello, un dipinto di Picasso o un paesaggio acquatico di Monet (fra i maestri d’arte più copiati nelle fabbriche dei falsari), il Parmigiano Reggiano è il prodotto alimentare più taroccato al mondo. Le sue contraffazioni lo scorso anno hanno raggiunto 300 milioni di chili. Una produzione che, secondo Coldiretti, supera quella dell’originale: tonnellate di Parmesan, Regianito, Parmesao, Parmezan circolano sul mercato internazionale a prezzi inferiori rispetto a quelli autentici. Gli effetti? Meno made in Italy (in controtendenza con il record registrato, ad esempio, dal Pecorino e dal Gorgonzola) e dannosissime vendite al ribasso.

Tutto il latte dei territori della Dop fa il Parmigiano

La crisi ci mette il carico: scompaiono le stalle impegnate nella produzione di latte (15mila in 6 anni). E senza stalle saltano i posti di lavoro di un’intera filiera: allevamenti, caseifici e intermediari. Una perdita pari a 60 miliardi di euro. Resistono 363 caseifici artigianali della zona tipica, alimentati dal latte prodotto in 3.348 stalle, dove si allevano 245mila vacche (nutrite solo con mangime secco, foraggio verde e fieno di prato), per un valore complessivo di quasi 4 miliardi di fatturato. Nei territori della Dop quasi tutto il latte munto (l’88%) è destinato al Parmigiano che riesce comunque a offrire prospettive di redditività che altre produzioni non danno. Tre milioni le forme (da 550 lt di latte) lavorate in un anno.

Il Consorzio di tutela vigila sulla qualità

Prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno (cominciarono i frati benedettini 9 secoli fa), il Parmigiano Reggiano è tenuto sotto la lente del Consorzio di tutela che verifica ogni forma applicando il bollino a fuoco su quelle che hanno tutti i requisiti per la Dop. Dalle imperfette vengono asportati i contrassegni e la scritta a puntini.

Il mercato del falso supera quello delle Dop

Nell’Unione europea l’export è in crescita quasi del 6% (+26,2% in Grecia e + 19% in Spagna), nell’intero Nord America supera il 30% e aumenta del 40% negli Stati Uniti. Si incrementa anche in Giappone (+26%) e in Oceania (+19,9%). I dati si riferiscono all’esportazione del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano: i due formaggi mantengono da sempre lo stesso codice doganale, per cui vengono accorpati nelle valutazioni dell’Istat. Ma il mercato del falso è ancora più esteso. Il giro d’affari della contraffazione sfiora i 2 miliardi di euro, ovvero «il doppio del fatturato dell’export dei due formaggi Dop insieme: più di 1miliardo», denuncia Rolando Manfredini, responsabile della qualità e sicurezza alimentare per Coldiretti. E un conto sono le imitazioni low cost prodotte all’interno dell’Ue (i similgrana), «legali ma ingannevoli perché mancano regole certe sulla tracciabilità», sottolinea Manfredini, altra cosa sono i falsi d’oltreoceano, «aree in cui vengono attribuiti a formaggi che nulla hanno a che vedere con il Parmigiano, nomi che lo richiamano». Italian sounding, appunto.

Stati Uniti, la culla della contraffazione

Qual è la culla del parmigiano contraffatto? Gli Stati Uniti: lo scorso anno circa 150milioni di chili sono stati prodotti in Wisconsin, California e a New York. Lo chiamano Parmesan e ha vinto il titolo di miglior formaggio degli States. Trionfa anche il finto parmigiano vegano e quello prodotto dalla Comunità Amish. Va a ruba il kit per farlo in casa con una stagionatura di 2 mesi. C’è anche quello cirillico (frutto dell’embargo di Putin), il parmesao brasiliano, il reggianito argentino e il parmesan perfect italiano made in Australia. «Tutta merce – denuncia Coldiretti – che toglie spazio al prodotto originale». Di recente un commerciante indiano ha proposto sulla piattaforma di Alibaba una fornitura mensile di 5mila tonnellate di finto Reggiano (con i buchi), pari al 50% di tutta la produzione Dop: immediatamente oscurato e bloccato online.

Ttip, più tutele contro l’italian sounding

Mai come in questo momento è importante tutelare le produzioni italiane a denominazione protetta , dunque anche il Parmigiano e il Grana, «all’interno del negoziato sull’accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, il Tansatlantic Trade and Investment Partnership», sostiene Coldiretti, secondo la quale si tratta di un appuntamento da non mancare per tutelare le produzioni agro-alimentari italiane. Il Ttip prevede di aprire i mercati Usa alle imprese dell’Ue, riducendo gli oneri amministrativi per le aziende esportatrici e definendo nuove norme per rendere più agevole ed equo esportare, importare e investire oltreoceano.

Comunicare l’eccellenza contro la concorrenza sleale

In seguito a una recente interrogazione parlamentare, la Commissione europea ha sostenuto che nell’Unione «i negoziati sul Ttip non incideranno sulla tutela di diritti di proprietà intellettuale quali le indicazioni geografiche connesse a denominazioni di prodotti Ue». Il direttore dell’Ente di tutela Riccardo Deserti a Bruxelles ha ricordato che il Parmigiano Reggiano «subisce gli effetti di una concorrenza sleale fondata sull’inganno che si compie anche contro i consumatori, ai quali il parmesan viene offerto in modo massiccio connotandolo con elementi grafici, riportati sulle confezioni, che si richiamano esplicitamente all’Italia». Per Alberto Menghi del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) «in Europa più che la guerra alle imitazioni, bisognerebbe riuscire a battere la concorrenza, comunicando con forza l’eccellenza del nostro prodotto, affinché i consumatori abbiano ben chiari gli elementi distintivi del Parmigiano Reggiano».

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