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Pizzarotti: con il nuovo viadotto in Libia arrivano anche le bottiglie di…

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Vino

Pizzarotti: con il nuovo viadotto in Libia arrivano anche le bottiglie di Callas e Nabucco

Dai grandi cantieri in cemento in tutto il mondo ai filari ordinati di viti sulle colline a Ozzano Taro, piccola frazione di Collecchio di Parma. Dai 900 milioni di fatturato globale nelle costruzioni ai cinque milioni di euro, a regime, della cantina vitivinicola tra la Cisa e il fiume Taro. Dagli oltre 3mila tecnici e le frese mastodondiche che lavorano 24 ore su 24 a poche decine di agricoltori che raccolgono ancora a mano ogni singolo grappolo d’uva e lo vinificano in piccoli tini seguendo il ritmo delle stagioni. Sono i due mestieri in cui Paolo Pizzarotti ha condensato passione imprenditoriale e amore per la propria terra, convinto che il saper fare e il sapere vivere emiliano possano farsi largo sui mercati globali a prescindere dalle dimensioni. Da un lato l’omonimo gruppo parmense delle costruzioni fondato dal padre, di cui ha preso le redini nel 1966, appena diciannovenne, facendone il quarto player nazionale. Dall’altro Monte delle Vigne, piccola cantina vinicola di 60 ettari nel cuore della zona Doc Colli di Parma, di cui Pizzarotti da otto anni è il primo azionista e in cui ha recuperato la vocazione vitivinicola medioevale di un terroir unico tra le correnti fredde dall’Appennino, l’effetto mitigante del fiume, i profumi dei boschi e la multiforme esposizione della vallata.

Progetto export

Il successo estero del Nabucco, il primo rosso fermo vinificato a Parma, o della Callas, una Malvasia di Candia aromatica è tale che Monte delle Vigne progetta ora altri 20 ettari di impianti e vede il traguardo delle “700mila bottiglie, a un prezzo medio di 10 euro l’una, invertendo in tre anni il rapporto export-mercato interno. Oggi siamo a un 30% di vendite oltreconfine contro il 70% in Italia”, spiega Andrea Ferrari. Vignaiolo dall’’83, Ferrari una decina di anni fa si è fatto coraggio e ha bussato alla porta del vicino di podere, Pizzarotti, per convincerlo a investire nella comune passione per il vino e per le colline parmensi. L’imprenditore edile ha messo in circolo una decina di milioni di euro tra i 40 ettari di nuovi vigneti e la cantina ipogea a pigiatura gravitazionale costruita nel 2006. Creando un’azienda che oggi vale almeno 30 milioni di euro, all’avanguardia per tecniche viticole e tecnologie: tante viti che producono poco nei campi (bassi filari, fitti di 6mila piante per ettaro); venti piccole vasche-botti in cantina da un ettaro dove si ricorre – con nuovi macchinari automatici – all’antico metodo della follatura; e un impianto di ultima generazione nella zona imbottigliamento in grado di processare 1.500 bottiglie l’ora. “Io ci sto 40 giorni a fare un vino che potrei realizzare in tre”, spiega l’enologo.

Ma è il mix non delocalizzabile creato dalla natura del luogo e del clima – tra pendii, laghetti, boschi e radure – che permette grandi lambruschi, barbere e bonarde sui crinali a ovest, l’eccellenza della Malvasia di Candia aromatica a est, merlot di qualità superiore nella piana argillosa. In questo microcosmo della food valley parmense è nato negli anni Novanta il Nabucco, il rosso fermo affinato 12 mesi in barriques. Il nome dell’opera che nel 1842 decretò il successo del concittadino Giuseppe Verdi è da due decenni sinonimo di crescita esponenziale di Monte delle Vigne. La lirica è finita di nuovo in etichetta nel ’99 con la Callas, in onore delle comuni origini greche del soprano e della Malvasia, che assieme al Nabucco vale i due terzi del fatturato della cantina e 180mila bottiglie l’anno (sulle 500mila totali prodotte oggi; tra cui un Lambrusco da 18 euro a bottiglia premiato all’International Wine Challenge di Londra, il barbera Argille, i Colli di Parma, gli spumanti).

Nel nome di Verdi

Il binomio lirica-calice si è rivelato un asset vincente sui mercati oltreconfine. “Dove incrociamo alta cultura del bere di qualità come in Svizzera, Giappone, Cina, il nostro vino, che è troppo costoso per il consumatore italiano ma è l’entry level dell’eccellenza internazionale, ha un successo enorme. Se gli ordini continuano a questo ritmo dovremo piantare a breve altri venti ettari di vigneti”, anticipa Ferrari, che ha inaugurato pochi giorni fa un flagship store di Monte delle Vigne dentro il palazzo della Regione Lombardia.

Sono piccoli numeri quelli della cantina parmense rispetto ai 10 miliardi di ordini in portafoglio tra opere pubbliche e project financing del ramo costruzioni di Pizzarotti. Dove arriva un viadotto made in Parma (vedi Lugano) arrivano però anche Nabucco, Callas e le altre etichette. Pure la nuova autostrada costiera libica diventa l’occasione per far conoscere non solo la tecnologia ma anche i sapori della terra verdiana.  “Ci vogliono tre anni perché un nuovo impianto renda, ma 7-8 anni per arrivare a una vendemmia al top. La qualità si fa in vigneto, in cantina non si devono solo fare errori”, spiega Ferrari, che inizia oggi a raccogliere i frutti degli investimenti targati Pizzarotti e della cura spasmodica per qualità e sostenibilità ambientale che stanno prendendo forma nel percorso di certificazione biologica avviato sia per i vitigni sia in cantina.

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