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Predappio dimentica i nostalgici e scommette sul Sangiovese

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Vino

Predappio dimentica i nostalgici e scommette sul Sangiovese

A 72 anni dalla caduta del regime fascista in Italia e a quasi 70 dalla morte di Mussolini (avvenuta il 28 aprile 1945) sarà possibile creare a Predappio (città natale di Mussolini ) qualcosa di completamente slegato dal Duce?
Ne sono convinti alla Tenuta Pandolfa, azienda che si trova nella Valle del Rabbi di Predappio (in provincia di Forlì Cesena), con 140 ettari di superficie, 40 dei quali a vigneto e che ha avviato di recente un importante progetto di zonazione su 7 ettari ritenuti particolarmente vocati per il Sangiovese di Romagna. Il progetto – portato avanti dai discendenti – si chiama «Noelia Ricci», dal nome dell’imprenditrice che fin dagli anni ’40 individuò nei terreni dell’appennino romagnolo delle aree vocate per la produzione del Sangiovese.

Un progetto per la riscoperta del Sangiovese di Romagna

Un vitigno, il Sangiovese, portato alla notorietà internazionale dai produttori toscani con Chianti, Nobile di Montepulciano fino – ovviamente – al Brunello di Montalcino, ma che invece ha radici profonde proprio in Romagna. Una produzione però che negli anni è rimasta spesso schiacciata da una viticoltura improntata più alla quantità che alla qualità e che invece oggi, grazie all’azione di un primo gruppo di cantine, sta provando ad essere riscoperta e reinterpretata.
E va proprio in questo senso il progetto Noelia Ricci. Sette ettari sui quali è stata avviata una gestione della vigna più manuale ed ecosostenibile, dove sono stati individuati i filari più vecchi e vocati per una produzione che all’inizio sarà di 39mila bottiglie. «Anche se ci auguriamo di coinvolgere nel progetto in breve tempo – spiega l’ad di Tenuta Pandolfa, Marco Cirese – un’altra parte dei vigneti aziendali per arrivare a un potenziale di 70mila bottiglie. Per farlo ci vorranno anni, la garanzia assoluta del mantenimento di un alto livello qualitativo e il rispetto dello stile identitario che abbiamo intrapreso. La restante parte della produzione sarà destinata alla linea Pandolfa e al mercato del vino sfuso».
Due le etichette definite nel nuovo progetto grafico, una di Sangiovese di Romagna superiore e una seconda dal nome “Godenza” che riguarda uno specifico cru all’interno dell’area delimitata.

Un’identità distinta dai Sangiovese toscani

«Vogliamo affermare le caratteristiche dei nostri Sangiovese – aggiunge Cirese – che sono differenti dai più famosi toscani. Differenze che discendono dai diversi versanti collinari dell’appennino tosco–emiliano che vedono dal lato romagnolo terreni più profondi e fertili e un clima più continentale rispetto alla Toscana. Caratteristiche che si riflettono in prodotti dal frutto marcato mentre in Toscana i vini risultano più minerali e mostrano tannini più dolci. Caratteristiche che generano quindi prodotti differenti ma opportunità commerciali che riteniamo complementari. Da questo progetto ci aspettiamo anche un maggior impulso sul fronte dell’export oggi fermo al 40% del nostro giro d’affari».

Un rinnovato «gioco di squadra»

Uno degli aspetti che più incuriosisce dell’attuale trend del vino romagnolo è che nonostante quest’area sia terra di elezione di alcuni grandi gruppi cooperativi del vino, tuttavia, alcuni fra questi per segmentare la propria offerta verso l’alto, nella ricerca di segmenti di eccellenza, siano andati a rilevare etichette di altre regioni (ad esempio in Veneto, nella Valpolicella fra i produttori di Amarone). Non sarebbe invece auspicabile che grandi coop del vino romagnolo per diversificare qualitativamente le proprie produzioni puntassero su aziende del loro stesso territorio che stanno scommettendo proprio sulla qualità? «Una riflessione che mi trova assolutamente d’accordo – aggiunge Cirese –: una regione cresce se cresce su tutti i livelli di prezzo e di dimensione aziendale; noi pensiamo che ad esempio affiancando i tanti piccolissimi artigiani del territorio che si avvalgono dei nostri servizi di vinificazione facciamo crescere tutta la nostra area. Allo stesso modo le coop non dovrebbero mai dimenticare che loro per prime sono tenute a ricoprire un ruolo sociale e mutualistico che si sbiadisce quando invece si investe lontano dalla propria base sociale. Ma fortunatamente anche nel mondo cooperativo qualcosa sta cambiando e si sta affermando un orgoglio romagnolo tant’è che alcune delle recenti partnership realizzate in quell’universo hanno riguardato collaborazioni interne alla regione (Emilia con Romagna, mondo sangiovese con mondo lambrusco) o tra importanti realtà tutte Romagnole (come quella fra il Gruppo Cevico e la Comunità di San Patrignano)

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