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Vino

Rosé: perché l'Italia (con consumi in calo) scommette sul Chiaretto

La produzione mondiale di rosati è in costante aumento, ma il consumo in Italia è in calo: è solo uno dei dati più significativi emersi dal convegno “Il Futuro dei rosé: numeri e dimensioni di un mercato in forte espansione”, nell’ambito della nona edizione di Italia in Rosa a villa Galnica di Puegnago, sede del Consorzio Valtènesi. Ospite d’onore Michel Couderc, responsabile del centro studi ed economia del Conseil interprofessionel vins de Provence: la Provenza è oggi un punto di riferimento per la produzione di rosati d’alta gamma, in un Paese, la Francia,che ha visto crescere del 43% il consumo di rosé nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2014 ed ha dovuto divenire paese importatore per soddisfare la domanda.

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Proprio sull’arco di tempo compreso in questi 12 anni è stata focalizzata la relazione di Couderc che ha ricordato come i vini rosati “non abbiano percezione specifica da parte dei consumatori: non ci sono inoltre informazioni di dettaglio e tutto ciò che sappiamo arriva da organizzazioni locali e soprattutto dalla Francia dove la Provenza è diventata un punto di riferimento anche per lo studio del settore”. La Provenza investe del resto da 30 anni sul comparto e oggi il 90% della produzione vinicola della regione è rappresentata dai rosé, che a loro volta occupano una quota del 40% sul totale dei rosati a denominazione prodotti in Francia (7,3 milioni di ettolitri). Oltre il 31% del vino fermo consumato in Francia è rosé.

A livello mondiale, la produzione ha oggi toccato i 22,7 milioni di hl, pari a circa il 10% dei vini consumati nel 2014 (quota che nel 2002 era pari all’8%). Sorprende che in Italia i consumi siano in calo: ma il Belpaese resta comunque il secondo esportatore nel mondo in volume con il 16% e con una quota del 23% a valore, in un mercato mondiale nel quale 4 bottiglie su 10 di rosé prodotti nel mondo varcano la frontiera per un interscambio che vale circa 1,5 miliardi di euro. E’ la Spagna a detenere il primo posto come principale esportatore, ma è la Francia quella che domina nel mercato a valore con una percentuale del 31%, pur con volumi uguali a quelli italiani.

L’Italia avrebbe una quota mondiale dell’11% su 23 milioni di ettolitri di produzione, quindi 2,2 milioni. Contro il 34% della Francia, il 19% della Spagna e il 15% degli Usa.

Da qui è emerso il dubbio di una mancanza di strategia italiana. Secondo il direttore del Consorzio Valtènesi Carlo Alberto Panont, “l’obbiettivo di Consorzio Valtènesi ed Italia in Rosa è quello di fare rete con Ismea, con la Puglia e con le altri principali regioni produttive italiane per costruire un’alleanza che ci consenta di arrivare ad avere anche in Italia un osservatorio di riferimento”.

La soluzione di Ismea

Tiziana Sarnari, analista di Ismea, ha detto che per i rosati si potrebbe mettere in campo le rilevazioni Ismea: effettua un monitoraggio costante sui prezzi di 200 prodotti intervistando ogni trimestre 800 imprese agricole per produrre una serie di outlook periodici su un comparto da 638 mila ettari e 310 mila aziende che vanta un fatturato complessivo 2015 di 12,5 miliardi pari al 9,4% del totale del settore agroalimentare. Ammonta a 20 milioni di ettolitri il volume italiano esportato, con un valore di 5,4 miliardi, il 15%  dell’agroalimentare. Poi ha aggiunto: “Potremmo iniziare col chiedere i dati di ogni singola Doc suddivisa per singola tipologia: questo ci consentirebbe di avere i dati sui rosati di tutte le Doc e Igt. Ma qualche dato ufficiale positivo c’è: nella grande distribuzione i rosati valgono il 5% a volume e il 4% a valore, e nel 2015 i rosati Dop sono cresciuti del + 6% a volume e del +4% a valore”.

Ok dal presidente

Soddisfatto Alessandro Luzzago, presidente del Consorzio Valtènesi: “Il processo del Chiaretto è lungo: è in fondo solo da 10 anni che in Provenza è stato maturato un orgoglio vero e proprio per i vini rosati, ma i loro risultati sono un esempio che non può che darci coraggio. Forse non arriveremo mai al 31% di quota che i rosè occupano nel consumo generale di vini fermi del francesi ma abbiamo ampio margine di crescita e la Valtènesi può essere una delle zone che guida questo processo. Abbiamo avviato un percorso con il Centre du Rosè di Vidauban, in Francia, che ci ha già visto inviare i Chiaretti nel 2013 e 2014 che sono stati analizzati e degustati: ora stiamo pensando ad un nuovo ciclo triennale con analisi più dettagliate su parametri gustativi ed aromatici, per avere conforto analitico del gruppo di degustatori più rodato sui vini rosati. Un percorso di confronto a tutto campo per approfondire la nostra identità, per conoscerci meglio e per crescere”.

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