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Selinunte: perché la burocrazia blocca i 50mila euro dello sponsor

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Selinunte: perché la burocrazia blocca i 50mila euro dello sponsor

La storia è inedita persino per la complicatissima Sicilia. Un’azienda vuole donare fondi per riqualificare un sito archeologico ma la burocrazia regionale paralizza tutto fino a spingere l’azienda ad abbandonare il progetto. Protagonista la Cantina Settesoli di Menfi, tra le più grandi aziende vitivinicole del Paese, e una delle più grandi cooperative del settore con 2mila soci e 6mila ettari coltivati a vite, un fatturato di oltre 50 milioni di cui il 60% proveniente dall’export.

Ebbene, la Cantina Settesoli, di cui è presidente Vito Varvaro, socio e manager con un passato al vertice di grandi aziende italiane e multinazionali e ancora presente nel cda di Piaggio, nell’estate del 2014 (era agosto) decide di sponsorizzare con 50mila euro il Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa per gli interventi in un’area che da un po’ di tempo versa in condizione di incuria. Si trattava della prima tranche considerato che l’obiettivo del progetto era quello di arrivare a raccogliere 500mila euro da destinare non solo al recupero del prezioso sito archeologico (considerato il più grande parco archeologico d’Europa dove si trovano i resti dei templi dell’acropoli dell’antica città greca di Selinus) ma anche per promuoverne la conoscenza.

Una sponsorizzazione da 50mila euro

Ma non sono bastati oltre 520 giorni, numerose riunioni, spese per avvocati, per sbloccare la donazione perché al termine di un percorso amministrativo che si è rivelato un calvario i vertici della Settesoli hanno scoperto (il 15 ottobre) che il progetto non era realizzabile perché, questa almeno la spiegazione che ne è stata data data, in Sicilia è necessaria l’emanazione di un regolamento regionale (dai tempi di emanazione non definiti) per regolare le sponsorizzazioni. E dire che a settembre i funzionari regionali si erano complimentati con i vertici della Settesoli perché era la prima volta che l’assessorato riceveva una articolata proposta di sponsorizzazione da parte di un’azienda privata. E sempre a settembre, l’allora assessore ai Beni culturali siciliano, il docente universitario Antonio Purpura, ha organizzato un convegno in grande stile cui hanno partecipato rappresentanti delle Fondazioni di origine privata e persino l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi proprio per lanciare la collaborazione con i privati nella gestione dei beni culturali siciliani.

In attesa del regolamento regionale…  

A nulla è valsa anche la disponibilità della Settesoli ad abbassare il valore della sponsorizzazione da 50mila a 40mila euro per allineare il progetto alla normativa vigente. Settesoli, che fidando in una soluzione veloce aveva anche preparato i materiali da presentare al Vinitaly 2015, a un certo punto ha deciso di affidarsi a un legale per provare a sbloccare l’iter del progetto. Ma non c’è stato nulla da da fare: la risposta dall’assessorato, di cui è diventato direttore generale nel frattempo Gaetano Pennino, è stata chiara. Ed è stato a quel punto che i vertici della Cantina hanno preso carta e penna e hanno scritto al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini cui hanno inviato un dossier sulla vicenda e hanno anche deciso di rendere pubblica la storia.

«In sostanza – è l’amaro commento contenuto nel dossier – sembra che in Sicilia non basti disporre di una legge nazionale sulle procedure ad evidenza pubblica (il Codice dei contratti pubblici), una legge nazionale sui beni culturali (Codice dei beni culturali) e un dettagliatissimo Regolamento attuativo sulle sponsorizzazioni di beni culturali (Linee guida ministeriali di cui al D.M. 19 dicembre 2012). Tutto ciò è ancora più curioso se si considera che all’incontro dell’8 settembre 2015, i funzionari regionali hanno seraficamente esordito “complimentandosi” con Cantine Settesoli perché era “la prima volta” che l’Assessorato riceveva una articolata proposta di sponsorizzazione da parte di un’impresa privata. Forse questa prima volta per la Regione Sicilia ha acceso una inspiegabile – quanto superflua vista la normativa nazionale – bulimia normativa dagli esiti incerti per la certezza del diritto. Un esito certo vi è però stato: la frustrazione di una buona iniziativa privata a sostegno della cultura siciliana a costo zero per le casse della Regione».

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