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Taggialto, l'olio di montagna che salva i terreni e va da Peck

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Storie di eccellenza

Taggialto, l'olio di montagna che salva i terreni e va da Peck

E’ una storia di un sogno e una rinascita, quella delle terre del Ponente ligure a rischio di abbandono. Terre di montagna, dove i bianchi “terrazzamenti” cadono giù, e il terreno rischia di franare insieme con gli ulivi.
Una storia che ha il colore e il sapore dell’olio d’alta quota, il “Taggialto”, prodotto in condizioni spesso estreme. Niente macchine, niente trattori, solo a piedi sono raggiungibili quegli alberi che producono olive minuscole al limite della fruttificazione. Difficoltà oggettive di raccolta e lavorazione, che si traducono in costi altissimi per i contadini: in molti, nel corso degli anni, non ce l’hanno fatta, e hanno abbandonato la terra.

Salvare l’olivicoltura di montagna

Insomma, questa è una storia da raccontare dall’inizio, quando Flavio Lenardon, 50 anni, friulano di Spilimbergo (Pordenone) esperto eno-gastronomico dedito da anni alla valorizzazione del territorio del Ponente ligure, ha deciso di promuovere una vera “rivoluzione culturale” per la salvaguardia di questo piccolo ecosistema. Parola d’ordine: valorizzare l’olivicoltura di montagna. “Differenziare” il prodotto, riconoscendone la maggior qualità, e conferendogli più valore sul mercato. Ecco la strada individuata da Lenardon, che ha intuito come il punto di debolezza del sistema rappresentasse, in realtà, il suo vero punto di forza. Qualche tempo dopo si unisce in quest’impresa anche un ingegnere, Giuseppe Stagnitto, 56 anni, docente di Tecnica delle Costruzioni e di Storia della Scienza e della Tecnologia all’università Pavia: all’attivo due lauree, 5 libri e l‘invenzione di un metodo immediato di calcolo per ingegneri.

Un network della sostenibilità agro-alimentare e ambientale

Insieme, coadiuvati da pochi amici ed esperti, i due creano una sorta di network della sostenibilità agro-alimentare e ambientale che è in realtà molto di più. Nel giro di pochi mesi nel 2009 nascono infatti una società (la srl Tesori della Costa, che si definisce azienda “a responsabilità politica”), un movimento culturale (TreeDream) e un piano d’azione concreto, il “Progetto Taggialto”.
Ma procediamo con ordine. “Ci siamo subito resi conto che l’olio che si ottiene dagli olivi di montagna è un olio diverso, fuori del comune”, racconta Giuseppe Stagnitto, socio fondatore di Tesori della Costa Srl e segretario di TreeDream
Oltre i 500 metri di quota l’olivo cresce, ma non fruttifica quasi più. Verrebbe allora spontaneo pensare che “il canto del cigno” dell’olivo sia un frutto da lasciare stare. Invece no: l’olio che si trae da queste olive è un distillato unico, come è stato riconosciuto pubblicamente da esperti del calibro di Caricato e Vaccarini”.
“Perseguendo i nostri obiettivi imprenditoriali, ci siamo imbattuti in difficoltà di vario genere – sottolinea Stagnitto – : in primis il fatto che il mercato era inesistente e che nessuno aveva mai parlato di olio d’alta quota, con la sola eccezione di Luigi Caricato (Extravergini d’alta quota, nel 2005). C’era inoltre un diffuso scoraggiamento tra gli olivicoltori, in quanto l’oliva prodotta in montagna veniva pagata come le altre, non considerando i costi aggiuntivi per tale produzione di maggior qualità. Questo ha causato il progressivo abbandono della maggioranza degli oliveti con il conseguente degrado dei terrazzamenti”.
Da qui l’importanza di creare un movimento culturale che contribuisse a “cambiare le cose, scuotere le coscienze, cambiare mentalità”.

L’olivicoltore Rino Pellegrino

Il Movimento: TreeDream

Lo dice la parola stessa, TreeDream è un sogno, una rinascita, recita il manifesto del movimento fondato qualche anno fa da Lenardon. Il simbolo di Treedream è un albero sulla mano, e sta a significare che salvare le radici dell’albero significa salvare noi stessi. Fin dall’antichità, i contadini liguri avevano edificato i muretti a secco in pietra, per proteggere le radici degli ulivi di montagna, e quel gesto antico è servito nel corso dei secoli a dare stabilità al terreno. “Oggi gli olivicoltori hanno letteralmente “dimenticato” il motivo per cui i loro avi avevano terrazzato le montagne – spiega Giuseppe Stagnitto -: la ragione, in realtà, era l’alta qualità dell’olio che si poteva ottenere da piante cresciute in tali estreme condizioni di stress” .

Ricostruire i muretti a secco a costo zero

Un’attività capillare, quella dei TreeDreamer, fatta di incontri, discussioni, ma soprattutto di azioni concrete per il recupero dei terrazzamenti, muretti millenari, frutto della sapienza dei contadini, edificati con le pietre, senza usare il cemento.”.
“Fino a 50 anni fa era tutto un giardino : i tre protagonisti della montagna (prato, bosco, oliveto) erano curati al cento per cento”, spiega l’olivicoltore e imprenditore Rino Pellegrino, una delle colonne del movimento. “Soprattutto era curato lo scolo delle acque: i canali erano sempre puliti, così che il percorso dell’acqua non invadeva gli oliveti buttando giù i terrazzi.
Oggi, nella provincia di Imperia, potremmo dire che si fa il dieci per cento rispetto a prima: anche per questo motivo, in queste zone, la maggior parte dei terrazzi è crollata (o si teme crollerà nel giro di qualche anno)”.
Il lavoro più lungo e costoso del ripristino dell’olivicoltura montana è proprio la ricostruzione di questi muretti a secco.
Ed ecco, il valore aggiunto del movimento culturale sorto qualche anno fa. Riscostruire, a costo zero, i terrazzi di pietra che proteggono le radici degli ulivi, evitando che quel saper fare antico di disperda definitivamente.

L’azienda e il progetto Taggialto

Il 21 ottobre 2009 nasce la Srl Tesori della Costa. “La società – si legge – ha per oggetto la valorizzazione della nostra tradizione alimentare, nel rispetto della identità territoriale, della solidarietà sociale e dell’ambiente, tramite iniziative culturali ed editoriali; produzione di prodotti tipici e commercializzazione degli stessi, anche di terzi”. “Nell’oggetto sociale – sottolinea Flavio Lenardon, presidente e amministratore unico di Tesori della Costa Srl – è specificato che le iniziative culturali sono sempre anteposte a quelle commerciali”.

Tesori della Costa è proprietaria del marchio Taggialto (registrato nel 2011). Un prodotto di nicchia, il Taggialto, monocultivar taggiasco d’alta quota solo recentemente commercializzato (l’anno scorso le bottiglie sono approdate sugli scaffali di Peck, a Milano) perché il mercato non è, programmaticamente, il primo scopo di quest’impresa. “Il nome Taggialto – spiega Stagnitto – indica che l’olio (di olive taggiasche) è stato ottenuto da quegli oliveti ad alta quota, a rischio abbandono per gli alti costi di coltivazione, o da oliveti recuperati proprio grazie all’avvio del progetto di Lenardon”.
Inoltre, poiché l’azienda intende svolgere anche un ruolo di utilità sociale, “non è pensabile che questo marchio sia percepito come un normale marchio commerciale”, spiega Stagnitto. Per questo motivo, l’azienda permette l’uso gratuito del marchio ai piccoli frantoiani aderenti ai principi di TreeDream. L’azienda è custode del marchio e vivrà con i profitti della commercializzazione. L’anno scorso sono state prodotte 378 bottiglie. Su ogni etichetta, è riportato il motto: “Prodotto grazie al contributo degli aderenti ai principi di TreeDream”.

Sinduzione, non produzione

Abbiamo coniato anche un altro nuovo termine, “sinduzione”: produrre vuol dire letteralmente portare avanti. Sindurre vuol dire invece “portare insieme con altri”. In altre parole, stiamo facendo un’attività imprenditoriale integrale: noi vogliamo creare valore e condividerlo con altri. Ecco perché la nostra è una sinduzione, non una produzione. Qualunque iniziativa che non abbia differenziato l’olio ottenuto in zone ove la produzione è molto più costosa, non ha contrastato l’abbandono di quelle stesse zone, cioè il degrado territoriale delle nostre montagne.
Il progetto Taggialto è nato per tutelare unicamente quella parte del territorio che iniziative precedenti (pubbliche o private) non son riuscite a salvaguardare: gli oliveti terrazzati della montagna.

L’oliva di montagna è più sana

Il progetto Taggialto ha una sua specificità: l’oliva d’alta quota è contemporaneamente piccola e sana, spiegano Lenardon e Stagnitto. Una caratteristica strategica se pensiamo agli ingenti danni causati della mosca olearia che ha decimato la produzione autoctonona nell’ultima stagione. L’esperto Luigi Caricato individua tre aspetti principali caratterizzanti l’olio di montagna ligure:  minori attacchi da parte della mosca olearia (“con differenze non affatto secondarie riguardo l’olio prodotto“); minori rischi di ristagni idrici (“le piante sono più al sicuro“); minori produzioni: questo fatto “favorisce il maggior accumulo di olio, oltre che di componenti pregiati all’interno del frutto. Tutto ciò si traduce in un olio più ricco in nutrienti, ma anche in sostanze antiossidanti e in composti che conferiscono all’olio un profilo sensoriale più caratterizzante”.

Gli specialisti spiegano che la presenza dei composti polifenolici (dotati di proprietà anti-ossidanti ed anti-infiammatorie) è incrementata dalle situazioni di stress (stress idrico o climatico), che caratterizzano le zone di maggior altitudine, dove è anche minore l’apporto di fattori di produzione tecnologicamente avanzati.

Sintetizzando: le olive che si raccolgono dagli oliveti nelle condizioni estreme (in alcuni casi ai limiti della fruttificazione) danno un olio dalle caratteristiche così elevate che si differenzia da quello prodotto dalla stessa cultivar (taggiasca) che cresce a quota minore.

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