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The Botanical Club, la via italiana al gin

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The Botanical Club, la via italiana al gin

La via italiana al gin passa per il quartiere più “indie” di Milano, dove regnano creatività, start-up e locali di tendenza. “Più che scegliere noi l’Isola, è stata lei a scegliere noi” spiegano i due under 40 che si sono lanciati nell’impresa di produrre – seriamente – un gin tricolore, capace di giocarsela con i miti anglosassoni e spagnoli. I due si chiamano  Davide Martelli (39enne, designer nel settore moda) e Alessandro Longhin (33enne, uomo di comunicazione): prima, con una società chiamata Brigade de Cuisine hanno aiutato altri locali a “trovare la chiave” per diventare più efficienti, più mediatici, più grandi. Poi hanno deciso di buttarsi personalmente nella mischia, con un’idea inedita per il nostro Paese: una microdistilleria “professionale” di gin (non piccola, né amatoriale come si possono incontrare) all’interno di un locale. Da qui The Botanical Club,  location molto elegante, a metà tra il bistrot e il cocktail bar, che si trova in via Pastrengo 11, con orario dalle 18.30 alle 2.

“Da appassionati, ci siamo resi conto che il gin anni ’90, quello comprato ai duty free, ha acquisito raffinatezza e complessità impensabili sino a pochi anni fa – spiega Martelli – e abbiamo voluto colmare la lacuna di un prodotto in Italia, dove la distillazione è popolare e ben fatta, vedi la grappa. Il plus di The Botanical Club è quindi l’alambicco da 150 litri, progettato e costruito su misura, per produrre un gin di alta qualità. “La Dogana, nell’ultimo anno, ci ha dato una bella mano per ottenere la licenza, in quanto non esisteva una normativa in Italia – continua Longhin – come è stata un’impresa realizzare materialmente l’impianto. I tedeschi, maestri nel settore, non ci hanno mai dato retta ma in fondo è stato un bene in quanto abbiamo scoperto una realtà come l’azienda senese Frilli che costruisce alambicchi da un secolo. C’è stato un lungo lavoro di ricerca e studio per la progettazione e la realizzazione, in cui l’apporto decisivo ci è stato dato da Aurelio Barbieri”.

L’impianto, dietro l’aspetto vintage, è modernissimo (“ha il turbo, come diciamo noi, con la doppia distillazione” dicono) e consente una lavorazione a regola d’arte, che ricorda quella per la grappa e si svolge in una giornata. Poi un periodo di riposo, i controlli di qualità e il “taglio” del tasso alcolico visto che il liquido parte da una gradazione elevata e quindi sarebbe imbevibile. Si può bere con soddisfazione dopo un mesetto abbondante dalla distillazione. Il segreto di un buon gin? Le botaniche, che vanno interpretate all’interno di una ricetta abbastanza standardizzata: ma le bacche di ginepro impongono cure e scelte simili  a quelle per le uve. Cambia da Paese a Paese, da regione a regione, da stagione a stagione. “Ecco perché dedichiamo molto tempo alla ricerca delle bacche giuste e abbiamo la consulenza di un master distiller che viene dal mondo della profumeria: il palato è il nostro ma la sua bravura nel capire i profumi ideali era necessaria” sottolinea Martelli. Il sogno (realizzato) di farlo materialmente non deve far pensare che i due siano talebani del “loro” gin: non solo a The Botanical Club ci sono un centinaio di etichette straniere a disposizione ma il locale ha un’anima di cocktail-bar, affidato all’esperta Katerina Logvinova (che prepara drink a 360°, con ovvia specializzazione per quelli dove entra il gin) e per il bistrot non mancano una quindicina di vini di microproduttori.

Non stupisce quindi che ci sia ricerca anche in cucina: ostriche (finalmente in ricette cotte), piattini sfiziosi (tartare di manzo, cima di rapa, fonduta di gorgonzola e amaranto croccante) e vere portate come i ravioli di seppia alla parmigiana o il maialino confit, mousse di patate, menta e olive caramellate. Alla coppia, insomma, non mancano le visioni a tutto campo: “Oltre a consumarlo qui, daremo la possibilità di acquistarlo ai nostri clienti – chiude Longhin – e successivamente, con un brand su cui stiamo lavorando, vorremmo entrare nel mercato degli spirits. Intanto ci divertiamo un mondo a produrlo al Botanical Club: è come giocare al piccolo chimico, con un risultato bevibile dell’esperimento”.  Vero, verissimo.

Cento gin nel locale, gin da bere qui e da vendere. Non ci preoccupa il confronto.

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