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Vino

Un italiano nella top ten dei migliori vini al mondo: è il Chianti Classico di Castello di Ama

Il miglior vino al mondo quest’anno è un portoghese – Dow’s Vintage Porto 2011 – seguito da due australiani e da altri due portoghesi (nessun francese nei primi posti!). Ma alla sesta posizione della classifica di Wine Spectator, la più prestigiosa pubblicazione internazionale del settore vinicolo, c’è (ancora) un italiano: è il Chianti Classico Gran Selezione “Castello di Ama-San Lorenzo” 2010, neo nato in casa Ama visto che a essere partita da poco è l’evoluzione verso l’alto della denominazione Chianti Classico, che ha portato appunto all’etichetta Gran Selezione con l’intento di intercettare la domanda mondiale di vini di lusso.

Nelle intenzioni del consorzio Chianti Classico voleva essere un modo per valorizzare le eccellenze qualitative finora rimaste “schiacciate” dal peso di una grande denominazione (7.200 ettari vitati, 35 milioni di bottiglie), con vini prodotti da vigneti condotti direttamente, che devono avere un invecchiamento minimo di 30 mesi (di cui almeno tre di affinamento in bottiglia). Se le classifiche hanno un senso, l’obiettivo è stato centrato al primo colpo.

E a centrarlo è stato proprio Marco Pallanti, proprietario con la moglie Lorenza Sebasti dell’azienda Castello di Ama a Gaiole (Siena), nel cuore del Chianti, che come suo ultimo atto da presidente del consorzio Vino Chianti Classico, nel 2012, portò all’approvazione, tra infiniti contrasti, di una “piramide” all’interno della denominazione, destinata a segnare la svolta verso la selezione e la qualificazione.

La piramide qualitativa del Chianti Classico

Castello di Ama-San Lorenzo è il frutto di quella selezione (è nato dalle vigne con cui si produceva il Chianti Classico Castello di Ama, che si è diviso in due dando vita a una sorta di cru prodotto nel vigneto San Lorenzo, il meglio esposto e vocato), e ha dunque un valore speciale: “Essere entrato nella top ten di Wine Spectator è una grande soddisfazione – spiega Marco Pallanti, enologo e direttore di Castello di Ama – e lo è come enologo e come territorio, perché il nostro obiettivo era proprio quello di costruire la piramide qualitativa del Chianti Classico. Avere un vino della Gran Selezione tra i migliori dieci al mondo, al di là del fatto che questa volta si tratta del mio, è un risultato eccezionale, che darà una grande spinta a questo progetto. Pensare che trenta anni fa, quando abbiamo cominciato a lavorare al Castello di Ama, non si poteva neppure pensare a un Chianti Classico come grande vino internazionale, e vedere che oggi questo traguardo è stato raggiunto, fa davvero piacere e conferma che abbiamo imboccato la direzione giusta”. In passato era già successo che un rosso toscano entrasse nella top 10 di Wine Spectator, ma era sempre stato un Supertuscan, prodotto al di fuori delle denominazioni. “Oggi, per la prima volta, non è così”, sottolinea Pallanti.

Ed è un riconoscimento ai valori che Pallanti da sempre professa: il valore del territorio e la capacità di saperlo interpretare. “Ormai in tutto il mondo, ad eccezione dei due poli, si riesce a produrre vino grazie alla tecnologia; e allora ridiamo valore ai luoghi di origine del vino, che hanno una cultura e una tradizione, e che sono emersi perchè davvero lì le produzioni erano migliori”. Lo aveva capito già Ser Lapo Mazzei, viticoltore e notaio della Signoria fiorentina, autore del primo documento conosciuto sull’uso della denominazione “vino di Chianti”, inserita in un contratto commerciale. Era il 1398.

Castello di Ama, 230 ettari di cui 80 a vigneti e 40 a oliveti, 4,5 milioni di fatturato, produce circa 300mila bottiglie esclusivamente dai propri vigneti. Accanto al vino e all’olio, l’azienda porta i segni della passione dei proprietari per l’arte contemporanea: da 15 anni i più grandi artisti contemporanei, da Michelangelo Pistoletto a Daniel Buren, da Louise Bourgeois a Anish Kapor, sono invitati a realizzare opere site specific per il piccolo borgo di Ama. Per celebrare i 15 anni del progetto artistico-culturale, Marco Pallanti e Lorenza Sebasti hanno chiamato ad Ama Hiroshi Sugimoto, tra i più influenti artisti giapponesi, che il 18 ottobre scorso ha svelato la nuova installazione – Confession of Zero, situata nella cappella settecentesca di Villa Ricucci – del progetto “Castello di Ama per l’arte contemporanea”.

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