TOKYO – Il numero dei turisti italiani in Giappone sta aumentando a doppia cifra, ma da maggio non ci sara’ bisogno di una trasferta intercontinentale per un viaggio nella “Armoniosa diversita” del Sol Levante. Bastera’ visitare il Padiglione giapponese, uno dei piu’ grandi di Expo Milano 2015. Invita tutti a farlo il Commissario generale della sezione giapponese Tatsuya Kato, che guida una macchina complessa in quanto il governo di Tokyo ha deciso di puntare sull’Expo come vetrina internazionale del “washoku” e piu’ in generale della cultura nipponica, affidando congrue risorse alla Jetro per gestire un evento promozionale che si inserisce nelle sue strategie generali per la crescita economica (in cui figurano obiettivi ambiziosi per l’export alimentare).

I veri nippofili devono segnarsi la data dell’11 luglio, che (con tutta probabilita’: non e’ stato ancora annunciato ufficialmente) sara’ quella del Japan Day: quel giorno – e in quelli seguenti – si terranno molte iniziative speciali, culinarie e artistico-culturali. Secondo indiscrezioni, potrebbero arrivare anche le massime autorita’ politiche del Sol Levante. Kato sottolinea che l’Expo rappresenta una occasione rara per approfondire la conoscenza della cucina giapponese nelle sue articolazioni territoriali. Se pure le differenze legate alla geografia regionale sono meno spiccate che in Italia a livello di elaborazione dei piatti, le diverse province nipponiche stanno cercando tutte di valorizzare i diversi prodotti e tradizioni locali. Nel padiglione disegnato da Atsushi Kitagawara secondo criteri estetici e costruttivi al 100% nipponici, l‘offerta sara’ variegata e per tutte le tasche, affiancando la cucina kaiseki di Kyoto ai piatti popolari. Trattandosi di Giappone, in una delle cinque sezioni, il Live performance Theater, non manchera’ uno sguardo virtuale sul ristorante del futuro. Il simbolo del Giappone all’Expo potrebbe non essere di comprensione intuitiva: Kato spiega che si tratta di una “E” di Expo realizzata con il motivo dei bastoncini con i quali si mangia. Non quelli ordinari, ma gli iwaibashi per occasioni speciali. Come, appunto, quella di Milano.

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