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Vuoi imparare a fare il vero sushi? Prova con i manga

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Vuoi imparare a fare il vero sushi? Prova con i manga

In fondo non c’è nulla di così esotico nel sushi. Almeno per quelle generazioni che sono cresciute a pane e cartoni animati giapponesi. Durante l’infanzia avete fatto scorpacciate di Kiss me Licia, Mila e Sciro, Lady Oscar, Ranma 1/2 e Naruto? Il vostro dna è ben  informato, allora.  Manga (fumetti) e anime (film d’animazione) vi hanno guidato sin da bambini lungo la via zen del nobile guerriero (bushi-dō), tra le tradizioni della società nipponica, lasciando tracce di “umami”: la cucina rituale e il sushi sono protagonisti delle animazioni giapponesi che dagli anni ’80 spopolano in Occidente. L’Italia, in particolare,  ama tutta la cultura del Sol Levante (non solo Hello Kitty): l’onda di Hokusai e le incisioni di Hiroshige, la letteratura (Murakami, Mishima e Yoshimoto) e gli haiku, l’architettura e il food. Specie il sushi, cui negli ultimi anni si sono ispirati molti nuovi concept di  ristoranti e bar: a Milano ce ne sono 400. Ma in Italia quelli rigorosamente fedeli alla tradizione nipponica sono solo 50.

Falso Sushi in Italia

Troppi i “fake”: Tokyo chiede il bollino blu per certificare  il sushi, secondo quanto previsto dalla “washoku”, l’autentica tradizione gastronomica nipponica (patrimonio dell’Unesco). Il ministero dell’Agricoltura giapponese sta formulando un elenco delle  caratteristiche della vera la cucina giapponese destinato ai locali all’estero. I cuochi dovranno garantire alti standard qualitativi e seguire corsi in Giappone. Senza dimenticare di  fondere cibo e spiritualità. Tre i livelli di certificazione: gold, silver e bronze.

Fumetti sushiosi

In Italia il sushi non è più una moda, ma un nuovo stile alimentare. Percepito come un piatto salutista, fra i foodie della cucina orientale sta diventando una pratica fai da te. Corsi e guide sono sul web: si impara a fare in casa anche il  burger e la ciambella (donut shushi).  In poche mosse si diventa Shokunin, ma all’acqua di rosa. In Giappone è un mestiere vietato alle donne che impone anni di esperienza.  I nostri apprendisti sorvolano invece sui tempi e sulla differenza di genere: in migliaia imparano termini, trucchi e varianti seguendo i  “fumetti sushiosi”  sul sito e i canali di Maghetta Streghetta.

Migliaia di follower per il sushi di Giulia (o Iaia)

Grazia Giulia Guardo è una giovane blogger catanese e una talentuosa illustratrice – in arte Iaia – che ha risolto i suoi disturbi alimentari cucinando e parlando di food. Il suo fidanzato è un traduttore nippotorinese (così lo definisce) che le ha trasmesso la passione per la cucina orientale. Per scelta etica e salutista, Grazia la pratica in forma vegana ma la predica anche in originale. “In Sicilia non mi apprezzano molto – spiega con un pizzico di ironia- mia madre frigge melanzane dalla mattina alla sera”. Ma sul web è una delle più amate influencer: vanta migliaia di follower. Tanto che una mattina è squillato il telefono e “dall’altra parte c’era Mondadori: mi proponevano  di pubblicare un libro, 80 ricette a fumetti”. E’ uscito tre anni fa ed è stato un successo editoriale.

Le regole del sushi  (fatto in casa)

“A me il sushi ricorda l’amore e Pier che ha lasciato Torino per trasferirsi qui – racconta Grazia – in una città dove il sushi è una cosa di plastica da asporto. Magari con un logo fashion. Roba raccapricciante, insomma”. Come prepararlo? Istruzioni e regole sono contenute in  un video condito con spruzzi di poetica nipponica. Il riso perfetto? Cuoce in una pentola ad hoc, poi si lascia  raffreddare in un contenitore di legno (Hanghiri) con l’aiuto di con un apposito ventaglio (Uchiwa). “E’ importante tenere tutti gli ingredienti sistemati, a portata di mano e già tagliati. Organizzando tutto in maniera meticolosa. Il pesce da una parte. Il riso dall’altra. Le alghe. Le verdure. Sistemando tutto in piatti diversi e avendo cura di adoperare dei coltelli affilati in modo che i vari ingredienti non risultino sfilacciati e disordinati ma perfettamente lineari e tagliati ad hoc”, raccomanda la blogger. Qui il suo vocabolario.

Oishinibo, manga&cucina

In Giappone, invece,  le ricette sono spesso in forma di manga e ispirano celebri anime: Oishinibo è il fumetto più famoso che parla di cucina. Ha venduto milioni di copie. I disegni sono di Akira Hanasaki, i testi di Tetsu Kariya, un celebre fisico prestato ai manga. E’ la storia di un’attrazione fatale tra Shiro Yamaoka, rude critico gastronomico del giornale Tosei(in perenne conflitto con il padre,  un burbero gourmet) e la giovane collega Yuko Kurita. Insieme viaggiano degustando piatti tradizionali e creativi.

“Shota no sushi” è un Ryôri  manga (fumetto di cucina) dedicato ai tradizionali bocconcini di riso: narra di un apprendista chef che dopo una lunga gavetta (e drammatiche peripezie) vince il concorso regionale di sushi a Tokyo. Ce ne sono altri dedicati al pane (che in Giappone non esiste “Yakitate!! Ja-pan”), alla pasticceria,  alla preparazione dei pesci.

Funazushi, la danza dell’umami maturo

Spopolano in tv  (anche in America e in Inghilterra) le avventure dell’inglese Michael Boot, giornalista gastronomico, che raccontano, quasi come un documentario,  la vera storia del sushi in un cartoon di grande effetto, Beyond Sushi. Con la sua famiglia, in quel di Kyoto, il protagonista, autore nella realtà dell’omonimo libro,   fa un incontro ravvicinato col progenitore dell’antica pietanza giapponese, il piatto delle grandi occasioni (episodio 17).  E’il signor Onizuka,  un’autorità  in fatto di cucina tradizionale: inizia Michael al Funazushi, il sushi delle origini, preparato con il Carassio,  pesce d’acqua dolce (privato degli organi interni tranne le ovaie) ricoperto di sale e di riso e lasciato fermentare per 1 anno in una tinozza. Risale a 1000 anni fa e nulla ha a che fare con i bottoncini di pesce luccicante che rappresentano il sushi della modernità. Quello che prende il nome  di sushi Edomae, preparato nella baia di Tokyo, quando 200 anni fa, a causa dei frequenti incendi, il cibo veniva cucinato senza fuoco. Solo nell’intensa acidità del Funazushi (apparentemente disgustoso!) è racchiusa la danza dell’umami maturo, quel quinto gusto identificato nel 1909 da Kikunae Ikeda (professore all’Università Imperiale di Tokyo)  nel brodo dashi, come elemento fondamentale della cucina giapponese. “Il vero paradiso proibito”: Michael si fa coraggio, lo prova e parte l’Inno alla gioia. (Qui, su Viewster, con i sottotitoli in italiano).

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