Food24

Vuoi scrivere di cibo? Ecco dove puoi studiare

  • Abbonati
  • Accedi
La formazione

Vuoi scrivere di cibo? Ecco dove puoi studiare

Il cibo nutre. Ma anche scrivere di cibo, diciamolo, dà da mangiare. L’interesse morboso per il cibo scatenatosi negli ultimi tempi ha dato il via a una proliferazione incontrollata di pubblicazioni, blog, programmi televisivi, film e reality a tutto campo sul mondo del food. Con conseguente moltiplicarsi esponenziale di giornalisti, scrittori, conduttori televisivi e blogger che si dedicano al cibo tanto da rendere più che necessaria una maggiore richiesta di serietà, competenza e approfondimento da parte del pubblico e degli stessi interessati. Anche spostando l’attenzione dalle mere ricette a un campo più vasto che ruota intorno all’alimentazione e al suo territorio. All’esperto enogastronomico che oggi si occupa di redigere contenuti editoriali e multimediali in ambito alimentare sono richieste quindi competenze ulteriori del saper scrivere recensioni per ristoranti, come ad esempio il creare documentari sui “luoghi” del cibo, organizzare eventi e manifestazioni di carattere gastronomico, avere nozioni della comunicazione e del marketing alimentare nonché delle tecniche principali della cucina. Una totale immersione, insomma, nel mondo del food&wine che consente di imparare a riconoscere tutte le più sottili sfumature dei prodotti di qualità.

La stampa si organizza e si specializza

Se fino a qualche decennio fa il settore enogastronomico era del tutto marginale nel panorama editoriale italiano e limitato quasi esclusivamente alle riviste di cucina – quando ho iniziato io, per esempio, dire di essere una giornalista del food, nell’immaginario comune, si traduceva nello scrivere le ricette, quando in realtà scrivevi di economia, finanza e mercati del settore alimentare – oggi occupa uno spazio sempre più importante a tutti i livelli e in tute le testate. Tanto da indurre gli stessi operatori a voler fare un po’ di ordine e chiarezza nella professione.
L’associazione Stampa Agroalimentare Italiana (Asa) si è formata nel 1992 e istituita ufficialmente nel 1993 da un gruppo di giornalisti specializzati per raccogliere “tutti quei professionisti della comunicazione di settore – spiega la tesoriera Patrizia Rognoni – che hanno nella serietà, nella moralità, nella sensibilità, nel rispetto e nella deontologia professionale le loro principali peculiarità. La sua azione è di controllo, di stimolo e di supporto tramite il mezzo a lei più congeniale: la comunicazione”. L’associazione oggi ha circa 200 iscritti che collaborano con oltre 600 testate giornalistiche nazionali e internazionali, suddivisi tra giornalisti e comunicatori. Punto focale è la formazione. Per tale scopo Asa è strutturata con un proprio albo docenti composto da accademici e professionisti del settore e organizza con continuità corsi di formazione per i propri iscritti, nonché educational mirati. Il suo progetto formativo ha ricevuto il plauso del ministero delle Politiche Agricole. Nel 2016 sarà anche inaugurata una piattaforma online interamente dedicata al mondo del biologico. “Il food è un campo delicato – spiega Rognoni – ed è molto facile creare scandali su basi infondate. E’ necessario imparare e approfondire costantemente per dare un’informazione corretta”.
Con gli stessi obiettivi è sorta anche la più recente Associazione Giornalisti Enogastronomici ed Agrituristici, che riunisce giornalisti, collaboratori, fotocinereporter, freelance e blogger. E che tecnicamente ancora associazione non è, ma lo diventerà da gennaio 2016: “Siamo nati come pagina Facebook – racconta l’ideatore Remo Pàntano – da un gruppo di persone che si occupano di scrivere, raccontare e commentare il cibo”. La futura associazione raggruppa già un centinaio di aderenti (oltre 800 sulla pagina) e tra gli obiettivi c’è quello di valorizzare il rapporto tra cibo, territorio e produttori. “Basta con i cronisti del cibo improvvisati – dichiara Pantano –. Serve maggiore professionalità e tecnica che poi si esprime in quello che si racconta e come lo si racconta. E la formazione è imprescindibile”.
Anche le scuole di giornalismo hanno sentito l’esigenza di formare professionisti specializzati in questo settore, troppe volte mal raccontato. L’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, per esempio, ha attivato un corso di 180 ore in giornalismo enogastronomico, all’interno del quale sono presenti anche lezioni sul turismo enogastronomico siciliano e sulla comunicazione enogastronomica online. Mentre l’Istituto Norberto Bobbio di Carignano (To) propone un corso post diploma gratuito in giornalismo enogastronomico della durata di 800 ore, 280 della quali dedicate allo svolgimento di uno stage.

I food blogger: meno spettacolo e più approfondimento

L’avvento del web, comunque, ha senza dubbio ulteriormente rivoluzionato e ampliato il settore dei food writer. Dall’ultimo monitoraggio risalente allo scorso ottobre sembra che i food blogger in Italia siano circa 5mila. “Il fenomeno dei food blogger da noi – spiega Anna Maria Pellegrino, presidente dell’Associazione Italiana Food Blogger (Aifb) – è comparso intorno al 2005, con il blog Cavoletto di Bruxelles che ha fatto da apripista”. Ed è diventato di massa intorno al 2008-2009, quando i partecipanti dei vari forum di discussione sulla cucina sono migrati su proprie piattaforme web. L’Aifb è nata nel novembre 2013 da una riflessione sulla deriva intrapresa dai diversi ‘racconti’ del cibo e dall’eccessiva spettacolarizzazione del food. Oggi Aifb conta circa 350 iscritti su tutto il territorio nazionale. “La figura del food blogger è quanto mai varia e complessa – afferma Pellegrino – e l’associazione si propone quale terreno fertile per la definizione e la crescita di questo ruolo in tutte le sue preziose forme e identità. I settori di interesse nei quali i food blogger si trovano ad operare sono eterogenei: non solo cucina, ma anche scrittura, fotografia, web marketing, comunicazione, editoria e servono competenze specifiche in tutti questi ambiti”. I principali obiettivi dell’associazione risiedono dunque nella volontà di far crescere la consapevolezza del ruolo dei food blogger nella sfera della comunicazione agroalimentare, attraverso la conoscenza, la valorizzazione, la promozione e la protezione del patrimonio culturale. Tra le attività dell’Aifb ci sono la partecipazione a visite didattiche, food camp, eventi mirati, workshop e corsi di formazione. Sopratutto quest’ultimo aspetto mira a favorire la conoscenza delle materie prime e dei prodotti, attraverso lo studio dei processi e dei metodi di lavorazione, la scoperta dei territori di coltivazione e l’individuazione delle modalità di utilizzo in cucina per formare blogger sempre più consapevoli e competenti (grazie anche al recente accordo con la Fic-Federazione italiana cuochi). “L’informatore 3.0 del cibo – conclude Pellegrino – non può pensare di limitarsi alla ricetta: deve saper spiegare cosa c’è dietro un alimento, quali le tecniche di cottura, quali gli strumenti e i metodi migliori per cucinarlo. In buona sintesi deve sviluppare una propria linea editoriale e poi studiare moltissimo per recuperare la profondità dell’informazione”.

Le proposte del mondo universitario

Ma come si diventa food writer? Fino a pochi anni fa non esistevano percorsi istituzionali e codificati. Oggi, invece, si può frequentare il corso di laurea in Scienze Gastronomiche, che comprende sempre anche una particolare focalizzazione sulla comunicazione rivolta ai futuri giornalisti del settore o a coloro che vogliono comunicare l’alimentare. Ecco alcuni indirizzi:
• Università di Padova – Laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione. Per accedere a questo corso di laurea è necessario avere il diploma di scuola superiore. Il corso di laurea rientra nella classe delle lauree in scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali. La facoltà di riferimento del corso è Agraria. La sede del corso è a Castelfranco Veneto (Treviso).
• Università degli Studi di Parma – Laurea triennale e Laurea magistrale in Scienze Gastronomiche.
• Università di Bari – Corso di laurea triennale in Beni Enogastronomici. E’ il primo corso con questa denominazione attivato in Italia. Si tratta di un corso interfacoltà che coinvolge le facoltà di Agraria e di Lettere dell’università pugliese.
• Università degli Studi di Macerata – Master in Cultura e marketing dell’enogastronomia e dell’ospitalità.
• Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Università non statale legalmente riconosciuta dallo stato italiano (retta oltre i 13mila euro). Nel programma ci sono un corso di laurea triennale, un corso di laurea magistrale e due master.

Dopo la laurea, rivolti a laureati e professionisti, vi sono poi i master:
• Master di I livello in Cultura del cibo e del vino per la valorizzazione e la promozione delle risorse enogastronomiche di Ca’ Foscari. Il percorso formativo è strutturato in modo da affrontare, attraverso un approccio multidisciplinare: conoscenza delle basi storico-culturali e produttive, strumenti operativi, tecniche innovative coniugando elementi di storia, geografia, antropologia, economia, marketing, legislazione, analisi sensoriale.
• Master in Food and Wine Communication presso lo Iulm di Milano (490 ore di docenza) prevede l’insegnamento delle strategie e tecniche di promozione, comunicazione e marketing dei prodotti enogastronomici. Tali conoscenze prevedono oltre alle conoscenze del sistema agroalimentare ed enogastronomico, lo sviluppo delle conoscenze sui processi culturali, sociali e storici connessi al consumo di cibo e di vino e i principi psicosociali e antropologici legati alla gastronomia italiana e internazionale, la conoscenza delle merceologie e delle tecniche di degustazione del vino.
• Master in food & wine del Sole 24 Ore (che partirà il prossimo 27 novembre) ha l’obiettivo di fornire ai partecipanti un quadro completo delle strategie e tecniche di marketing e comunicazione dei prodotti enogastronomici con attenzione anche al tema della valorizzazione delle risorse locali.
• Master in Enogastronomia ed Ospitalità dell’Università di Bologna (3mila euro) offre un percorso formativo che ha come obiettivo quello di favorire il contatto tra i partecipanti e i vari comparti del turismo, dal settore alberghiero a quello dell’intermediazione, enti pubblici territoriali e di promozione, aziende private, organizzazione di eventi, marketing e comunicazione, ecc.
• Master di I livello in Cultura, Organizzazione e Marketing dell’Enogastronomia Territoriale promosso dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma.
• La celebre rivista culinaria Il Gambero Rosso, infine, da oltre un decennio organizza a Roma un Master in Giornalismo enogastronomico, della durata di sei mesi. Il master si propone di insegnare agli allievi le tecniche per diventare un raffinato giornalista del cibo e al termine prevede la possibilità di uno stage presso la redazione per gli studenti migliori.

© Riproduzione riservata