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Il supermercato partecipativo? I soci lavorano da volontari e hanno lo sconto

Mentre in Italia la Coop lancia il supermercato del futuro, con etichette a realtà aumentata, all'estero si aprono i cosiddetti supermercati partecipativi. Collaborazione, rispetto per l'ambiente, equa remunerazione ai produttori e prezzi bassi. E' possibile conciliarli tutti insieme nella distribuzione moderna? La soluzione è nel supermercato collaborativo e auto-gestito. L'idea, nata negli Stati Uniti nel 1973, in piena crisi economica, si è concretizzata a Brooklyn con la Park Slope Food Coop. Fondata 43 anni or sono da un piccolo gruppo di vicini di casa, in un quartiere povero, questa cooperativa esemplare oggi conta più di 17mila membri.
Il principio? I soci lavorano nella struttura tre ore al mese (casse, stock, amministrazione, pulizie…) e in cambio hanno il diritto di acquistare prodotti alimentari a prezzi più bassi di circa il 20 per cento. Il consumo collaborativo è un modo per cambiare la maniera di consumare i prodotti: qui in cliente è attore del negozio, dalla scelta dei prodotti, alla gestione e alla vendita. Oltre a rafforzare i rapporti sociali della comunità, tra i membri della coop e con i produttori.
Si replica a Parigi
Ecco dunque che tre anni fa due americani hanno deciso di esportare questo modello anche in Europa, ovvero a Parigi dove risiedono. Uno di loro è Tom Boothe, l'autore del film-documentario Food Coop, uscito lo scorso 2 novembre, che racconta l'esperienza newyorkese. Nata come associazione e gruppo d'acquisto, La Louve nel 2015 diventa cooperativa alimentare partecipativa grazie a una raccolta di fondi di Crowdfooding (la piattaforma per gli investimenti food che fa incontrare investitori e start up). La Louve ha ora 3mila soci e, dopo aver esordito in un piccolo locale, ha costruito un nuovo supermercato di 1.500 mq nel 18° distretto. Un vero e proprio successo che ha fatto da apripista per altre realtà simili sul territorio, come la Supercoop a Bordeaux, la Chouette Coop a Tolosa, la Cagette a Montpellier, Otsokop a Bayonne e altri a Lille, Nantes e Biarritz.
La differenza la fa il lavoro volontario
Cosa la differenzia rispetto a una normale cooperativa alimentare? Il fatto che queste condividono sì il capitale tra i proprietari e i profitti sono investiti nella cooperativa, ma i prezzi sono normali e non funzionano con lavoro volontario. I supermercati partecipativi, invece, sono basati sulla legge che regolamenta le associazioni senza scopo di lucro. Così, essi si finanziano con aiuti, crownfunding, collaborazioni con associazioni, ecc. Ovvero, restano nel campo del mutuo soccorso. I membri, insieme ad alcuni collaboratori, assicurano tutti i compiti necessari per il corretto funzionamento. Solo i soci possono fare la spesa al supermercato. Con questo modello di autogestione è possibile così applicare prezzi più bassi e al contempo assicurare un corretto pagamento ai produttori. La cooperativa, inoltre, si impegna a promuovere lo sviluppo di un'agricoltura sostenibile, favorevole ai coltivatori e all'ambiente. Per diventare soci di La Louve si acquista un minimo di 10 azioni, pari a 100 euro.
Il modello collaborativo sta prendendo piede anche in altri ambiti commerciali. In Scozia, per esempio, una panetteria partecipativa ha aperto in un paesino toccato dalla crisi. La Dunbar Community Bakery, infatti, non ha un proprietario, ma appartiene ai 700 abitanti del comune che partecipa alla co-gestione del punto vendita.

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