
Frenano degli Stati Uniti e accelera la Cina. Le stime di Wine Monitor sugli acquisti di vino dei primi 8 mercati (che realizzano circa i due terzi dell'import mondiale) sono decisamente negative: gli Stati Uniti dovrebbero chiudere l'anno con un incremento inferiore al 2% rispetto al 2015, il Regno Unito importerà meno vino (-9%) così come la Germania (-4%) e la Russia (-3%), mentre il Giappone chiuderà con una crescita vicina al 3% e solamente la Cina continuerà a correre a ritmi sostenuti, quasi il +20%).
A settembre il valore delle vendite di vino italiano in Cina ha superato 90 milioni di euro. Ma la crescita sovraperfomante del nostro prodotto (+28,1%) non basta: la Cina, quarto buyer globale di vino, è per l'Italia solo il decimo cliente con una quota di mercato che rimane ancorata al 5%. Di questo si parlerà al convegno Business Strategies “Il mercato del vino in Cina: quali sviluppi?”, in programma il 6 dicembre all'evento wine2wine di Veronafiere.
Chiaroscuro
In generale quest'anno è un film diverso dal 2015, chiuso con un import mondiale di vino cresciuto a valore del 10%, grazie anche al rafforzamento del dollaro. «In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci - osserva Denis Pantini, responsabile Wine Monitor Nomisma - anche i vini italiani risentono di queste incertezze. I cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori». Lo scivolone riguarda i vini fermi imbottigliati (oltre il 70% degli scambi mondiali della categoria) mentre guadagnano ancora terreno le importazioni di sparkling, con il Prosecco in primis che la fa da padrone: +30% sia negli Usa che nel Regno Unito.
America super
Il trend generale non riguarda il gruppo Santa Margherita. «Registriamo una crescita, anche a volume, sui mercati storici - annuncia l'ad Ettore Nicoletto - il trend è eccezionale, +40%, ma è influenzato dall'avvio di Santa Margherita Usa con sede a Miami. Cresciamo a livello diffuso anche nel Regno Unito e in Asia; l'Australia è diventato addirittura uno dei mercati di riferimento».
Il gruppo veneto è forte con il Pinot grigio ma anche col Prosecco e il Chianti. «È significativo il fatto che non siamo sbilanciati sul Prosecco - aggiunge il top manager - il nostro sviluppo si basa su una gamma equilibrata di prodotti». Nel 2015 Santa Margherita ha fatturato 118 milioni con 19,1 milioni di bottiglie vendute: in media 6,2 euro a bottiglia. Nicoletto conclude sottolineando che la società d'importazione e distribuzione Santa Margherita Usa «andrà anche oltre il break even previsto al primo anno».
Oltre gli ostacoli
In scia il commento di Nadia Zenato, della Cantina omonima: «Notiamo che dopo le elezioni Usa c'è una stasi del mercato ma i consumatori americani hanno dimostrato di superare ogni difficoltà. Inoltre il rafforzamento del dollaro ci aiuta. Negli Usa abbiamo lo stesso importatore da 38 anni e rimaniamo ottimisti». Zenato nota un indebolimento del mercato britannico, anche per il rafforzamento della sterlina, e una stabilità di quello tedesco. Avere nella gamma prodotti i vini della Valpolicella aiuta? «Indubbiamente sì - risponde Zenato - e non solo per l'Amarone ma anche per vini come il Lugana».
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