Vogliamo più olio d'oliva extravergine, ma poi fatichiamo a riconoscerlo e percepirne il reale valore. È la sintesi del comportamento medio del consumatore italiano di fronte agli scaffali della grande distribuzione. L'olio extravergine di oliva è, infatti, la prima scelta dei consumatori. Secondo i dati raccolti da Ismea e presentati a Verona in occasione di Sol&Agrifood con l'iniziativa “Ti volio bene”, l'88% dei consumatori acquista olio evo, di cui circa il 7% bio, e il 2% Dop Igp. Un comportamento che ha influenzato le scelte della distribuzione.
Negli ultimi dieci anni, infatti, è cambiato sugli scaffali della gdo lo spazio a disposizione dei diversi oli: si è ridotto quello dedicato all'olio di oliva (dall'1,7% del 2008 allo 0,5% del 2017 sul lineare), ed è aumentato quello dedicato all'olio evo 100% italiano (dal 13,3% al 26,6%) e a quello Dop-Igp (dal 10,6% al 12,9%). Il consumatore, però, nonostante i bisogni emergenti – ricerca della qualità, del gusto, dell'origine, ecc. – mostra ancora una notevole confusione nei confronti del prodotto, non riuscendo a identificare le differenze tra le tipologie (extravergine, vergine, ecc.) o l'esatta provenienza (regionale, italiana, comunitaria, ecc.). Questo si traduce in più tempo speso per la scelta davanti allo scaffale (il 59% resta da 2 a 5 minuti, rispetto al 33,8% del 2008), a indicare la voglia di capire meglio.
“Mediamente il consumatore passa più tempo di prima a scegliere l'olio di oliva da portare a tavola e a leggere l'etichetta delle bottiglie, ma questo non sempre si riflette sulle abitudini di acquisto, rilevando un certo gap di conoscenza – ha dichiarato Raffaele Borriello, direttore generale dell'Ismea. I nostri dati ci dicono che chi acquista vorrebbe sapere di più sul patrimonio di oli nazionale, e, soprattutto la fascia più giovane come i millenials si dimostra molto sensibile all'origine del prodotto, alla territorialità e agli aspetti salutistici. Per questo occorre investire in futuro sull'informazione e sulla comunicazione al consumatore, approfondendo questi aspetti”.
In effetti, chi legge l'etichetta – si evince dalle analisi Ismea – è anche pronto a spendere di più: 8,2 euro a fronte di 4,2 euro per una bottiglia. In generale il consumatore, abituato a un “gusto piatto”, ha ancora poca dimestichezza con le caratteristiche organolettiche molto diverse della grande varietà degli oli italiani. Inoltre, considerata la forte pressione promozionale della gdo sulla categoria, la percezione del reale valore del prodotto è completamente alterata e va ricostruita anche con azioni di informazione e di comunicazione.
L'Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva: nel 2017 ne sono state prodotte 432 mila tonnellate. Solo la Spagna ha prodotto di più (1,2 milioni di tonnellate). “Siamo anche il secondo esportatore al mondo, con 329mila tonnellate esportate nel 2017, dietro alla Spagna che arriva a un milione e prima della Grecia che ne ha esportate 138mila – spiega Fabio del Bravo, della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea, commentando i dati raccolti –. Siamo però il primo consumatore mondiale d'olio di oliva: mediamente in Italia vengono consumate 535.000 tonnellate all'anno”.
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