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Dossier Vetro o porcellana? Guida alla tazzina perfetta per bere il caffè

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Dossier | N. 57 articoliIl mondo del caffè

Vetro o porcellana? Guida alla tazzina perfetta per bere il caffè

  • – di Paola Guidi

Senza arricciare il mignolo (deve anzi scomparire), senza molesti risucchi (solo gli asiatici li fanno, è il loro “grazie”), senza leccare lo zucchero dal cucchiaino (e nemmeno tirar su quello del fondo), senza sbatacchiare tazza, piattino e cucchiaino. E' così che i galatei di tutti i tempi raccomandano di bere il caffè. E ci sembra il minimo. Ma è anche vero che esiste un altro “galateo”, quello che riguarda, una volta fatta la bevanda (si spera al meglio), i materiali e le forme più adatti a mantenere e anzi a esaltare i suoi profumi e i suoi sapori. Con una raccomandazione: per favore, niente plastica.

La porcellana prima di tutto
La regina del caffè è a detta di tutti la porcellana, quella bianca, feldspatica, (dura) ma il massimo è il grès porcellanato, cotto a temperature tra i 1.100 e i 1.250 gradi così da diventare molto duro. E' impiegato nei bar perché dà la garanzia assoluta di non assorbire né trattenere microbi e odori essendo del tutto non poroso, e fabbricato secondo norme tecniche severe, quelle italiane in particolare. La tazzina del bar è infrangibile e grazie al suo notevole spessore, mantiene il calore a lungo. Anche in casa è perfetta e per chi ama il caffè bollente è consigliabile una macchina espresso con il ripiano scaldatazze. E se vogliamo aggiungere il piacere dell'estetica, ecco le chicchere eteree (ovviamente di porcellana) magari quelle trasparenti, di antica fattura bavarese.

Grande, alta, bassa, a tulipano?
Dipende, ma per gli amatori dell'espresso la tazzina classica è d'obbligo anche perché -consigliano gli esperti- un diametro ristretto migliora la immediata percezione dell'aroma. La forma a tulipano molto stretta tende invece a “incontrare” il naso. Il capuccino richiede un contenitore che si allarga verso l'alto per dare alla spuma lo spazio necessario a inglobare aria. Per il latte macchiato, grande passione dei tedeschi e degli americani, pare che sia d'obbligo un bicchiere alto e non largo per favorire la spuma. Se si tratta di “caffè” solubile, che non ha nulla a che vedere con l'espresso trattandosi di un beverone, andrà bene qualsiasi conteniore. Più si allunga la bevanda -come il caffè filtro o il cold brew- più il contenitore dovrà assumere la forma di un tulipano o di un cilindro in modo che il calore rimanga a lungo custodito. Anche il caffè alla turca, che non esce bollente, va servito in una tazza non troppo allargata né troppo piccola. La celebre tazzona cilindrica di rude metallo di fonderia che conteneva il nerissimo e forte cowboy coffee (di sapore terribile), dotata di un grande manico, ha dato origine a tutte le tazze-bicchieroni di metallo, rese celebri da film e telefilm americani. Oggi questa Mug non è più di metallo ma di ceramica e vetro e quello che cambia sono le scritte o gli innesti tecnologici, come il sensore che accende il vetro di luci e colori per indicare la temperatura, oppure suona o squilla.

Dove bere il caffè? In salotto
Il galateo impone comunque regole forse un po' anacronistiche che però vanno guardate con occhio affettuoso.Vale per le antiche chicchere come per quelle di design contemporaneo: il caffè va servito in salotto (avendolo) e comunque, senza il salotto, basterà andare via dalla tavola. La padrona di casa deve servire -su un vassoio- le tazzine con il manico a destra e pure il cucchiaino va sulla destra del piattino, il tutto posto sul sottopiattino. Accessorio di cui solo i “servizi” antichi sono dotati. E, ovvio, ci sarà la zuccheriera dalla quale l'ospite non deve prelevare esagerate quantità che poi dovra mescolare con non più di tre giri (testuale). Se l'ospite si alza per sorseggiare graziosamente il caffè muovendosi, dovrà portarsi dietro piattino e tazzina (mai il cucchiaino che, se cade, fa un gran fracasso) ed è per questo che il galateo antico consigliava di servire tazze di maiolica pesantina, con un incavo particolarmente profondo che teneva in equilibrio il tutto. Caratteristica che peraltro -come abbiamo appreso dalle informazioni fornite dalla “Semana Internacional do Cafè” di Belo Horizonte- era prerogativa obbligatoria a partire dal Settecento quando la nobiltà si muoveva in carrozza e amabilmente conversando sorseggiava il caffè servito in tazzine da carrozza, mantenute ben diritte anche con gli sbalzi della strada grazie proprio all'incavo.

Arrivando all'eccesso del galateo pare che, in piedi, in carrozza o sul divano, fosse e sia necessario ancora, secondo le influencer del bon ton, che la mano sinistra tenga il piattino e la destra la tazzina, con la concessione, per i mancini, di fare l'inverso.

Il Robusta ama il vetrone e la maiolica

Conta anche quale miscela di caffè amiamo usare: quella con più Arabica (gusto leggero, raffinato, mobido ma con meno caffeina) oppure con il rivalutato Robusta, denso di caffeina, di aspri aromi di montagna? L'Arabica, che trattiene bene il suo tesoro di sapori, si sposa, oltre che con la porcellana e il vetro, addirittura con l'argento o l'oro delle tazzine antiche, purché non vi rimanga a lungo. Mai usare l'acciaio inox, disperde il calore ma soprattutto aggiunge un sapore acidino al contenuto. Robusta sta bene in tazzine o bicchierini di vetro italiano di Murano o artigianale, di forte spessore. Ma l'ideale è il morbido abbraccio della maiolica italiana perché così denso come è ci fa un figurone davvero. L'Arabusta, un ibrido di Arabica e Robusta (visto di recente all'International Show The and Coffee di Singapore e a Host di Milano) ama anche le tazzine cilindriche: l'aroma è forte e i profumi salgono subito al naso. E per chi sceglie l'eleganza del vetro, è bene sia del tutto trasparente, e da svuotare rapidamente perché il materiale disperde rapidamente il calore.

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