Giovani ed enoturismo. Sono le due carte per il futuro dell’Amarone, uno dei grandi rossi italiani vero e proprio simbolo dell’enologia made in Italy che fino al 4 febbraio al Palazzo della Gran Guardia a Verona viene celebrato in Anteprima Amarone. La kermesse nel corso della quale viene presentata a media e pubblico l’ultima annata ad approdare sul mercato, la 2015, da diversi esperti giudicata come «l’annata perfetta». Appena pochi giorni fa l’enologo e direttore della Cantina Valpolicella Negrar, Daniele Accordini, l’ha definita «tra le migliori degli ultimi 30 anni».
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Tutti i numeri di Valpolicella
Per capirci: «Mentre lo scorso anno si presentava la difficile etichetta 2014 – spiega il presidente del Consorzio di tutela
vini della Valpolicella, Andrea Sartori – quest’anno siamo sicuri della qualità dell’annata 2015. Sotto questo aspetto siamo
molto più rilassati». Ma al di là del debutto dell’Amarone 2015 nei giorni della manifestazione veronese sarà al centro (anche
della tavola rotonda con il ministro delle Politiche agricole Centinaio in programma sabato mattina) l’intero distretto vitivinicolo
della Valpolicella che ha nell’Amarone il proprio vino di punta, ma che rappresenta un motore dell’economia, non solo enologica,
della provincia di Verona e dell’intero Veneto. In Valpolicella sono attivi 2.302 viticoltori (1.726 dei quali soci del Consorzio
di tutela) che coltivano 8.187 ettari di vigneto. Le bottiglie di Amarone prodotte sono circa 14 milioni per un giro d’affari
di 600 milioni realizzato per il 65% sui mercati esteri (con Germania, Usa, Svizzera, Regno Unito e Svezia principali buyer).
Un distretto in controtendenza
Un’area vitivinicola particolarmente vitale come confermato tra l’altro dal raddoppio, negli ultimi 5 anni, del numero di
cantine gestite da imprenditori under 40. E ancora meglio, secondo i dati forniti da Avepa (l’Agenzia veneta per i pagamenti
in agricoltura), le cifre relative agli imprenditori under 30 che nello stesso periodo sono addirittura quintuplicati. Numeri
inoltre in forte controtendenza con il calo del numero generale delle aziende (-5%).
«A richiamare le giovani generazioni – spiega il presidente del Consorzio di tutela vini della Valpolicella, Andrea Sartori
– c’è sicuramente l’ottima redditività che i vigneti nella nostra zona ancora riescono a garantire. Parliamo di 22-24mila
euro a ettaro contro una media italiana che spesso non arriva a 10mila. Se escludiamo il fenomeno Prosecco di questi anni,
ci sono poche altre etichette made in Italy in grado di mettere in campo una redditività su questi livelli».
Il ricambio generazionale
Ma il processo di ricambio generazionale e l’arrivo di nuovi imprenditori vitivinicoli giovani ha importanti riflessi anche
per l’intera denominazione. «Si tratta di operatori dinamici e aperti alle novità – aggiunge Sartori – e questo semplifica
non poco il processo di rinnovamento. Negli ultimi anni ad esempio abbiamo puntato molto sulla sostenibilità e su protocolli
in grado di ridurre l’impatto ambientale. Inutile dire che abbiamo trovato più attenzione e curiosità nelle nuove generazioni
di produttori rispetto a chi invece vede vicina la propria uscita dal settore». Questo processo di ringiovanimento, secondo
il direttore del Consorzio, Olga Bussinello, «ha anche altri importanti effetti. Soprattutto nei casi in cui i giovani subentrano
ai propri genitori spesso puntano a scalare la filiera. Nel senso che non si fermano più alla sola produzione di uve ma puntano
anche alla trasformazione e all’imbottigliamento. Un aspetto importante per l'intero distretto perché se vogliamo aggredire
i mercati internazionali dobbiamo anche poter contare su un incremento dei volumi produttivi».
La sfida dell’enoturismo
L’altra grande sfida per la Valpolicella è poi quella del turismo. Nell’area dell’Amarone secondo i dati del Sistema Statistico della Regione Veneto le presenze di turisti nel 2017 sono aumentate
del 21%, un tasso di crescita doppio rispetto alla media complessiva regionale e a quella della città di Verona. «Il punto
– aggiunge la Bussinello – è che in Valpolicella lo scorso anno sono arrivate circa 300mila persone, molto poche rispetto
ai 2,5 milioni di turisti di Verona, pochissime rispetto alle decine di milioni registrati nella vicina area del Garda. Dobbiamo
fare assolutamente di più. Quello che manca è un’accoglienza turistica diversificata. Nella nostra area esistono B&B e agriturismi
ma non strutture per l’accoglienza e la ristorazione di livello medio alto e di lusso. Una strada è di certo quella lavorare
con un maggior collegamento e in sinergia con la città di Verona che in fondo dista solo pochi chilometri».
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