NEW YORK - Una carriera da private banker avviata in Credit Suisse. Con una passione nel cassetto per la cucina e la ristorazione, che come tutte le passioni, tornava fuori durante i giorni e i lunghi inverni grigi milanesi, quando alla fatica della quotidianità si sognano altre vite. Alessandro Trezza, 42 anni, ha sempre lavorato nella ristorazione dai tempi dell'università in Bocconi per mantenersi. In sala come cameriere e poi come sommelier. Esperienze sempre di livello. A partire dalla prima all'Enoteca Pinchiorri di Firenze, tra gli studi in Economia e il master in Finanza, ad apprendere i segreti del mestiere e la passione per il buon cibo e il vino. La doppia vita di Alessandro è durata fino a una decina di anni fa.
Private banker durante l'anno. E d'estate nei ristoranti. L'ultimo lavoro negli Stati Uniti: tre mesi a lavorare per i ristoranti di Mario Batali “gratis”. A un certo punto è scattata la molla. Coraggio o incoscienza nel lasciare la strada certa per gettarsi a capofitto a inseguire la sua passione. A Meda in Brianza, la famiglia della moglie Monia Solighetto gestiva una pasticceria-gelateria storica. I genitori sono stanchi e vogliono lasciare. Alessandro e Monia con il fratello Fabio decidono di rilevare l'attività dopo 30 anni. Rilanciano il progetto con una gelateria che è anche pasticceria e panetteria, una nuova mission e un nuovo nome: nel 2007 nasce l'Albero dei gelati, una vera gelateria artigianale che produce gelato di fattoria senza semilavorati industriali, solo utilizzando prodotti naturali da piccoli agricoltori, materie prime per quanto possibile della zona, a filiera corta, finanziando la crescita di una filiera produttiva agricola locale, in Brianza: tre locali a Monza , Seregno e Cogliate. Alessandro a quel punto decide di lasciare il suo lavoro in banca.
Carlo Petrini si innamora della storia e dedica una pagina su Repubblica al successo del gelato contadino di Alessandro e
Monia. A partire da un progetto imprenditoriale innovativo, etico e onesto che valorizza le materie prime agricole locali
e stagionali, e che non tarda poi a trovare riscontro nel mercato e nel fatturato.
Nel 2017 la Guida delle gelaterie d'Italia del Gambero Rosso concede all'Albero dei gelati di Monza i “Tre coni”, il massimo
riconoscimento che viene attribuito solo a 36 gelaterie tra le 300 di eccellenza inserite nella Guida, tra le 37mila che
ci sono in Italia. “Ci hanno definiti italiani sognatori per la nostra filosofia produttiva – racconta Alessandro – a un certo
punto ho capito che avevo una vita sola e volevo spenderla seguendo i miei sogni. Il resto è venuto quasi da sé”.
A New York passando da Brisbane
Dopo qualche anno è venuta l'idea di esportare questo modello all'estero. “Volevamo partire. Siamo stati per un po' in Australia,
a Brisbane, ma poi ho ripensato a New York, all'esperienza con Batali nei suoi anni d'oro e abbiamo deciso di tornare negli
States”. Oggi nei vari locali che Alessandro ha avviato, in Italia e negli Stati Uniti, dà lavoro a oltre 70 persone.
“Nel 2015 siamo partiti con l'Albero dei gelati a Brooklyn, a Park Slope. A cui è seguita una vineria con cucina, Have & Meyer,
nella nuova zona dei locali di Williamsburg, sempre a Brooklyn”.
L'Albero dei gelati a Brooklyn ha la stessa filosofia del gelato di fattoria dei locali italiani, solo che qui si appoggia a piccoli produttori agricoli locali selezionati negli Usa da Slow food, per frutta, i mirtilli, le fragole, i limoni o il miele e il latte fresco. Sempre nel rispetto della stagionalità e del concetto della filiera corta, con anche una parte di pasticceria di qualità (lo chef pasticciere è Marco Iannantuoni) che propone anche la tipica colazione-brunch americano ma con un pane vero e uova di gallina biologiche, latte fresco senza additivi o vitamine, e così via.
Vino al bicchiere e cucina italiana vera
L'altro locale, la vineria con cucina Have & Meyer è sempre piena, molto frequentata da millennial e hypster. Nel piccolo
locale, zeppo di bottiglie, è difficile trovare un tavolo nel fine settimana senza prenotare, nel pieno della movida newyorchese.
Vengono venduti solo vini italiani biodinamici, con una particolarità: i vini, rossi, bianchi e rosati - la carta è molto
ricca - sono serviti tutti solo al bicchiere. “Così in una serata si possono assaggiare anche più di un vino e non si è costretti
a ordinare una bottiglia intera”, spiega Alessandro che non fa solo l'imprenditore dei suoi locali, ma alla sera si rimbocca
le maniche e si mette a servire con gli altri ragazzi o ad aiutare dove serve. Con una cucina che prevede anche lì solo piatti
italiani veri: niente spaghetti & meatball, che non esistono in Italia, vietati qui, ma primi artigianali prodotti ogni giorno
nella migliore tradizione regionale: italiana: Cacio&Pepe che sembra di stare a Trastevere, Gricia, Carbonara e ancora, in
un trionfo calorico, taglieri di salumi, formaggi stagionati. Dopo Have&Meyer, non paghi l'ex banker Alessandro e la moglie
Monia, che nel frattempo hanno comprato casa e messo su famiglia con i figli a Brooklyn, hanno lanciato un terzo locale.
Un ristorante solo di pasta fresca: Terre, sottotitolo Pasta & natural wines, sempre a Williamsburg, un locale anche qui che
va contro lo stereotipo degli emigrati italiani della prima generazione, delle polpette e delle tovaglie a quadretti. Tutto
è votato all'eccellenza, con materie prime che arrivano dall'Italia e dai produttori agroalimentari locali selezionati dai
due ragazzi tra piccoli farmers appassionati come loro di ciò che fanno. Il ristorante è aperto solo alla sera. O al sabato
e alla domenica per il brunch.
Perché Brooklyn è meglio di Manhattan
“Abbiamo preferito Brooklyn – racconta ancora Alessandro - invece di Manhattan perché è vivace e più a misura d'uomo. Si corre
meno. C'è più piacere nello stare insieme. Nel ritrovarsi”. Il prossimo progetto? “Con molti dei nostri dipendenti si creano
dei rapporti molto belli che restano anche quando le strade si dividono. Sai quando cerchi di vivere in un certo modo, non
si può dividere la vita in parti, e nel lavoro passiamo gran parte delle giornate. Quindi lo stesso spirito di attenzione
verso i prodotti cerchiamo di averlo anche verso le persone, i nostri collaboratori. Non mancano i momenti difficili. Sono
il cemento per andare avanti”. Tra poco nascerà una filiale dell'Albero dei gelati anche in Brasile, a San Paolo: “Verrà aperta
da due nostri ex collaboratori diventati amici, che hanno deciso di tornare a casa, nel loro paese”. Con la medesima filosofia:
solo frutta e latte di piccoli agricoltori locali. All'insegna della ricerca della qualità e della naturalità, nelle materie
prime, e nei rapporti con le persone.
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