Siamo tornati al mercato, con i carrelli della spesa, le sporte e le shopping bag, nello spazio più vivo delle nostre città. Archivio della memoria agroalimentare e della biodiversità, nucleo pop, social e collettivo di quei luoghi che sono stati nella storia foro, emporio, suq e bazar. All’aperto o al chiuso, tradizionale o innovativo: rionale, urbano, paysan, anche multietnico, accessibile fino a sera. Espressione fedele dei territori è diventato luogo di aggregazione per le comunità locali e tappa fissa del turismo esperienziale. Molti sono segnalati nelle guide di viaggio e geolocalizzati. Da Milano a Torino, da Genova a Palermo, da Firenze a Roma, i mercati fanno da motore alla rigenerazione urbana e sociale, sono luoghi dell’innovazione, della sostenibilità e in qualche caso del design.
Mercati d’Europa
L’impulso è arrivato anche dall’Europa con la costituzione, qualche anno fa, di MedEmporion, associazione europea dei mercati che ha riunito Barcellona, Lione, Budapest e Torino in una rete per la riscoperta del valore
economico, sociale e culturale dei mercati dell’Europa e del Mediterraneo. Con la collaborazione del comune di Genova, il
Conservatorio delle cucine mediterranee di Torino e quello internazionale di Marsiglia. E così il mercato si è trasformato
in uno spazio polifunzionale: non solo ambulanti, ma anche street food e ristoranti, radio e dj (Enzo Iannece aka N-Zino),
mostre e cinema. A sorpresa, c’è il teatro, la danza, la Carmen di Bizet e la Traviata, come di recente al mercato coperto
di Rimini. Si alternano show cooking, corsi di cucina e di riciclo, iniziative culturali.
Porta Palazzo fa scuola
Torino fa scuola: neanche un mese fa, Porta Palazzo, il mercato più grande d’Europa, dove coesistono spazi all’aperto, con la Tettoia dei Contadini, vetrina dei produttori della
zona, e diverse aree coperte (mercato Ittico, il Centro Palatino, abbigliamento e calzature, il mercato dell’Orologio e il
mercato Alimentare, con prodotti gastronomici di qualità), ha fatto da contenitore a una rassegna di pittura, versi, improvvisazione,
magia. Alcuni appuntamenti del fuori Salone del libro di Torino, ad esempio, si svolgono al mercato: quest’anno Festa Mobile,
programma di letture a voce alta curato da Giuseppe Culicchia (un invito alla lettura o alla rilettura di romanzi e autori)
è stata organizzata nel Mercato Centrale di Torino, all’interno del Palafuksas di Porta Palazzo: un format pensato dal lucano
Umberto Montano che negli ultimi anni ha fatto del mercato un punto di riferimento contemporaneo per chi ama, vive e sceglie
il cibo. Primo esperimento il Mercato centrale di Firenze, subito dopo Roma, ora il capoluogo piemontese. E per tutti Radio
Mercato Centrale: trasmette in diretta streaming i suoni prodotti tra i banchi, canzoni e “rumore sociale”. Il vociare tipico
della folla indaffarata alternato al migliore repertorio musicale italiano – popolare, storico, contemporaneo – e alle voci
dei grandi protagonisti del ’900 (da Pasolini a Bertolucci, a Eco).
Rivoluzione smart city
«È l’idea stessa di smart city, introdotta per coniugare infrastrutture materiali delle città con il capitale umano e sociale
di chi le abita, che ha portato a ripensare i mercati – spiega Paola Baravalle, direttrice della Conservatoria delle cucine
mediterranee di Torino – e Porta Palazzo è un esempio straordinario di riqualificazione. Un’area degradata è diventata un
centro di aggregazione e di attrazione turistica». Vivo di giorno e di notte, come hanno potuto sperimentare 22 studenti di
diverse università americane, coinvolti nel progetto “Sentinelli dei rifiuti”, un’iniziativa della Conservatoria torinese
contro lo spreco alimentare.
Milano, il modello è la Boqueria
Anche Milano rilancia i mercati rionali per farne “fondamentali luoghi di socialità e presidio territoriale”. Il modello è la Boqueria di Barcellona. Non solo Santa Maria del Suffragio, il mercato della Darsena ai Navigli e quello di Lorenteggio: il sindaco Giuseppe Sala
coinvolge i privati (tramite bandi) per rinnovare il mercato di piazza Wagner, quello di piazzale Lagosta (Zara) e il mercato
comunale Morsenchio. E rivitalizza tutti i mercati coperti favorendo iniziative culturali, di intrattenimento e aggregazione
sociale. Tra i banchi di Piazza Ferrara, come a Parigi, tornano le portinerie di quartiere, idee e servizi a disposizione
dei cittadini. Ma anche book crossing, bacheche per gli annunci, mostre d’arte e di fotografia. Poi laboratori, corsi e seminari
sull’ alimentazione, la trasformazione del cibo, la lotta allo sprechi e il riuso. Soggetto capofila l’associazione “La strada”,
con il sostegno economico della Fondazione Cariplo.
Mercati d’autore, network romano
A Roma, dove 120 mercati giornalieri custodiscono una storia millenaria, il progetto “Mercati d’autore” ha fatto una rivoluzione,
trasformando lo spazio dei banchi dei prodotti alimentari – freschi, genuini, di qualità - in un hub culturale e sociale.
Primo della rete, il mercato Nomentano di piazza Alessandria, poi quello di Casal dei pazzi: oggi aderiscono in 34 per un totale di oltre mille attività. Tutti autofinanziandosi hanno fatto «opera di restyling per
a riqualificare gli spazi e a comunicare all’esterno una rinnovata identità riportando l’attenzione sul “valore” del mercato»,
spiegano gli organizzatori. Nel sito, le indicazioni per aprire un’attività all’interno di un mercato: un banco alimentare,
un laboratorio artigiano o un’attività di street food o di somministrazione. Il network consente di sviluppare nuovi modelli
di gestione per progetti e iniziative di carattere commerciale.
La riqualificazione della Vucciria
Altrove le riqualificazioni sono processi complessi. Della storica Vucciria di Palermo, ad esempio, resta poco. Il mercato celebrato da Renato Guttuso in una tela fantasmagorica si è ridotto a pochi banchi di
frutta e verdura, con le olive di Castelvetrano, pomodorini secchi e spezie, alcune pescherie e qualche taverna dove bere
Zibibbo. Sullo sfondo di piazza Garraffello le facciate disabitate dei palazzi bombardati durante l’ultima grande guerra,
ora sono coperte dai ponteggi (sono stati acquistati da una cordata di privati, con il sostegno del Comune). Fino a qualche
mese fa gli edifici portavano ancora i segni delle installazioni e dei graffiti dell’austriaco Uwe. Da un anno l’artista ha
lasciato il quartiere, dopo aver ritratto gli ultimi commercianti del mercato. Si teme che l’annunciata riqualificazione cancelli
l’anima popolare della zona, che si voglia solo creare un brand per attirare turisti e portare nuovi residenti: gentrificazione
o integrazione sociale? Chi investe parla di progettazione partecipata, di iniziative culturali e pedonalizzazione, di caffè
letterari e artigiani. Sul futuro della Vucciria vigilano associazioni e comitati di quartiere.
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