“Tutto nasce dall'eredità lasciata da Expo, dalla scommessa di riqualificare non solo un'area fisica e dal dovere di recuperare i valori che quell'evento ha portato in giro per il mondo per sei mesi, e cioè il valore del cibo e della nutrizione e quelli di un settore importante della nostra economia”. Ha utilizzato queste parole Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano, per presentare ufficialmente il nuovo Corso di Laurea Magistrale in Food Engineering che scatterà in lingua inglese dal prossimo anno accademico (2019-2020) e che vede la partecipazione attiva di 7 aziende partner operanti a vario titolo nell'agrifood, e cioè Esselunga, Goglio (sistemi di imballaggio), Granarolo, Nestlè, Number1 (operatore logistico), Unilever Italia e Unitec (macchinari). Imprese che da tempo collaborano con l'ateneo milanese e che faranno parte dell'Advisory Board per controllare lo stato di avanzamento del percorso di studio, offrendo opportunità di cooperazione concrete e supportando le attività didattiche con seminari, visite tecniche, stage e tesi in azienda.
I numeri dell'agrifood italiano
La sicurezza del prodotto, la protezione del marchio, il controllo della filiera, ha aggiunto ancora Resta, sono oggi punti
fermi per pensare a un'industria alimentare di successo su scala globale, e lo sono a maggior ragione in funzione del peso
dell'agrifood, un settore in crescita del 2,2% nel primo quadrimestre del 2019 (dati Federalimentare) e una delle espressioni
più importanti del Made in Italy all'estero, con 42 miliardi di euro di export. Numeri che si specchiano nelle cifre anche
da Antonio Boselli, Presidente di Confagricoltura Lombardia, che ha ricordato molto orgogliosamente come nella sua Regione
venga prodotto il 14% del Pil agricolo italiano, coprendo il 20% dell'export di prodotti agroalimentari. “L'agricoltura –
ha precisato ancora Boselli - è di fronte a grandi sfide soprattutto a livello produttivo, ambito nel quale serve fare innovazione
per aumentare i volumi e per farlo in modo sicuro, efficiente e sostenibile, migliorando la gestione dei dati che si producono
ogni giorno sui campi.
Una figura “innovativa”
Il ruolo delle tecnologie, nell'evoluzione di questo settore, è altresì essenziale: agricoltura di precisione, localizzazione
tramite Gps, sensori e droni, tracciabilità dei prodotti in formato digitale, innovazione dei processi della logistica e sul
packaging e infine, perché i dati sono pervasivi anche nel food e diventano uno strumento fondamentale anche per un'azienda
alimentare. E se l'innovazione è la strada del futuro, è facilmente intuibile perché servono addetti specializzati e personale
qualificato “in grado di orientare la bussola tra competenze tecniche e gestionali, chimiche e agroalimentari”. Ripartiamo
da Expo – ha aggiunto ancora il Rettore del Politecnico - “Abbiamo guardato agli esempi virtuosi in Europa e negli Usa, capendo
che dovevamo unire due profili: uno più vicino alle discipline dell'agraria e uno più vicino alle materie scientifiche. I
tempi sono maturi per la figura dell'ingegnere alimentare”.
L'obiettivo: 200 studenti entro tre anni
Parliamo dunque di un corso che si svilupperà anche fuori dall'aula, di un percorso formativo fortemente interdisciplinare
che guarda da subito al mercato coinvolgendo in modo diretto e partecipativo le imprese, ed è sicuramente ambizioso proprio
per la sua natura di contenitore di competenze trasversali. Il laureato in Food Engineering, recita una nota diffusa dal Politecnico,
sarà uno specialista a 360 gradi, che dovrà formare ingegneri in grado di operare lungo l'intera filiera della produzione,
distribuzione e gestione dell'industria alimentare e delle bevande, innovandone la catena del valore attraverso le proprie
conoscenze tecniche, ingegneristiche e metodologiche e contribuendo allo sviluppo di tecnologie e processi per la trasformazione
e la sostenibilità alimentare.
La centralità del fattore “filiera” emerge chiaramente anche dalle considerazioni di Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico, spiegando come il progetto abbia preso corpo da un confronto molto forte con le imprese partner: “E’ emerso in modo netto che per affrontare le sfide dell'industria alimentare serve un nuovo approccio ingegneristico, orientato all'innovazione, perché è un settore che deve evolvere come filiera, in fatto di tracciabilità e di riduzione degli sprechi, di velocità e capacità di comunicazione, di apertura di nuovi canali commerciali come l'e-commerce, che oggi pesa solo per l'1% delle vendite complessive”.
Il lavoro nella PA e imprese
Il “food engineer”, in tal senso, dovrà acquisire le competenze per poter intervenire ad ampio spettro sui processi della
filiera e saper interpretare i bisogni futuri del consumatore, andando a ricoprire posizioni qualificate a diversi livelli,
dalle amministrazioni pubbliche agli enti regolatori a livello nazionale ed europeo, dalle imprese produttrici di cibi e bevande
ai fornitori delle tecnologie per la produzione, la distribuzione e la commercializzazione dei generi alimentare. L'obiettivo
è di avere 50 studenti il primo anno e di arrivare a 150/200 negli anni successivi.
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