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L’offerta Jindal sul tavolo di Cassa depositi e prestiti

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L’offerta Jindal sul tavolo di Cassa depositi e prestiti

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Il dossier Jindal arriva sul tavolo di Cassa depositi e prestiti. L’ente ha affrontato per la prima volta ieri, in via ufficiale, la richiesta dell’indiana Jindal south west di entrare nel capitale di Acciaitalia, la newco partecipata al 44,5% dalla stessa Cdp che a fine giugno ha presentato (in concorrenza con la joint venture formata da Marcegaglia e ArcelorMittal) un’offerta per rilevare gli asset dell’Ilva.

Il Consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti, come confermano più fonti vicine alla vicenda, ha discusso del piano di salvataggio dell’Ilva, affrontando conseguentemente il tema relativo alla manifestazione di interesse del gruppo indiano. Il giudizio sulla potenziale partnership indiana è, secondo quanto riferisce Adnkronos, di «apprezzamento». Nessuna decisione ufficiale al termine della riunione: si è trattato di una semplice informativa, necessaria per definire i prossimi passi in vista della cessione definitiva dell’Ilva (i commissari affronteranno l’analisi dei piani industriali solo da metà novembre in poi, dopo avere espresso un giudizio sui piani ambientali). L’ingresso di Jindal potrebbe avvenire in qualsiasi step della vendita, anche a procedura conclusa.

La valutazione positiva fatta trapelare dagli ambienti vicini alla Cdp fa da contraltare alla freddezza mostrata, secondo alcuni osservatori, da parte del gruppo Arvedi, che di Acciaitalia possiede il 22,2% e che esprime il presidente, Giovanni Arvedi (l’amministratore delegato è il consigliere espresso dalla Cdp, Lucia Morselli, già risanatrice di Acciai speciali Terni). Al centro delle attenzioni di Cdp ci sarebbe lo scarso feeling mostrato finora tra i due soggetti industriali (il terzo socio di Acciaitalia, con un ruolo finanziario, è Delfin).

Giovanni Arvedi ha recentemente dichiarato a Siderweb, a margine di un incontro pubblico a Cremona, di essere stato nei giorni scorsi a Mumbai, in visita agli impianti Jindal, e di avere ricavato un’impressione positiva dalla visita. Secondo Arvedi, Jindal «può rappresentare un socio industriale importante». Lo sguardo dell’imprenditore resta però ampio: «non è da sottovalutare - ha aggiunto - l’interesse di ArcelorMittal, soggetto che resta un protagonista di primo piano in questa operazione e che merita rispetto, considerazione e ampio dialogo».

A Taranto, intanto il processo «Ambiente svenduto» per il reato di disastro ambientale contestato all’Ilva potrebbe avere a dicembre una doppia svolta. La prima: l’Ilva in amministrazione straordinaria si appresta a rilanciare la proposta di patteggiamento. La seconda: il processo con 47 imputati e sinora mai realmente «decollato», potrebbe traslocare a Potenza. Su questo punto la Corte presieduta dal giudice Michele Petrangelo farà conoscere la sua decisione nell’udienza del 6 dicembre. L’elemento nuovo è dato dalla riapertura della possibilità di patteggiare, carta che la difesa dell’azienda ha già giocato nell’udienza preliminare, trovando però il no della Procura che ritenne inadeguata l’offerta allora avanzata. Adesso invece il quadro è cambiato. I pm hanno riformulato alcuni capi di imputazione, tra cui quello relativo al danneggiamento degli immobili a causa dell’inquinamento del siderurgico, specificato che Riva Fire controllava l’Ilva attraverso un contratto di servizio tra le due società, e rivisto le date del presunto compimento dei reati.

A questo punto Ilva potrebbe ripresentare la precedente proposta di patteggiamento in base al quadro mutato oppure modificarla. E anche le società dei Riva, che sinora al patteggiamento non avevano fatto ricorso, potrebbero ora accedervi. Questo potrebbe anche agevolare il rientro in Italia dalla Svizzera del miliardo e 200 milioni dei Riva che sinora non si è riusciti a trasferire.

La mossa dei pm sui capi di imputazione arriva dopo un confronto tra le Procure di Taranto e Milano (dove ci sono altre inchieste su Ilva e sui Riva) e dopo che nell’udienza di ieri uno dei pm ha riconosciuto l’impegno dei commissari rispetto alla gestione Riva.

Sul trasferimento del processo, invece, l’accusa chiede di rigettare le eccezioni della difesa. Che insiste: il fatto che alcuni magistrati di Taranto abitino nelle vie di alcune parti civili crea i presupposti di «incompetenza funzionale». In passato altre istanze della difesa finalizzate a spostare il processo da Taranto sono state rigettate.

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