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Crollo delle royalty da petrolio e gas: l’anno nero per i bilanci pubblici

Pozzo d'estrazione della Val d'Agri
Pozzo d'estrazione della Val d'Agri

È andata peggio di ogni previsione. Le royalty versate dalle compagnie petrolifere nel 2017 sono più che dimezzate rispetto al 2016. Un crollo del 56,4%, complici il calo della produzione nazionale di idrocarburi (-12% di gas e -31% di petrolio), lo stop dei 5 mesi nel giacimento lucano della Val d'Agri (in seguito all’inchiesta della Procura di Potenza con il sequestro del Cova dal 31 marzo a metà agosto 2016) e i forti ribassi del prezzo del greggio.

Il risultato è che, se nel 2016 le compagnie petrolifere hanno versato circa 223 milioni di euro di royalty, quest’anno il versamento è stato di poco più di 97 milioni di euro.

Quasi 126 milioni in meno nelle casse di Stato, Regioni e Comuni delle aree estrattive e anche minori risorse destinate ad alimentare il Fondo nazionale Sviluppo economico e social card e l’Aliquota ambiente e salute.

Anno nero
I dati, appena pubblicati dal ministero dello Sviluppo economico, fotografano l’anno più nero dell’ultimo decennio. E non solo per le minori estrazioni effettuate in Italia, ma anche per le difficoltà a portare avanti gli investimenti nel settore, fortemente osteggiati sui territori o intrappolati nelle pastoie di lunghi e complessi iter amministrativi che hanno contribuito alla fuga dal Paese di grandi player dell’industria petrolifera. Effetti economici negativi evidenti nelle aliquote versate sulla produzione ma anche nei mancati introiti su tassazione, Pil e occupazione.

QUANTO VERSANO LE COMPAGNIE
Dati in milioni di euro. (Ministero Sviluppo economico)

Quest’anno, le società petrolifere hanno versato allo Stato circa 18 milioni di euro a fronte dei 38 dello scorso anno. Alle Regioni sono andati 43 milioni (35 dei quali alla Basilicata), nel 2016 erano stati 101 milioni di euro (di cui 88 alla Basilicata). Ai Comuni italiani interessati dalle estrazioni sono stati versati 8 milioni (7 a quelli lucani di Viggiano, Calvello, Marsico Nuovo, Grumento Nova, Marsicovetere, Montemurro); nel 2016 ne avevano ricevuti 16 (di cui 15 quelli lucani). Il Fondo per lo sviluppo economico e social card vede a disposizione delle regioni estrattive 22 milioni a fronte dei quasi 47 dello scorso anno. Ridotta anche l’Aliquota ambiente e sicurezza da 21 a 7 milioni di euro.

Crollo importante
Negli ultimi 10 anni, il gettito più alto si è registrato nel 2013 quando le royalty hanno superato i 420 milioni (79 allo Stato, 195 alle Regioni, 33 ai Comuni, 93 al Fondo idrocarburi e 19 Aliquota ambiente e sicurezza), mentre il gettito più basso nel 2010, quando a causa del crollo dei prezzi del greggio, le aliquote scesero a 184 milioni (42 allo Stato, 90 alle Regioni, 13 ai Comuni, 39 al Fondo idrocarburi).

QUANTO INCASSANO LE REGIONI
Dati in milioni di euro . (Ministero Sviluppo Economico)

«È un crollo importante quello di quest'anno – sottolinea Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia – con una flessione delle royalty a meno di 100 milioni, un quarto rispetto al 2013. Nel 2018 si può ipotizzare una ripresa verso i 150 milioni, sempre che vada a pieno regime la produzione in Basilicata. Non va meglio neppure nelle altre regioni, con l’Emilia Romagna che nel 2017 ha incassato meno di due milioni e dove la caduta della produzione è ancora più pronunciata per l’impossibilità di sfruttare il gas che c’è ancora in abbondanza nel sottosuolo. Per l’anno prossimo non c’è speranza di tornare sui 4 milioni; già sarà molto rimanere sui».

Bilanci a rischio
È evidente, quindi, che la regione che ha maggiormente sofferto per il tracollo dei fondi è la Basilicata, cui spetta la percentuale più alta di royalty in qualità di maggiore produttrice di idrocarburi in Italia. Risorse utilizzate, per circa due terzi del totale, per realizzare investimenti, ma anche per coprire le spese correnti, e quindi per gestire l’attività ordinaria di enti e istituzioni alle prese con evidenti difficoltà nel chiudere i bilanci. Al punto da indurre il presidente della Regione Marcello Pittella a chiedere al ministero dello Sviluppo Economico, «la convocazione di un tavolo nazionale, per avere una sorta di riconoscimento economico per le royalty perdute nella fase di sospensione. Una sorta di “risarcimento” da quantificare per il mancato introito alla Regione», in seguito anche allo stop di 90 giorni al Centro Olio imposto da aprile a luglio di quest’anno dalla Basilicata all’Eni in seguito alla perdita di greggio da uno dei serbatoi di stoccaggio. Una fermata che produrrà un’ulteriore riduzione di royalty per il prossimo anno, «messa comunque in conto» dalla Regione per la quale «viene prima la salute e la sicurezza dei cittadini».

Guardando al 2018
Intanto, si fanno i conti con le perdite di quest’anno. «Le royalty del 2017, per le produzioni del 2016, per la Basilicata – continua Tabarelli - scendono a 35 milioni di euro che, con qualche aggiustamento per le produzioni di fine 2016, potrebbero arrivare a 40. Siamo a meno di un quarto dei picchi raggiunti del 2013, quando i prezzi superiori del doppio del greggio e una produzione più alta del 50%, rispetto al 2017, determinarono un record di introiti».

Guardando avanti, secondo il presidente di Nomisma Energia, «nel 2018, con un ritorno a normalità della produzione intorno a 4,5 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, e con prezzi in leggera ripresa verso i 60 dollari per barile, contro gli attuali 52, sono ipotizzabili royalty alla Basilicata per 80 milioni di euro».

Mancata produzione
Poi c’è il discorso Tempa Rossa, il secondo giacimento di petrolio della Basilicata, della Total. «Con l’avvio della produzione – sottolinea Tabarelli – l’incremento sarà di altri 60 milioni di euro all’anno, ipotizzando un raggiungimento veloce dell’obiettivo di 50 mila barili al giorno. Dispiace però ricordare che la produzione di Tempa Rossa poteva già da anni essere a regime, anche quando i prezzi del petrolio erano oltre i 100 dollari per barile. Il ritardo dell’avvio del progetto può essere stimato in almeno 5 anni, il che vuol dire una minore produzione di 2,5 milioni tonnellate all’anno di greggio, che per 5 anni significa 12,5 milioni di tonnellate di petrolio che sono stati importati dall’Italia da altri Paesi pagando le royalty a paesi Opec o alla Russia o all’Azerbaijan. Le mancate royalty non lasciate sul territorio italiano per il ritardo di Tempa Rossa – conclude il presidente di Nomisma Energia – possono essere stimate in 400 milioni di euro per la sola Basilicata. Solo un paese ricco si può permettere questo spreco e travaso di ricchezza all’estero».

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