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INNOVAZIONE

Bio-On inaugura il primo impianto di bioplastica per l’industria cosmetica

A poco più di 60 anni dall’invenzione di Giulio Natta del catalizzatore per orientare i polimeri e dall’avvio a Ferrara del primo impianto al mondo di polipropilene, l’Emilia e l’Italia hanno iniziato a scrivere ieri un nuovo capitolo della storia della chimica mondiale, verde questa volta. Perché a Castel San Pietro Terme (a metà strada tra mola e Bologna), Bio-On ha aperto ieri il primo stabilimento del pianeta per la produzione di bioplastiche speciali: un investimento da 20 milioni di euro tra la fabbrica di 3.700 metri quadrati (e altri 6mila edificabili in un’area di 30mila mq), laboratori di ricerca e attrezzature.

Nello stesso sito dove fino al 2009 Granarolo produceva yogurt dalla fermentazione del latte, ora una squadra di 45 tra tecnici e ricercatori Bio-On (che raddoppieranno a 90 persone a regime) produrrà un migliaio di tonnellate l’anno di microsfere di biopolimeri dalla fermentazione di batteri non patogeni, nutriti con gli scarti vegetali. Una filiera 100% naturale, sostenibile e biodegradabile per produrre microplastiche, principalmente per usi cosmetici, non più dagli idrocarburi ma dai residui di lavorazione di barbabietole e canne da zucchero, con impatto zero sull’ambiente, «replicando un processo che esiste in natura da milioni di anni, perché “la natura trova sempre la soluzione”», è il mantra che ripete Marco Astorri, presidente e ceo di Bio-On. L’Intellectual property company fondata nel 2007 con l’amico imprenditore bolognese Guy Cicognani partendo da due Mac in un ufficio per studiare chi nel mondo aveva soluzioni per produrre bioplastiche. Studi che portarono all’incontro fatale all’Università delle Hawaii con il dottor Jian Yu (presente ieri a Castel San Pietro per l’inaugurazione), all’acquisto dei suoi brevetti e al primo impianto sperimentale di polidrossidi, in una conigliera della campagna bolognese.

«Abbiamo posato la prima pietra di questo stabilimento il 21 marzo 2017, siamo riusciti a rispettare i tempi e a mantenere le promesse fatte al mercato, pur avendo a che fare con un impianto che è un unicum del genere in Italia e il più avanzato tecnologicamente al mondo: assomiglia più a un birrificio che a una raffineria», afferma il ceo di Bio-On. Cresciuta in questi anni grazie alla concessione in licenza del portafoglio brevetti (oltre 50 all’attivo), tanto che dalla quotazione in Borsa, al segmento Aim, del 2014 a oggi il titolo è passato da 5 a 60 euro con una capitalizzazione record di un miliardo di euro.

E mentre Astorri spiega le fasi del processo che trasforma scarti agricoli in una melassa con cui i batteri si nutrono per 30-40 ore dentro ai fermentatori producendo Phas (i poliidrossialcanoati, granelli porosi di 6-7 micron simili a una sabbia bianca, base di partenza per qualsiasi successiva lavorazione “plastica”, dai cruscotti per auto ai casalinghi fino ai giocattoli) alle sue spalle scorrono le immagini di albatros agonizzati per l’ingestione di tappi e sacchetti di plastica derivata dal petrolio e i filmati dei danni che la plastica invisibile usata in cosmesi causa ai pesci e quindi a chi li mangia, visto che nessun filtro riesce a bloccare il viaggio delle microsfere contenute in solari, dentrifici, trucchi, dai lavandini delle nostre case al mare. I dati raccontano di oltre 4,67 milioni di tonnellate di plastica che solo dal 1° gennaio 2018 a oggi sono finite nei nostri mari con la prospettiva di arrivare a 10 milioni di tonnellate entro dicembre. «La polvere di poliidrossialcanoati (Phas) che noi produciamo qui a Castel San Pietro si degrada invece nel giro di 70 giorni e non è idrosolibile, sono i batteri presenti in natura che la decompongono naturalmente trasformandola in cibo per la fauna marina», precisa il presidente.

Il primo prodotto che uscirà dal nuovo polo Bio-On sarà Minerva Bio Cosmetics, le microperline in bioplastica per l’industria cosmetica, ma nel laboratorio di R&S si sperimenteranno anche soluzioni per nanomedicina, biomedicale, nutraceutica, elettronica organica e materiali smart. «Il nostro core business resterà però la concessione in licenza dei nostri brevetti, altri due stabilimenti simili a questo ma su scala industriale(5-10mila tonnellate) sono in costruzione uno in Francia e l’altro a San Quirico di Parma, ma sono già 13 le licenze cedute in gir per il mondo», rimarca il presidente. Che punta ai 140 milioni di fatturato nel 2020 (dagli 11 milioni del 2017) e in autunno si prepara allo spostamento del titolo dall’Aim allo Star.

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