Un partner fieristico cinese per realizzare una manifestazione sul vino che diventi anche una piattaforma stabile per il made in Italy in Cina. L’accordo preliminare è già stato sottoscritto dalle parti e in tempi brevi dovrebbe essere definito il closing di un’operazione che con ogni probabilità sarà annunciata ufficialmente nel corso del prossimo Vinitaly (a Verona dal 7 al 10 aprile prossimi).
La joint fieristica cinese proprio perché diretta a creare un evento stabile rappresenta la conclusione di un percorso di internazionalizzazione che Vinitaly ha avviato circa 20 anni fa e che ha portato Veronafiere a organizzare nel solo 2018 40 eventi promozionali in giro per il mondo.
È quanto è trapelato ieri a Roma, a margine della presentazione della 53esima edizione di Vinitaly, la manifestazione clou del vino italiano che quest'anno nonostante il nuovo record di superficie espositiva dedicata (oltre 99mila metri quadri) risulta sold out per gli espositori già dallo scorso novembre. Saranno infatti 4.600 le cantine presenti (130 in più rispetto allo scorso anno) provenienti da 35 paesi e con 16mila etichette in degustazione.
D’altro canto argomento forte dell'edizione di quest'anno saranno ancora una volta i mercati internazionali con particolare riferimento all’area asiatica. Il vino italiano, che già da qualche anno è per il 50% commercializzato all’estero, tuttavia, pur in un trend di vendite all’estero che resta positivo (+3,3% nel 2018 a quota 6,2 miliardi di euro) negli ultimi anni sta registrando qualche segnale di rallentamento su alcuni mercati tradizionali (come il primo sbocco, quello Usa, ma anche causa Brexit nel Regno Unito) senza contemporaneamente mettere a segno progressi significativi nelle nuove aree di consumo. «Nel 2018 l’Asia orientale e cioè Cina, Giappone, Hong Kong e Corea del Sud – ha spiegato il responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini – ha importato vino da tutto il mondo per 6,45 miliardi di euro e ormai ‘vede' la principale area extra Ue di import, ovvero il Nord America, che acquista vino per 6,9 miliardi. Tuttavia mentre siamo saldamente ai vertici come fornitori del Nord America, nell'Asia Orientale nonostante i progressi degli ultimi anni siamo ancora fermi a una quota di mercato del 6,5% contro il 50,2% della Francia e preceduti da Australia (15,9%) e Cile (8,9%). Questi ultimi paesi ci precedono anche grazie ad accordi commerciali che garantiscono loro migliori condizioni di accesso al mercato. Dobbiamo lavorare sul fronte negoziale e mettere a punto una terapia d’urto sul piano promozionale. Solo così possiamo compiere un salto di qualità».
E alcune indicazioni significative sono venute anche dai volumi rilevati da Wine Monitor: nel 2018 in Cina l’area di Bordeaux ha esportato 55 milioni di bottiglie, un oceano di vino se confrontato ai 2,3 milioni dell'intera Toscana, gli 1,6 milioni del Veneto (fenomeno Prosecco compreso) e al milione e 100mila bottiglie del Piemonte. «Dobbiamo recuperare terreno e dobbiamo farlo rapidamente – ha commentato il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese -. In particolare in Asia dove si registrano 400 milioni di millennials, un enorme potenziale in termini di consumi futuri, non possiamo restare ancorati a una quota di mercato del 6,5%». «Alla recente iniziativa che abbiamo effettuato a Chendu – ha aggiunto il Ceo di Veronafiere, Giovanni Mantovani – abbiamo riscontrato un interesse senza precedenti con il raddoppio degli espositori e un significativo incremento dei buyer. Noi rafforzeremo il nostro impegno convinti di poter fare da collegamento tra l'Italia e questa promettente area dell'Asia”. «Vinitaly – ha detto ieri il ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio – è un brand affermato e riconoscibile e sarebbe un grave errore non utilizzare una leva del genere a favore dello sviluppo internazionale del vino italiano».
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