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Libia, Isis minaccia l’Italia: «Siamo a sud di…

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chiusa l’ambasciata italiana

Libia, Isis minaccia l’Italia: «Siamo a sud di Roma». Video con 21 cristiani copti decapitati

Un altro barbaro gesto dell’Isis, questa volta in Libia. E nuove minacce all’Italia dopo quelle dei giorni scorsi al ministro Gentiloni. Lo stato islamico ha diffuso un video di quella che sembrerebbe essere la decapitazione dei 21 cristiani copti egiziani rapiti in Libia.

In attesa di conferme
Il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Abdel Atti, come ha riportato ancora nel pomeriggio di oggi il sito del quotidiano Al Ahram, ha riferito che al Cairo non vi sono novità circa i copti e «finora non c'è conferma» se «sia accaduto loro qualcosa di brutto, il Cielo non voglia». Ieri il consigliere della presidenza libica per gli affari delle tribù arabe, Ahmed Abu Taram, aveva riferito che «fonti tribali libiche hanno confermato che l'Isis, finora, non ha ucciso gli egiziani rapiti».

La minaccia all’Italia
«Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia», questo il messaggio collegato al video, secondo quanto riferisce l’israeliana Rita Katz, direttrice del Site, il sito americano che monitora l’attività delle organizzazioni jihadiste. «Avete buttato il corpo di Osama bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro». E' un'altra frase contenuta nel nuovo video dell'Isis che mostra le immagini del mare insanguinato dai corpi degli egiziani copti decapitati.

Le immagini rilanciate su Twitter da un sito vicino agli jihadisti mostrano gli ostaggi in tuta arancione che vengono fatti chinare e poi sgozzati. Finora erano state diffuse soltanto alcune fotografie su Twitter che mostravano cinque uomini in ginocchio in riva al mare con alle loro spalle gli jihadisti vestiti di nero, apparentemente pronti a sgozzarli. I 21 lavoratori cristiani, provenienti dal governatorato di Minya, nell'Egitto centrale, erano stati rapiti a Capodanno nella città di Sirte.

In questo clima di violenza, come anticipato dal Sole 24 Ore, l’ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso oggi le sue attività in seguito al peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il personale è stato temporaneamente rimpatriato via mare. I servizi essenziali saranno comunque assicurati. Quella italiana era l’ultima rappresentanza occidentale ancora presente nel Paese.

Intanto prende forza l’ipotesi di un intervento militare all’interno di una coalizione internazionale. L’ultimo a schierarsi a favore è il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. «Accogliamo con favore l'intento del Governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo», ha affermato Berlusconi a proposito della crisi in Libia, dove «un intervento di forze militari internazionali, sebbene ultima risorsa, deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione».

Pinotti: Italia pronta a guidare una coalizione contro il Califfato»
Sullo stesso tema è intervenuto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, con toni molto netti. «L'Italia - ha detto in un’intervista al Messaggero - è pronta a guidare in Libia una coalizione di Paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un Paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l'Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente. «Ne discutiamo da mesi - ha proseguito - ma ora l'intervento è diventato urgente. Mezzi, composizione e regole d'ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu. In Libia, eliminato il tappo Gheddafi, le tensioni sottostanti sono esplose», aggiunge, e ora «bisogna fare come nei Balcani, dove per scongiurare la bonifica etnica abbiamo invitato decine di migliaia di uomini e abbiamo contingenti dopo vent'anni per stabilizzare territorio». Quanto al potenziale del Califfato, qualche mese erano stati stimati 25mila combattenti, ora secondo il ministro «potrebbero essere 30mila o anche più», e sugli armamenti ricorda «i momenti d'ombra» sulla sorte delle armi di Gheddafi. Quindi il ministro precisa che «ogni decisione e passaggio verrà fatto in Parlamento. Giovedì il ministro Gentiloni fornirà informazioni e valutazioni».

La chiusura dell’ambasciata
Intanto anche l’Italia ha deciso di far rientrare a Roma il nostro ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Buccino, unico rappresentante diplomatico europeo ancora presente in Libia.
«La chiusura temporanea della nostra ambasciata è avvenuta in modo tempestivo e ordinato e di questo ringrazio i responsabili della Farnesina e delle altre amministrazioni che hanno collaborato all'operazione. La chiusura si è resa necessaria a causa del deteriorarsi della situazione in Libia» ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «L'Italia rimane al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia, sulla base del negoziato avviato dall'inviato speciale dell'Onu Leon, al quale continuerà a partecipare il nostro inviato speciale, ambasciatore Buccino», ha sottolineato il titolare della Farnesina.

Rimpatrio in corso
È in corso anche l’operazione di rimpatrio di italiani residenti in Libia, tra cui il personale dell’ambasciata, a bordo di una nave. Gli italiani evacuati erano attesi a Malta intorno alle 19, dove l'imbarcazione si è fermata per un rifornimento prima di ripartire per il porto siciliano di Augusta, dove arriverà nella notte. A bordo ci sono tra i 50 e i 100 italiani. La nave sarebbe il catamarano San Gwann della compagnia Virtu Ferries. La nave, su cui sono stati imbarcati anche una ventina di mezzi, tra auto e camion, è uscita dalle acque territoriali libiche ed è sorvegliata dall'alto da un aereo senza pilota Predator. In zona si trovano la fregata “Bergamini” della Marina militare, che a bordo ha un elicottero, e due aerei che sorvolano l'area.

Cirenaica off limits
Nell'avviso - tuttora valido - pubblicato a seguito dell'attacco terrorista del 27 gennaio scorso all'Hotel Corinthia con numerose vittime, tra cui sei cittadini stranieri, la Farnesina evidenzia, tra l'altro, come «in tutta la Cirenaica la situazione di sicurezza è progressivamente deteriorata ed è pertanto assolutamente sconsigliata la presenza di connazionali dovunque e con particolare riguardo alla Città di Derna». A rischio, si sottolinea, anche le situazioni a Bengasi e nell'area urbana di Tripoli, dove «si sono verificati scontri armati ed episodi ostili che testimoniano un sensibile innalzamento della tensione e confermano la permanenza di un significativo livello di rischio anche all'interno dei centri urbani, che può potenzialmente interessare tutto il personale espatriato. Tali circostanze inoltre - si legge ancora nel warning - evidenziano la complessiva fragilità del quadro di sicurezza in Libia, minato da fattori di diversa matrice, all'interno del quale possono trovare spazio anche azioni di natura terroristica. Permangono in tutto il Paese elementi di tensione suscettibili di trovare repentine manifestazioni in forma non pacifica, che fanno leva sulla perdurante impossibilità per le forze dell'ordine governative di garantire un effettivo controllo del territorio».

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