New York - E adesso le auto straniere. L'incontenibile furia commerciale di Donald Trump si sta per abbattere sull'import di vetture: il Dipartimento al Commercio americano, dietro richiesta del presidente, ha sfoderato la stessa normativa di sicurezza nazionale usata nello stabilire dazi contro acciaio e alluminio per considerare un nuovo “balzello” del 25% che colpisca una volta di piu' numerosi paesi alleati, a cominciare dall'Europa. Nel mirino dell'indagine mirata a decidere nuove barriere tariffarie sono berline, Suv, furgoni e pick-up trucks.
Trump ha rinviato fino al primo giugno le sanzioni sui due metalli nei confronti dell'Unione Europea, a sua volta del 25% per l'acciaio e del 10% per l'alluminio, ma i negoziati bilaterali appaiono nell'impasse. Sull'auto ieri sera ha twittato che “presto ci saranno grandi notizie per i nostri grandi lavoratori del settore”. E ha continuato, sempre rivolto ai dipendenti, che “dopo molti decenni di posti di lavoro persi a vantaggio di altri paesi, avete aspettato abbastanza”.
Difficile dire se la nuova mossa formale ordinata al Ministero, piu' volte minacciata e finora mai scattata, sia l'ennesimo atto di provocazione negoziale di un'amministrazione che opera con strategie da boss immobiliare a caccia di deal, in questo caso con l'intento di strappare concessioni altrove - magari proprio su acciaio e alluminio - oppure di una nuova autentica minaccia di duro scontro.
Certo e' che inietta ulteriori, gravi incognite sulle relazioni globali e con gli alleati. Un funzionario ha al momento indicato che l'inchiesta potrebbe trascinarsi per oltre dieci mesi, la durata di quella sui metalli.
La normativa americana in gioco risale al 1962, la Section 232 del Trade Expansion Act, e garantisce alla Casa Bianca ampia discrezione nel proteggere importanti industrie domestiche citando motivazioni di “national security”. Prima dell'amministrazione Trump era stata raramente utilizzata. Come in altri casi, l'atteggiamento dell'attuale Casa Bianca appare pero' dettato da un desiderio di corto circuito nelle tradizioni in difesa della sua dottrina di America First.
Il Segretario al Commercio Wilbur Ross ne e' diventato uno degli interpreti piu' convinti e radicali, assieme al rappresentante commerciale Robert Lighthizer e al guru dei conflitti nazional-popolari Peter Navarro, accademico screditato che nel governo Trump ha ritrovato una seconda carriera, alla stregua di altri discussi personaggi marginali della politica americana quali il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, imbonitore mai pentito della guerra in Iraq. E' stato Ross, che sta tenendo tra l'altro i rapporti con l'Europa, a precisare adesso che “ci sono prove tali da suggerire che, per decenni, l'import dall'estero ha eroso la nostra industria domestica dell'auto”. E ad annunciare il conseguente immediato avvio di un'indagine ufficiale per valutare “se il declino nella produzione domestica di veicoli e componenti indebolisca l'economia degli Stati Uniti”.
Al che il presidente del Global Automakers Group John Bozzella, che rappresenta i produttori esteri presenti in America, ha risposto senza indugi e con malcelato stupore: “L'industria statunitense dell'auto cresce e brilla”. Azioni a base di dazi, ha aggiunto, porteranno semplicemente a “prezzi piu' alti e a minor scelta per i consumatori”. Molte aziende internazionali dell'auto hanno inoltre grandi impianti negli Stati Uniti, soprattuto nel sud del Paese, spesso protagonisti di export dagli Stati Uniti verso l'estero. E le catene di produzione e forniture sono ormai estremamente globalizzate nel compito e impossibili da spezzare.
Trump e' gia' impegnato in una girandola di battaglie sull'interscambio che hanno sollevato lo spettro di escalation delle tensioni e di vere e proprie guerre economiche e questa diventerebbe l'ultima. Con la Cina, il principale accusato di commercio sleale, sta considerando un disgelo per evitare serie crisi, ma l'incertezza rimane elevata nonostante una tregua da poco dichiarata sull'imposizione di sanzioni contro 150 miliardi di import da Pechino.
Ma è con gli alleati, in particolare occidentali, che le dispute si stanno rivelando particolarmente ostiche: sui gia' citati acciaio e alluminio nei confronti della Ue, come anche con Canada e Messico, i partner nell'accordo di libero scambio nordamericano Nafta che l'amministrazione sta rinegoziando e dove sono emersi ostacoli - in particolare sull'auto.
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