Dalla promozione della mobilità professionale all’annuncio di «cinque milioni di posti per i giovani». Dal potenziamento della «Autorità sociale per il lavoro» alla leva della green economy come fucina di occupazione. Il dibattito politico sulle elezioni europee del 23-26 maggio si concentra soprattutto sulla questione migratoria, i giochi di alleanze fra partiti e la crescita (teorica) delle forze della destra nazionalista nell’Eurocamera. Eppure c’è un altro argomento che dovrebbe dominare l’offerta dei manifesti stilati dai principali gruppi in corsa: il lavoro, declinato soprattutto come la creazione di opportunità stabili per le nuove generazioni. Il range anagrafico più fragile a livello occupazionale, non solo fra fanalini di coda come Grecia, Spagna e, naturalmente, Italia.
Secondo dati della Commissione europea, il braccio esecutivo di Bruxelles, la Ue registra un totale di 3,3 milioni di disoccupati nella fascia 15-24 anni e 5,5 milioni di Neet (i giovani che non studiano né lavorano), mentre il tasso di disoccupazione giovanile resta saldo intorno al 15%: un dato in calo rispetto al 24% che si toccava nel 2013, ma comunque pari al doppio rispetto agli standard di disoccupazione generale. Come rispondono i vari partiti?
Il Ppe: obiettivo cinque milioni di posti di lavoro
Il Partito popolare europeo, la famiglia di centrodestra che occupa il maggior numero di scranni all’Eurocamera, riassume
il suo obiettivo nel manifesto dello spitzenkandidat Manfred Weber: «Il nostro obiettivo è di creare cinque milioni di posti di lavoro in Europa nei prossimi anni». Come? Il
traguardo dei Popolari, a quanto scrive Weber, è di «arrestare la fuga dei cervelli» con «investimenti sul potenziale europeo»
in quattro settori cardine: commercio, infrastrutture, innovazione e l’economia sociale di mercato. Una strategia confermata
dalmanifesto complessivo del Ppein vista del voto di maggio: il target dei cinque milioni di posti è legato a una ricetta economica che prevede «apertura
dei nuovi mercati in Europa e legami con altri mercati nel mondo, supporto alle Pmi per la crescita e l’aumento di occupazione
e definizione di una politica industriale per il 21esimo secolo». Sul tema industriale, il Ppe si schiera a favore di una
modifica delle regole sull’antitrust, per favorire la nascita di «campioni industriali» frutto di merger interni ai confini Ue. Un atteggiamento in discontinuità con la linea della Commissione europea uscente e in particolare
della titolare alla Concorrenza, Margrethe Vestager, nel mirino dei Popolari per aver bloccato la fusione nel ferroviario fra i colossi Alstom e Siemens. Per quanto riguarda le nuove generazioni, il Ppe prevede un pacchetto che include sostegni famigliari alle giovani coppie,
incentivi agli imprenditori sotto una certa soglia di età, rafforzamento del programma Erasmus e di DiscoverEU Interrail.
I Socialisti: salari minimi, lotta a precariato e «piena occupazione giovanile»
I Socialisti e democratici, il gruppo dell’Eurocamera che riunisce i principali partiti di centrosinistra, menziona il «lavoro» 12 volte nel proprio programma. Gli obiettivi centrali sono quelli che hanno sempre caratterizzato la linea del gruppo politico: reti di protezione sociale
per chi perde il lavoro, contrasto alla precarietà («nessun lavoro senza un contratto, nessun lavoro senza un salario equo
e divieto dei contratti a zero ore e dei falsi contratti di lavoro autonomo») e l’instaurazione di salari minimi «dignitosi»
in tutti i paesi Ue. Il gruppo insiste anche su una «forte Autorità europea del lavoro», dotata dei «poteri necessari per
lottare contro il dumping sociale e assicurare un'equa mobilità del lavoro nell'Unione Europea», e su investimenti in R&D e industria per fare da volàno
all’occupazione.
Il partito dedica ai giovani un capitolo ad hoc del manifesto, anche se la questione lavorativa rientra in una porgrammazione più ampia su demografia, istruzione e ricambio generazionale. Fra le proposte tangibili ci sono l’ampliamento e la riforma di Garanzia Giovani, il programma europeo per favorire l’inserimento degli under 30 esclusi dal mercato del lavoro. A cinque anni dalla sua attivazione, come ha scritto Il Sole 24 Ore, il programma conta 1,4 iscrizioni, ma solo 641mila avviamenti a soluzioni di politica attiva.
I Liberali: le priorità sono mobilità e competenze digitali
Il manifesto approvato dall’Alleanza dei liberali e dei democratici (Alde)spinge soprattutto sui fronti di mobilità professionale e formazione delle competenze richieste da un «lavoro intelligente»,
allineato agli ultimi sviluppi dell’economia digitale. Fra le proposte sul primo fronte ci sono l’abbattimento degli ostacoli
di ingresso nella Ue per ragioni di lavoro, con l’estensione della validità della Carta Blu («perché possa essere utilizzata
come permesso di lavoro a livello europeo in base a criteri oggettivi») e uno stimolo agli spostamenti interni alla Ue, per
«contrastare la disoccupazione e colmare le carenze di manodopera, con conseguente aumento della competitività dell'Ue e riduzione
dello squilibrio tra competenze e lavoro».
Sul secondo si parla dell’aggiornamento delle competenze «con cui affrontare il XXI secolo, colmando nel contempo il divario
generazionale delle competenze digitali», favorendo un’istruzione «incentrata sul pensiero critico, sulle competenze imprenditoriali
e pratiche, sulla flessibilità e sul pensiero sistemico e interdisciplinare». L’Alde sponsorizza «maggiori investimenti nell'istruzione
e nella formazione professionale, una maggiore diffusione del tirocinio e una più
ampia partecipazione ai progetti Erasmus», oltre a insistere sui finanziamenti all a Ricerca&Sviluppo come leva per la «creazione
di posti di lavoro sostenibili». Il manifesto dedica attenzione anche alla causa della parità di genere, facendo pressing
sulla Ue perché si impegni «nel garantire la presenza delle donne nel mercato del lavoro in modo da sfruttarne al meglio
il potenziale economico».
I Verdi: Green new deal, reddito minimo e lavoro «dignitoso» per i giovani
Nel loro programma, i Verdi europeo ribadiscono linee guida per la creazione di un «lavoro di qualità»: investimenti per una riconversione
green della politica industriale, politiche sociali e un focus sulle nuove generazioni, dall’istruzione a canali di accesso privilegiati
nel mercato dell’occupazione. Il gruppo rilancia l’ipotesi di un «Green new deal», un piano industriale ecologico che spinga
la Ue verso «una transizione equa verso un'economia circolare a zero emissioni di carbonio», facendo avanzare di pari passo
lo sviluppo di «tecnologia digitale e della tecnologia pulita».
Sul capitolo delle politiche sociali, il gruppo favorisce lo sviluppo di rete di protezione che aumenti le tutele e i meccanismi di ridistribuzione. All’ordine del giorno c’è anche una proposta di direttiva sul reddito minimo: «È necessario garantire una retribuzione equa, diritti sindacali e condizioni di lavoro dignitose - si legge nel Manifesto - Il quadro normativo europeo deve fare in modo, attraverso una direttiva sul reddito minimo approvata dal prossimo Parlamento europeo». Su scala nazionale il gruppo promuove anche «esperimenti a livello nazionale su regimi di reddito di base universale e di riduzione dell'orario di lavoro», oltre a chiedere maggiori garanzie per i lavoratori in mobilità e migranti.
Le proposte sulle nuove generazioni sono concentrate su un capitolo a sé, favorendo il «diritto all'emancipazione giovanile» con una serie di misure chiave: accesso all’istruzione superiore «a prezzi accessibili», reddito minimo e reddito di base per gli under 30, potenziamento massiccio dell’Erasmus (con il «decuplicamento» dei fondi, per consentire a tutti i giovani di «avere la possibilità di partecipare a un programma di scambio indipendentemente dal contesto finanziario o dalla carriera educativa»).
La sinistra e il (non) manifesto delle destre
Fra le altre forze in corsa per il voto di maggio, il lavoro sembra diluito nella linee generali di politica economica. La
Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica accentua l’urgenza di una ridistribuzione delle risorse, veicolata dal contrasto
alla «dottrina economica» prevalente nella Ue: un’azione che dovrebbe articolarsi, secondo il manifesto, «dal coordinamento
di diverse aree di policy, dalla richiesta di un’occupazione migliore e diritti sociali alla denuncia dell’impatto devastante
dell’elusione fiscale». Spostandosi alla destra del Ppe, per ora, i vari partiti conservatori non hanno formalizzato un manifesto
(o più manifesti) programmatici. Il gruppo dei Conservatori e dei riformisti, la famiglia che ospita al suo interno i conservatori
britannici, non ha voluto pubblicare un manifesto in blocco. Un portavoce del gruppo fa sapere che le posizioni dei vari partiti
nazionali sono troppo eterogenee per essere ricomprese in un unico documento programmatico. Un’eccezione è rappresentata dall’Alleanza
europea dei popoli e delle nazioni, il soggetto politico lanciato da Salvini lo scorso 8 aprile, anche se l’annuncio delle
linee guida non si è tradotto in un documento scritto in vista delle elezioni. Per ora, comunque, il gruppo sembra orientato
soprattutto su una strategie improntate a rivendicazioni identitarie (difesa delle frontiere esterne e maggiore potere ai
governi) e commerciali (difesa del «made in Europe»).
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