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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 17:39.
In alcune commissioni tributarie provinciali di Bari e regionali per la Puglia la corruzione era diventata un sistema operativo. Perché il processo tributario avesse una benevola risoluzione bastava elargire la «gibbanza», termine dialettale per alludere alla tangente da versare. Tangenti rappresentate da somme di denaro o televisori Lcd, da personal computer o da costosi capi di abbigliamento, che arrivavano fino alla nomina nei collegi sindacali di importanti società pugliesi. Guarda il video.
La commissione tributaria pugliese ha emesso sentenze che, nel 98% dei casi, sono state a favore del contribuente che si opponeva all'Agenzia delle Entrate. È stato questo dato ad insospettire i militari della Guardia di finanza, coordinati dal colonnello Antonio Nicola Quintavalle, che hanno compiuto le indagini che hanno permesso di accertare che venivano pagate tangenti per pilotare sentenze. I militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Bari, su richiesta della procura di Bari, hanno eseguito 17 arresti.
In carcere un giudice della commissione tributaria regionale pugliese e 3 commercialisti, ai domiciliari sette commercialisti, un funzionario della commissione tributaria regionale Puglia, un avvocato, due imprenditori e un funzionario di banca. L'inchiesta vede indagati altri 30 soggetti fra i quali giudici tributari, avvocati, commercialisti e professori universitari.
L'operazione ha portato al sequestro di beni mobili e immobili per un valore di circa 200 milioni di euro, tra cui 5 aziende, 22 appartamenti e 62 terreni. I contenziosi il cui esito è stato falsato ammontano a oltre 100 milioni di euro, pari al 20% dei contenziosi definiti nel 2009.
Grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e appostamenti l'inchiesta ha provato che giudici, funzionari delle commissioni, commercialisti e avvocati si incontravano in uffici o in locali pubblici per stabilire come "aggiustare un processo. In pratica i giudici tributari predisponevano direttamente i ricorsi e li discutevano in udienza, affidando la difesa a professionisti di comodo. Spesso il bar era il luogo dove si svolgevano gli incontri preparatori alle udienze, che si svolgevano con esito scontato sotto lo sguardo di telecamere nascoste, alla presenza del giudice compiacente.
Le accuse sono di corruzione continuata in atti giudiziari, falsità materiale e ideologica commessa da privati e da pubblici ufficiali in atto pubblico, frode processuale continuata in concorso, riciclaggio, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, responsabilità amministrativa degli enti.