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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2012 alle ore 18:56.
ROMA - Senza un accordo tra le parti sociali al tavolo della produttività, la dote da 1,2 miliardi nel 2013 e 400 milioni nel 2014 per il rifinanziamento della detassazione del salario legata ai livelli produttivi rischia di rientrare nella sfera del miglioramento dei conti pubblici. In caso di mancata intesa, infatti, le risorse non saranno più automaticamente destinate alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo.
A prevedere questo cambio di rotta rispetto a quanto ipotizzato nei giorni scorsi dal Governo è la versione aggiornata della bozza di legge di stabilità che i tecnici dell'Esecutivo stanno continuando ad affinare dopo il via libera del Consiglio dei ministri di martedì notte. I fondi, quindi, vengono sostanzialmente vincolati all'esito del confronto tra imprese e sindacati.
La nuove versione della legge di stabilità conferma la proroga per il prossimo anno della detassazione del salario di produttività con l'aggancio a una «speciale agevolazione» collegabile a un meccanismo maggiormente selettivo. Un nuovo dispositivo da definire nelle prossime settimane (dopo l'accordo tra le parti sociali, anche se la bozza non ne fa esplicito riferimento), con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, definito d'intesa con il ministro dell'Economia, da emanare entro il 15 gennaio 2013.
Ma se l'intesa non sarà raggiunta, il Dpcm rimarrà automaticamente al palo e gli 1,6 miliardi per il prossimo biennio, se il Governo non promuoverà «un'apposita iniziativa legislativa per destinate le risorse ad altra finalità», potranno prendere la strada del «miglioramento dei saldi di finanza pubblica». L'opzione alternativa della riduzione del cuneo fiscale e contributivo viene quindi eliminata. Già tramontata al momento della discussione del testo in Consiglio dei ministri anche l'ipotesi della proroga secca di un anno della detassazione "classica" con la cedolare al 10% da estendere però anche al personale del comparto della sicurezza e della difesa (operazione da 1,6 miliardi nel 2013 e 526 milioni per l'anno successivo).
Se nella versione definitiva del disegno di legge di stabilità, che comincerà lunedì il suo percorso parlamentare dalla Camera, sarà confermata questa impostazione, non è escluso che la questione "detassazione" faccia capolino anche al tavolo sulla produttività. Dopo l'incontro di mercoledì sera questa mattina imprese e sindacati torneranno a vedersi a livello tecnico. Con l'obiettivo di cominciare ad elaborare un testo da sottoporre la prossima settimana ai presidenti delle organizzazioni imprenditoriali e ai segretari generali di Cgil, Cisl, Uil (si veda il Sole 24 Ore di ieri).
Il tempo stringe, visto che il Governo punta a ricevere dalle parti sociali un documento sulla produttività entro il 18 ottobre, data della prossima riunione del Consiglio europeo alla quale parteciperà il premier, Mario Monti. Ma i margini per un'intesa sembrano esserci. Anche perché l'incontro di mercoledì sera si è svolto in un clima costruttivo. E la decisione di dar vita questa mattina a un round tecnico ne è una conferma.
Un eventuale accordo tra imprese e sindacati potrebbe fare da traino anche al tentativo di alzare gli standard di produttività nel pubblico impiego. Al ministero della Pubblica amministrazione esisterebbe un plan già abbozzato. Ma l'approssimarsi della fine della legislatura non gioca a favore del Governo, che aveva indicato la parola «produttività» nel capitolo pubblica amministrazione dell'agenda per la crescita stilata ad agosto dal premier Mario Monti.
Quella ipotizzata a Palazzo Vidoni sarebbe un'operazione in tre tappe. La prima fase dovrebbe essere imperniata sulla creazione di nuovo sistema di valutazione degli statali. Dovrebbe poi prendere il via un dispositivo innovativo di misurazione di tutta l'attività svolta dagli uffici anche per verificare i sovracosti interni. La terza tappa sarebbe quella per introdurre un meccanismo di incentivi selettivi per premiare la produttività. Meccanismo che però potrà essere attivato solo nel momento in cui saranno utilizzabili risorse di cui attualmente il Governo non dispone, come ha lasciato intendere più volte il ministro Filippo Patroni Griffi.
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