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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2012 alle ore 08:14.

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Più fastidioso di un ulteriore aumento del peso del fisco, c'è verosimilmente solo un aumento retroattivo del prelievo. Se la bozza del disegno di legge di stabilità sarà confermata nel testo definitivo che il Governo si appresta a presentare in Parlamento ci troveremo di fronte a un ennesimo, spiacevole caso di arroganza fiscale.

Il motivo è presto detto: spulciando tra articoli e commi del disegno di legge, si scopre che l'annunciata stretta su spese detraibili e oneri deducibili per chi ha redditi oltre 15mila euro, non solo è più pesante di quanto si poteva fino a ieri immaginare, almeno leggendo il comunicato di Palazzo Chigi dopo la lunga seduta del Consiglio dei ministri per varare la legge di stabilità.
Ma, addirittura, che le limitazioni introdotte su molti sconti fiscali - dagli interessi sui mutui agli assegni al coniuge - scattano già nella dichiarazione dei redditi di quest'anno, il 2012. Ridurre i vantaggi di deduzioni e detrazioni equivale, ovviamente, ad aumentare il livello del prelievo. In un contesto generale - fatto di un incrocio inverosimile di aumenti e tagli di imposte - che, a questo punto, diventa quanto mai articolato e complesso.

Innanzi tutto, per i conti pubblici, visto che la retroattività del taglio agli sconti fiscali dovrebbe garantire allo Stato un risparmio di circa 2 miliardi di euro, già sulla "cassa" del 2013. Con un'incognita legata al fatto che se la norma - come auspicabile - dovesse essere cambiata, cancellando almeno la retroattività, il Governo si troverà nell'emergenza di dover reperire altrove queste stesse risorse.
C'è poi una questione di bon ton, se proprio non vogliamo scomodare l'etica. Una questione che si lega strettamente al crescente disagio fiscale di cittadini e operatori. Un malessere che, certamente, riguarda il livello esorbitante del carico tributario ma anche la percezione di una sorta di asimmetria dei comportamenti. Con uno Stato che si prende, troppo spesso, diritti che ai cittadini sono invece negati. Consentendo al fisco di rinnegare per primo la sua carta fondamentale, lo Statuto dei diritti dei contribuente.

Non a caso, nella bozza del Ddl di stabilità, la retroattività della norma su deduzioni e detrazioni fiscali è "tutelata", almeno nella forma, da una specifica deroga allo Statuto del contribuente. Il quale, ricordiamolo, non consentirebbe al legislatore di modificare per il passato le norme fiscali, specie se ciò comporta un aggravio per i contribuenti.
Sappiamo che si tratta di una delle norme più "violate" dello Statuto. Ma sappiamo anche che questo modo di agire non si concilia affatto con l'esigenza sempre più urgente di migliorare il rapporto tra fisco e contribuenti, primo passo (anche se non unico) per una solida strategia di contrasto all'evasione fiscale impostata sulla tax compliance.
Resta, infine, l'intreccio di riduzioni e aumenti di tassazione. Che messaggio esce da questo Ddl di stabilità, che tanto ricorda le vecchie finanziarie che pensavamo sepolte per sempre?
Se si voleva davvero lanciare un segnale di fiducia al Paese, allora si dovevano valutare con più attenzione le scelte su Iva e Irpef (pur confermando che - in linea di principio - spostare l'asse del prelievo dall'imposizione diretta a quella indiretta può essere una scelta corretta).

Il risultato del caos che si viene a creare (anche di messaggi contrapposti) è sotto gli occhi di tutti ed è scandito dal calendario: le aliquote dei due primi scaglioni di reddito si riducono a partire dal 1° gennaio 2013; per l'Iva scatta dal 1° luglio 2013 l'aumento di un punto sia dell'aliquota ordinaria sia di quella agevolata; però detrazioni e deduzioni si riducono subito (pur con effetti a giugno-luglio 2013, quando si presenterà la dichiarazione dei redditi). Alla fine, qualcuno ci guadagnerà? Oppure - come i primi calcoli tendono a fare emergere - ci perderanno un po' tutti? Attendiamo certezze. Per ora resta la spiacevole percezione di uno Stato che con una mano dà e con l'altra riprende.

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