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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2012 alle ore 19:00.
Si è comprato la casa con grandi sacrifici, ha messo da parte e investito un po' di denaro e, soprattutto, rappresenta il baluardo che fronteggia la crisi con tutte le proprie risorse. Il risparmiatore italiano non da oggi viene indicato come esempio di solidità che gli shock finanziari mondiali stanno mettendo a dura prova e per il quale quest'anno si sono aggiunte importanti novità fiscali culminate con la Tobin tax.
Spinto con forza dall'Unione europea, il prelievo sugli scambi finanziari nasce per colpire la speculazione sui mercati ma, applicando un'aliquota unica (lo 0,05%) su azioni, titoli e sui derivati (esclusi titoli di Stato e aumenti di capitale), inevitabilmente ricade in modo non certo soft sul risparmiatore. Che sia un cassettista, il quale acquista azioni per tenerle per un certo periodo, o che faccia trading, comprando e vendendo titoli magari attraverso le piattaforme online, alla fine questa tassa lo metterà infatti in posizione di svantaggio proprio rispetto ai grandi speculatori, imponendogli di riflettere sulle strategie di investimento.
Escluse invece, secondo la bozza, le obbligazioni societarie che stanno vivendo un momento di grande interesse anche fra i risparmiatori. Una raccolta strategica di denaro fresco da parte delle aziende in una fase di credit crunch. Certo, la Tobin tax diventerebbe veramente efficace se fosse applicata a livello globale, cosa che non avverrà, ma già dai primi passi parte comunque sbilanciata per il peso che le si vuole dare e per chi ne dovrà sostenere l'onere. Guardiamo al mercato dei derivati: ha infatti sicuramente volumi più elevati di quelli di azioni e bond e operatori strutturati in grado di muoversi con tecnologie e rapidità incredibili. Un territorio dove la speculazione può spadroneggiare: per questo metterlo sullo stesso piano del risparmiatore che si muove su canali tradizionali crea senza dubbio una penalizzazione forte.
Certamente il 2012 sarà ricordato come l'anno delle grandi novità sul fronte delle rendite finanziarie. Sulle azioni, ad esempio, dal primo gennaio la tassazione è passata dal 12,5% al 20%, l'aliquota sui conti correnti è scesa dal 27 al 20% attuando così l'unificazione dell'aliquota dei redditi di capitale e dei capital gain, mentre sui titoli di Stato (esclusi dalla Tobin) così come sui Buoni postali il prelievo è rimasto al 12,5%: una grande «ristrutturazione» fiscale attuata proprio per permettere a quella ricchezza del Paese che è il risparmio di muoversi con norme definite. Per questo anche dall'Europa dovrebbero arrivare regole efficaci, ma equilibrate.
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