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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2013 alle ore 12:30.

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Avanti con il modello Rubik. Tanto più che con l'Italia i negoziati fiscali procedono e lasciano spazio ad una possibile conclusione positiva dopo le elezioni. È il leit motiv dei banchieri elvetici presenti al World economic forum di Davos. «La qualità del dialogo tra Svizzera e Italia – dice Patrick Odier, presidente dell'Associazione svizzera dei banchieri (Asb) – è oggi molto migliore rispetto ad un anno fa. Con la riapertura dei negoziati fiscali siamo rientrati in un clima più normale di relazioni. A questo punto penso che ci siano anche buone possibilità di concludere l'accordo, dopo le elezioni italiane».

Da parte del Governo italiano c'è stata per la verità molta prudenza nelle settimane scorse sull'esito del negoziato, ma sul versante elvetico viene considerato di buon auspicio il fatto che la trattativa non sia stata interrotta in questa fase pre-elettorale, che i colloqui continuino in sede tecnica. Anche il ministro elvetico delle Finanze, la signora Eveline Widmer-Schlumpf, lo ha fatto notare qui a Davos dopo un incontro con il premier Mario Monti, aggiungendo che su alcuni punti un'intesa c'è già.
Oltre al dossier su Rubik, cioè l'accordo che prevede una imposta liberatoria anonima sui capitali non dichiarati depositati in Svizzera, sul tavolo ci sono la revisione della convenzione sulla doppia imposizione, i ristorni legati ai frontalieri, le liste nere fiscali italiane, la situazione della enclave di Campione d'Italia, il livello di accesso al mercato italiano per le banche svizzere.

È chiaro che Rubik rappresenta il dossier principale. Accordi di questo tipo sono già in vigore con Regno Unito e Austria. In Germania però la Camera dei Länder ha respinto l'intesa con Berna e la Francia dal canto suo non ha neppure iniziato la trattativa. Patrick Odier la vede in modo diverso: «In Germania il Governo è d'accordo con Rubik; l'opposizione è riuscito a bocciarlo in un ramo del Parlamento, ma bisogna pensare al clima elettorale. Anche in Germania dopo le elezioni le sensibilità saranno diverse e il discorso si potrà quindi riaprire. Con la Francia la situazione è in effetti complicata, credo che occorra fare come con l'Italia, cioè aprire un tavolo di trattativa con molti dossier».

Odier insiste: lo scambio automatico di informazioni fiscali non va bene, non solo perché non rispetta le norme elvetiche (segreto bancario, o meglio tutela della sfera privata), ma anche perché è inefficiente. Rubik invece può funzionare, dice il presidente dei banchieri elvetici, perché tassa i capitali sin qui non dichiarati pur mantenendo la tutela della privacy. Resta il nodo delle aliquote di tassazione, ma questo è demandato ai negoziati bilaterali. Sulla stessa lunghezza d'onda è Boris Collardi, chief executive officer della banca zurighese Julius Bär: «Come banche svizzere non dobbiamo cambiare linea, tanto più che due accordi Rubik sono già in vigore. È molto positivo che le trattative con Roma non si siano interrotte». Anche Herbert Scheidt, presidente del cda di Vontobel, banca storica zurighese, ritiene che la Svizzera debba rimanere dentro gli argini di Rubik: «Occorre proseguire con i negoziati in corso, ora soprattutto con l'Italia. Abbiamo adottato questa linea, che è equilibrata ed efficace. L'alternativa dello scambio automatico va oltre gli standard Ocse e non funzionerebbe».

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