2. Licenziamenti disciplinari / Reintegro solo se non sussiste il fatto materiale

Il Dlgs con la nuova normativa sul contratto a tutele crescenti modifica anche il regime sanzionatorio nei licenziamenti disciplinari. Dopo un lungo braccio di ferro all'interno della maggioranza e, nello stesso partito principale, il Pd, si è giunti a un compromesso che fa rimanere la tutela reale del reintegro quando sia «direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore».
Oggi la legge Fornero, nei licenziamenti disciplinari, prevede la reintegra in due fattispecie: «Se è insussistente il fatto contestato; o se il medesimo fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro o dei codici disciplinari applicabili».
Le modifiche operate dal Governo operano quindi in due direzioni. Da un lato viene meno il riferimento alle tipizzazioni contenute nei Ccnl (e questo è un passo avanti considerato il fatto che spesso queste previsioni sono piuttosto generiche e sempre interpretabili). Dall'altro lato, si limita l'insussistenza del fatto al solo fatto materiale (con esclusione, dunque, del caso in cui il giudice accerta il fatto materiale, ma esclude la sussistenza del “fatto giuridico” per “carenza dell'elemento psicologico”).
In pratica, ora, il presupposto per la reintegrazione, spiega il professor Pietro Ichino, ordinario di diritto del Lavoro alla Statale di Milano, «è costituito dal fatto che sia raggiunta una prova piena dell'insussistenza del fatto contestato. E soprattutto non basta più che la decisione del giudice si fondi sull'insufficienza della prova circa il fatto acquisita per documenti o per testimoni, ovvero sulla possibile sussistenza di un ragionevole dubbio circa la colpevolezza del lavoratore. Quando di questo si tratti, il lavoratore avrà diritto soltanto all'indennizzo».
Il Dlgs specifica poi come rispetto all'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore resta «estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento»: anche qui l'intenzione del Legislatore aggiunge il professor Ichino « è delimitare più nettamente l'area del reintegro, escludendone in modo esplicito le situazioni nelle quali il fatto contestato sussista, ma sia ritenuto dal giudice di per sé insufficiente a motivare un licenziamento».
Ma la discrezionalità dei magistrati seppur ridotta, non viene meno del tutto: per questo motivo una parte della maggioranza, Ncd e Sc, premono per introdurre la clausola dell'opting out per consentire sempre al datore di lavoro di convertire la reintegra pagando un maxi-indennizzo. Qui però il Pd è fortemente contrario.
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