1. Licenziamenti economici / Tutele crescenti fino a 24 mensilità

La legge Fornero, nel 2012, aveva modificato l'articolo 18 mantenendo il reintegro, nei licenziamenti economici, nel caso di manifesta insussistenza del fatto posto alla base dell'atto di recesso. Oggi il governo, varando il Dlgs con la nuova normativa sul contratto a tutele crescenti, cancella anche questa previsione nei licenziamenti per motivi economici e organizzativi. E quindi, se tali licenziamenti sono illegittimi, scompare per sempre la tutela reale, che lascia il posto a un ristoro economico, certo e crescente con l'anzianità di servizio del lavoratore.
La nuova normativa è piuttosto chiara. Se non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (quindi le ragioni economiche) il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna l'imprenditore al pagamento di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio fino a un massimo di 24 mensilità. Questo significa che dopo il 12esimo anno di anzianità lavorativa al dipendente licenziato (illegittimamente) verrà corrisposto comunque un indennizzo massimo di 24 mensilità.
Il braccio di ferro all'interno della maggioranza ha portato ad aumentare da 1,5 a due mensilità per anno di servizio l'indennizzo-base; e poi, per evitare licenziamenti facili nella prima fase del rapporto, è stato introdotto anche un indennizzo minimo da far scattare subito dopo il primo gradino dei due anni: l'entità di questo indennizzo minimo è stata fissata in quattro mensilità.
Nelle bozze precedenti alla stesura del Dlgs era ricompreso nella nozione di giustificato motivo oggettivo anche lo scarso rendimento. Il premier Renzi ha poi deciso di espungere questo riferimento. Già oggi del resto lo scarso rendimento può assumere rilievo sia come motivo disciplinare di licenziamento (cioè una negligenza del lavoratore) sia come motivo oggettivo-economico, organizzativo.
Nelle ultime bozze si era ipotizzato anche di applicare una indennità rafforzata per le imprese sopra i 200 dipendenti, ma questa soluzione è stata poi abbandonata.
Il provvedimento introduce anche la possibilità di una conciliazione standard. In questo caso il datore di lavoro può offrire al lavoratore licenziato un importo che non costituisce reddito imponibile Irpef e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, pari a una mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per anno di servizio, in misura non inferiore a due e non superiore a 18, mediante consegna di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno comporta l'estinzione del rapporto di lavoro.
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