Il decreto legge aumenta i tempi e i casi di trattenimento degli stranieri espulsi o respinti con lo scopo di tentare di aumentare il tasso di effettivo allontanamento degli stranieri (soprattutto di quelli che siano entrati o abbiano soggiornato in condizioni irregolari). Anzitutto si eleva da 90 a 180 giorni il periodo massimo complessivo del trattenimento in un Centro di permanenza per i rimpatri disposto dal questore nei confronti dello straniero che deve essere espulso o respinto con accompagnamento alla frontiera e per il quale vi siano impedimenti oggettivi al rimpatrio.
Si aumenta, sempre da 90 a 180 giorni, il periodo di detenzione dello straniero espulso che si trovi in un istituto penitenziario, superato il quale lo straniero può essere trattenuto presso il centro di permanenza per i rimpatri per un periodo massimo di 30 giorni.
Tali aumenti appaiono opinabili. Infatti, erano stati già più volte operati in passato fino ai 18 mesi massimi complessivi consentiti dalla direttiva Ue
sul rimpatrio degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare. Tuttavia erano stati poi ridotti a 90 giorni dal 2014
proprio perché anche le forze di polizia avevano constatato l’inutilità pratica di aumentare il tempo di trattenimento in
mancanza di un numero di posti adeguati e in mancanza di un’effettiva possibilità di rimpatrio di molti stranieri. Insomma,
il trattenimento è funzionale all’effettiva espulsione soltanto se riguarda i cittadini di taluni Stati più collaborativi
e se gli impedimenti all’accertamento dell’identità e della nazionalità sono rimossi nei primi giorni.
In secondo luogo, si prevede che, nel caso non vi sia disponibilità di posti nei Centri di permanenza per i rimpatri o in
quelli ubicati nel circondario del Tribunale competente, su richiesta del questore, il giudice di pace possa autorizzare (con
il decreto di fissazione dell’udienza di convalida) la temporanea permanenza dello straniero in strutture diverse e idonee, nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza, fino alla definizione del procedimento di convalida (48 ore).
Inoltre qualora le condizioni di indisponibilità dei posti permangano anche dopo l’udienza di convalida, il giudice può autorizzare
la permanenza in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza
di convalida.
Questo nuovo tipo di trattenimento appare incostituzionale per violazione delle garanzie per la tutela della libertà personale e delle prescrizioni delle direttive Ue. La legge, infatti,
non precisa in modo tassativo né i casi eccezionali di necessità e urgenza in cui l’autorità di pubblica sicurezza potrà disporre
questo trattenimento, né i luoghi del trattenimento, né le modalità del trattenimento che, secondo la direttiva UE, deve comunque
consentire contatti con familiari, difensori, enti di tutela, vitto e alloggio e spazi all’aperto.
Per tentare di aumentare il numero effettivo dei rimpatri il decreto prevede anche l’aumento dei fondi per la costruzione dei centri di permanenza temporanea per il rimpatrio e la destinazione di somme che in precedenza erano già state stanziate per il rimpatrio volontario
assistito anche per realizzare anche altre forme di rimpatrio (anche coercitivo). Si aggiungono infine modifiche ai divieti
di rientro degli espulsi, che devono essere segnalati al SIS (Sistema informativo Schengen) quali divieti di ammissione in
ogni altro Stato dell’Ue.
Il Senato in sede di conversione del decreto legge ha ulteriormente inasprito il sistema, prevedendo una sostanziale equiparazione al provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal Prefetto del respingimento
differito disposto dal Questore nei confronti dello straniero che sia stato fermato alla frontiera e sia stato ammesso per
ragioni di pubblico soccorso o che abbia eluso i controlli di frontiera. Recependo la sentenza n. 275/2017 della Corte costituzionale
si prevede che anche questi respingimenti siano inviati al giudice di pace entro 48 ore per la convalida entro le successive
48 ore, sentito il difensore e l’interessato. Tuttavia, si prevede anche che i respinti siano sottoposti al medesimo divieto
di rientro previsto per gli espulsi e siano arrestati e puniti per il rientro irregolare con i medesimi reati previsti per
gli espulsi.
Tutte queste misure mirano ad innalzare il tasso di effettiva esecuzione dei rimpatri, che però è tuttora molto basso a causa delle difficoltà di identificare identità e nazionalità degli stranieri e di svolgere
le operazioni di rimpatrio nei rapporti con gli Stati di origine. Questi, in mancanza di accordi di riammissione, non accettano
l’ingresso sul loro territorio di persone che non siano state effettivamente identificate come propri cittadini o che non
si sia accertato che siano transitati dal loro territorio per poi entrare irregolarmente nel territorio italiano. Accordi
simili sono in vigore soltanto con Albania, Tunisia, Marocco, Nigeria e pochi altri Stati, ma le difficoltà bilaterali restano
notevoli anche perché l’Italia non garantisce alcuna effettiva quota preferenziale di ingresso regolare ai loro cittadini.
È chiaro dunque che per ridurre il tasso di rimpatri ineseguiti occorrerebbe anzitutto prevenire gli ingressi e i soggiorni
irregolari. Poiché l’Italia è al centro del Mediterraneo e in crisi demografica e non cessano le cause sociali, politiche ed economiche
che spingono le persone a lasciare molti altri Stati, la prevenzione dell’immigrazione irregolare e la tutela della sicurezza
si possono fare anche aumentando gli ingressi e i soggiorni regolari, ma una simile scelta è spesso difficile da accettare
per molte parti politiche perché sembra contrastare con le esigenze dei cittadini meno favoriti.
Il decreto legge, rendendo ancor più difficile l’accesso al diritto di asilo, rendendo più precaria la condizione dei richiedenti asilo e aumentando il trattenimento degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare, non prevede alcuna misura per favorire gli ingressi e i soggiorni regolari. L’esperienza degli ultimi trenta anni dimostra che simili misure non aumentano effettivamente i rimpatri, né diminuiscono l’ingresso e il soggiorno degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare, ma finiscono per aumentarli lasciandoli sul territorio dello Stato in una condizione in cui la persona è priva di effettivi controlli e capace di essere sfruttata da chiunque per potere sopravvivere. Si tratta dunque di misure che non diminuiscono affatto, ma che alla fine aumentano i rischi per la sicurezza di tutti, contrariamente agli intenti di chi ha voluto il decreto legge.
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