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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2010 alle ore 08:05.
Gerardo Pelosi
ROMA
C'è voluta la paura dell'attacco speculativo contro l'euro per risvegliare nel governo italiano l'attaccamento ai valori profondi dell'europeismo e rimuovere il brutto ricordo delle intemerate leghiste contro Bruxelles. Silvio Berlusconi, che da venerdì aveva speso ogni sforzo e «messo la faccia» nella guerra tra stati e mercati solo ieri mattina all'alba, ad Arcore, ha confidato ai suoi stretti collaboratori con un liberatorio «ce l'abbiamo fatta» che l'incubo durato per tutto il week end era passato e l'attacco all'euro definitivamente respinto. Le chiusure dei mercati asiatici nella notte e le aperture di quelli europei parlavano chiaro. Gli speculatori globali avevano recepito il messaggio e si erano adeguati al nuovo scenario. Nessuna «dichiarazione d'intenzioni» come aveva chiesto l'Italia ma «azioni concrete ed efficaci».
Sono stati in molti a complimentarsi con Berlusconi per l'azione diplomatica messa in atto dall'Italia. Ma tra i tanti complimenti quello che il premier ha incassato con particolare soddisfazione è giunto dal Quirinale con il presidente Giorgio Napolitano che ha dato atto come «nel momento culminante della crisi» l'Italia abbia fatto la sua parte «nel senso giusto, secondo il ruolo che l'ha storicamente caratterizzata: proporre e sollecitare più Europa, più unità, più integrazione contro ogni ripiegamento su meschini, indifendibili egoismi nazionali».
Che bisognasse uscire dalle logiche burocratiche e dare forti messaggi politici era già chiaro a Palazzo Chigi la mattina di venerdì scorso. La lettera a firma congiunta Merkel-Sarkozy del giorno prima sembrava l'ennesimo rito preparatorio di un Eurogruppo condannato a non decidere. Il consigliere diplomatico di Berlusconi, Bruno Archi, insieme al rappresentante permanente a Bruxelles, Ferdinando Nelli Feroci e al direttore del Tesoro Vittorio Grilli già prima della partenza per Bruxelles avevano preparato i contatti telefonici di Berlusconi con il cancelliere Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy, il premier spagnolo José Luis Zapatero, il presidente della Commissione José Manuel Barroso e il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy.