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Tremonti: ora l'Europa c'è

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2010 alle ore 08:05.

Isabella Bufacchi
ROMA
L'opzione "A", quella matassa aggrovigliata di prestiti bilaterali in aiuto alla Grecia osteggiata fin da subito dall'Italia, resterà un caso isolato, con le sue debolezze e le sue contraddizioni. L'opzione "B", che istituisce un veicolo emittente di bond per aiutare i paesi dell'Eurozona in crisi e che fa perno sul nuovo ruolo della Banca centrale europea, è stata promossa fin dal 18 aprile dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. È poi stata rilanciata dall'Italia nel più lungo week end della storia dell'euro, appoggiata venerdì sera vigorosamente dai premier francese e portoghese, Nicolas Sarkozy e José Socrates, e infine accettata e sottoscritta, con qualche inevitabile ritocco di compromesso, dal cancelliere tedesco Angela Merkel che ha inserito la facoltà di finanziare il fondo-veicolo anche con prestiti e non solo con garanzie.
È questa la storia della "soluzione italiana" alla crisi del debito pubblico in euro e all'attacco speculativo sferrato contro la stabilità finanziaria dell'eurozona. L'accordo raggiunto all'Ecofin ha consentito di «evitare la catastrofe», sottolineava ieri Tremonti, rivendicando il ruolo dell'Italia. «L'unione monetaria aveva due punti deboli. Alla Bce mancava la strumentazione di emergenza e sul fronte della commissione ci si affidava al meccanismo troppo farraginoso degli aiuti bilaterali». Ora per il ministro «l'Europa è molto più forte. C'è stato un cambio di filosofia enorme. Nei casi di crisi la fiducia può essere ristabilita sia su intervento della Bce sul mercato dei titoli sia attraverso il fondo, il veicolo che abbiamo ideato».
Tutto questo, per Tremonti, ha un corollario importante: «L'esigenza che ci sia rigore sul fronte delle politiche fiscali da parte dei paesi più a rischio». Il ministro pensa soprattutto a Spagna e Portogallo, «perché l'Italia in questi giorni per fortuna non è stata tra quelli sul banco degli imputati».
Tremonti è soddisfatto. In serata registra anche una serie di interviste televisive: «Abbiamo temuto che l'Europa alla fine si dissolvesse; invece ha dimostrato di essere capace di fare il bene di tutti. Il bene comune ha vinto contro la speculazione».

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È proprio a un'Europa più forte che in fondo mirava la proposta italiana, che per uscire dalla crisi aveva individuato un meccanismo per sanare i due «difetti» dell'impianto della moneta unica cui fa riferimento il ministro: una Bce concentrata sulla difesa del valore della moneta e l'inflation targeting, ma povera di strumenti - come l'acquisto di titoli di stato - per gestire le emergenze come il dilagare del panico sul debito sovrano; l'assenza di un meccanismo o di un istituto come un fondo, che potesse indebitarsi sul mercato, emettere bond e raccogliere fondi per aiutare gli stati in crisi di liquidità e di rifinanziamento del debito. La bozza del documento presentato da Tremonti al vertice Ecofin del 18 aprile 2010 punta su «un ombrello europeo: il fondo europeo di stabilizzazione». Invece di procedere con una strategia di stabilizzazione affrontando caso per caso i problemi del debito pubblico dei paesi europei, l'Italia propone già all'epoca «un fondo per stabilizzare il mercato dei titoli di stato, che avrebbe lavorato in via congiunta con il Fmi». La cifra complessiva citata da Tremonti orbita tra i 900 e i 1.000 miliardi di dollari. E un nuovo ruolo della Bce, nel rispetto della sua autonomia e indipendenza, ma più pro-attivo per evitare all'eurozona crisi di proporzioni sistemiche. Una soluzione che porta anche la firma del direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, un supertecnico proprio per la gestione del debito pubblico.
Lo scorso venerdì mattina l'Italia inizia a raccoglie consensi sul suo piano. Piace alla Francia, al Portogallo, alla Spagna, alla Bce e persino Angela Merkel inizia a riconoscere che serve qualcosa di forte e decisivo. Il sistema bilaterale non ha funzionato. Venerdì sera, alla cena dei capi di stato, il premier Silvio Berlusconi incassa l'appoggio incondizionato di Nicolas Sarkozy e di Socrates. Ma tra sabato e domenica parte l'offensiva diplomatica italiana. Scendono in campo, favorevoli, José Luis Zapatero, il presidente della Commissione europea Barroso, il presidente permanente della Ue Van Rompuy. Ma la Germania tira il freno: colpa delle elezioni incombenti e qualche malumore di troppo a Francoforte per la sua autonomia. La decisione finale viene così rinviata a domenica notte. Vince un compromesso. La soluzione franco-italiana prevede la nascita di un fondo europeo di stabilizzazione, quindi un istituto posseduto dall'Unione che avrebbe emesso gli "union-bond". La Merkel è per l'aiuto bilaterale, ma alla fine accetta uno special purpose vehicle posseduto dagli stati membri dell'eurozona, che come azionisti lo garantiscono oppure lo finanziano con prestiti (queste seconda opzione risultava ancora ieri sera preferita dalla Germania). Lo spv nella versione finale è dunque una scatola vuota, non comunitaria, che si indebita prevalentemente grazie alle garanzie o ai prestiti concessi dai suoi 16 azionisti e non alla garanzia dell'Unione europea. Il cambio della filosofia dell'Eurozona è rivoluzionario.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
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Il documento preparatorio del Tesoro
Il piano B
È il documento con cui l'Italia si è presentata al confronto con i partner europei al vertice di venerdì e poi a quello di domenica. Frutto del lavoro del direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, e ispirato dalle linee politiche individuate dal ministro Giulio Tremonti, il testo è stato poi la base per il compromesso raggiunto con i tedeschi. Tre pagine: un preambolo sugli obiettivi dell'Unione europea in merito alla stabilità finanziaria ed economica, un'analisi in quattro punti (il documento integrale è disponibile sul sito www.ilsole24ore.com) e poi la proposta.
La proposta italiana
Nel piano si lancia un "Fund for the stabilization of the euro", «finanziato con emissioni sotto l'egida dell'Unione europea, in grado di comprare titoli del debito pubblico dei paesi europei in difficoltà». Si propone anche di permettere alla Bce di comprare le obbligazioni emesse dal fondo e dai singoli stati membri.
Il compromesso
Contro il fondo dell'Unione europea, i tedeschi hanno difeso fino all'ultimo la logica degli aiuti bilaterali, paese a paese. Poi è stato raggiunto un compromesso, che accoglie la linea italiana e francese ma la rende accettabile per la Germania: il fondo assume la denominazione di veicolo e si finanzia con emissioni garantite dai singoli stati (e chi non vuole partecipare con la garanzia può farlo con fondi diretti).
Passa anche il principio dell'intervento della Bce nell'acquisto di titoli del debito pubblico, decisione che sarà poi presa correttamente da Francoforte nel rispetto della sua autonomia.

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