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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2010 alle ore 13:27.
L'ultima modifica è del 12 maggio 2010 alle ore 15:27.
Un intervento forte sulla situazione interna della Chiesa, sulla situazione «terrificante» generata dallo scandalo della pedofilia, a cui si deve reagire con forza, ed evitare che il perdono sostituisca la giustizia. Benedetto XVI in volo da Roma a Lisbona, a bordo dell'airbus A320 Alitalia ha risposto alle domande dei giornalisti, anche sulla crisi in atto e che colpisce duramente il Portogallo. Ecco il testo integrale delle domande (poste dal portavoce Federico Lombardi) e delle risposte del papa.
Santità, quali preoccupazioni e sentimenti porta con sé sulla situazione della Chiesa in Portogallo? Che cosa si può dire al Portogallo, in passato profondamente cattolico e portatore della fede nel mondo ma oggi in via di profonda secolarizzazione sia nella vita quotidiana sia a livello giuridico e culturale? Come annunciare le ragioni della fede in un contesto idifferente e talvolta ostile alla Chiesa?
«Innanzi tutto buona giornata a voi tutti e buon viaggio, ci auguriamo, nonostante la famosa nuvola sotto la quale siamo! Verso il Portogallo sento anzitutto sentimenti di gioia, di gratitudine per quanto ha fatto e fa questo paese nel mondo e nella storia, e per la profonda umanità di questo popolo che volevo conoscere in una visita e con tanti amici portoghesi. E vero, verissimo che il Portogallo era una grande forza della fede cattolica, ha portato questa fede in tutte le parti del mondo, una fede coraggiosa, intelligente e creativa. Ha saputo creare grandi culture, vediamo in Brasile, in Portogallo stesso, anche la presenza dello spirito portoghese in Africa e in Asia. E dall'altra parte questa presenza del secolarismo non è una cosa del tutto nuova. La dialettica tra secolarismo e fede in Portogallo ha una lunga storia. Gà nel Settecento c'è una forte presenza dell'illuminismo, basta pensare al nome di Pombal. Così vediamo che in questi secoli il Portogallo viveva sempre nella dialettica che naturalmente oggi si è radicalizzata, si mostra con tutti i segni dello spirito europeo di oggi. E questa mi sembra una sfida e una grande possibilità. In questi secoli di dialettica tra illuminismo-secolarismo e fede non mancavano mai persone che volevano creare dei ponti, creare un dialogo, ma purtroppo la tentazione e la tendenza dominante fu quella della contrarietà, dell'esclusivo tra l'uno e l'altro. Oggi vediamo che è proprio una chance questa dialettica, dobbiamo trovare la sintesi con un vero e profondo dialogo. Nella situazione multiculturale nella quale siamo tutti, si vede che una cultura europea che fosse solo razionalista, e non avesse la dimensione religiosa e trascendente, non sarebbe in grado di entrare in dialogo con le grandi culture dell'umanità che hanno tutte questa dimensione religiosa e trascendente, che è una dimensione dell'essere umano. E quindi pensare che ci sarebbe una ragione pura, antistorica, solo esistente in se stessa, pensare che sarebbe questa la ragione, è un errore, lo scopriamo sempre più che tocca solo una parte dell'uomo, esprime una certa situazione storica e non è la ragione come tale. La ragione come tale è aperta alla trascendenza e solo nell'incontro fra la realtà trascendente, la fede, e la ragione, l'uomo trova se stesso. Quindi compito dell'Europa, la missione dell'Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in una unica visione antropologica che completa l'essere umano e rende così anche comunicabili le culture umane. Perciò direi che la presenza del secolarsimo è una cosa normale ma la separazione e la contrarietà tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino e trovino così la loro vera identità. Questa, come ho detto, è una missione dell'Europa e una necessità umana in questa nostra storia».