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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2010 alle ore 11:50.
L'ultima modifica è del 13 maggio 2010 alle ore 14:25.
Si è dimesso il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. «Per difendermi non posso continuare a fare il ministro», ha detto, annunciando le sue dimissioni nel corso di una conferenza stampa convocata martedì 4 maggio, alle 11,30, nella sede del ministero di via Veneto. Il ministro dimissionario ha incontrato nel pomeriggio il premier a Palazzo Chigi. «Il ministro Scajola - ha scritto in una nota il premier - ha assunto una decisione sofferta e dolorosa, che conferma la sua sensibilità istituzionale e il suo alto senso dello Stato, per poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti e fare chiarezza su quanto gli viene attribuito».
«Ho lasciato l'incarico», ha detto Scajola nel corso della conferenza stampa, perché «convinto di essere estraneo a questa vicenda e sicuro che sarà dimostrato, ma poiché considero la politica un'arte nobile, per esercitarla bisogna avere le carte in regola, senza sospetti». Le sue dimissioni, ha precisato, «permetteranno al governo di andare avanti». L'ex ministro ha detto di essere al centro di «una campagna mediatica senza precedenti, su una inchiesta giudiziaria nella quale non sono indagato», di trovarsi «quotidianamente esposto a ricostruzioni giornalistiche di cui non conosco il contenuto e che sono contraddittorie tra di loro. In questa situazione di grande sofferenza e che non auguro a nessuno, io mi devo difendere». Dopo queste dichiarazioni Scajola è andato via dalla sala del Parlamentino, dove si svolgeva la conferenza stampa, senza rispondere alle domande dei giornalisti presenti.
Scajola è chiamato a rispondere dell'acquisto di un appartamento con vista sul Colosseo che, secondo le carte in possesso della procura di Perugia, risulterebbe pagato in parte con 900mila euro di fondi in nero girati dall'imprenditore Diego Anemone, coinvolto nell'inchiesta sul G-8 alla Maddalena. Si tratta di un appartamento di 180 metri quadrati, di 9,5 vani, acquistato da Scajola dalle sorelle Barbara e Beatrice Papa il 6 luglio del 2004, dichiarato nell'atto notarile per 610mila euro, che sarebbe invece stato pagato 1,7 milioni di euro. Dagli accertamenti bancari risulterebbe che per l'acquisto della casa sarebbero stati utilizzati anche 80 assegni, secondo la procura di Perugia, ottenuti dall'architetto Angelo Zampolini, progettista del gruppo Anemone, versando 900mila euro in contanti presso una delle agenzie della Deutsche Bank, intestati direttamente alle proprietarie dell'abitazione. L'ex ministro sarà sentito il 14 maggio prossimo dai pubblici ministeri come persona informata dei fatti, cioè in qualità di testimone.