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Ft: l'Eurozona incoraggia i governi spendaccioni, va riformata

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2010 alle ore 16:53.
L'ultima modifica è del 14 maggio 2010 alle ore 10:59.

Ristrutturare l'eurozona per evitare il peggio. I paesi che vogliono mantenere l'euro devono accettare «una sostanziale cessione di sovranità sulla politica fiscale, e quindi sui deficit di bilancio, e creare un unico forte organo di vigilanza bancaria». E' quanto propongono due economisti, Peter Boone e Simon Johnson, in un articolo sul Financial Times intitolato «Come l'eurozona ha scatenato una race to the bottom» (letteralmente ‘corsa verso il fondo'), la gara tra stati nello smantellare standard regolamentari per essere più competitivi.


Di chi è la colpa. L'eurozona – affermano – ha incoraggiato i paesi ad avere deficit di bilancio eccessivi e ha dato alle banche un incentivo sia per finanziare i governi spendaccioni che per alimentare bolle immobiliari. A loro parere, l'eurozona ha facilitato «uno dei più grandi sistemi di ‘moral hazard' (rischio morale) di tutti i tempi». Spagna e Irlanda – argomentano i due economisti - hanno costruito enormi sistemi bancari, trascinati in una bolla immobiliare, «basati in realtà sulle regole dell'eurozona, che implicitamente garantiscono le banche commerciali senza un'adeguata vigilanza». Portogallo e Grecia hanno deficit fuori controllo "vecchio stile", finanziati da prestiti bancari, «con tutto il debito disponibile usato come collaterale per prestiti a breve termine alla Banca centrale europea» e sottoscritto da «implicite garanzie» del tipo «troppo grandi per fallire».


Gli italiani ? Ci sono dentro. Gli italiani «rientrano in una categoria meno estrema, ma anche loro sono sotto tiro a causa di un mix di imprudenza bancaria e illusioni di bilancio». L'eurozona – dicono Boone e Johnson - ha un problema di incentivi che la rende una "bonanza" per le nazioni con governi spendaccioni o sistemi finanziari deboli. «Questo sistema incoraggia una race to the bottom guidata dai governi di paesi più piccoli, che allentano gli standard fiscali e creditizi solo per vincere le elezioni (o godere di un boom). Essi hanno preso fondi in prestito dai paesi (innaturalmente) meno spendaccioni dell'eurozona. I tedeschi sono stati austeri, la periferia si è goduta il boom».

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Tags Correlati: Bce | Europa | Peter Boone | Simon Johnson | Unione Europea

 


Nessuno paga. Ora che il boom è passato, «qualcuno in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e forse Italia deve rimborsare qualcosa – o almeno smettere di prendere in prestito senza restrizioni. l sostegno finanziario esterno – sottolineano - ha senso solo se combinato con riforme degli incentivi dell'eurozona». Invece, le decisioni del week-end hanno mandato ai creditori questo «chiaro messaggio: 'Potere continuare a prestare agli spendaccioni senza rischio'». In realtà, dunque, le misure d'emergenza varate nel week-end «indeboliscono ulteriormente la volontà dei governi di affrontare i loro problemi di solvibilità».


Due gruppi di paesi euro. Per affrontare questi problemi, i due economisti propugnano la creazione di un gruppo "core" di paesi che mantengono l'euro, accettano una maggiore unificazione della politica fiscale e insediano un forte organo di regolamentazione e vigilanza bancaria. Altrimenti, se il sistema resta così com'è, a loro parere finirà per creare un'altra «macchina del giorno del giudizio universale», perpetuando cicli di boom, crolli e salvataggi. Nel primo scenario, la Grecia alla fine farebbe default. Nel secondo, l'Europa accumulerebbe debito interconnesso, finché l'eurozona farebbe default, o attraverso il ripudio (del debito) o attraverso l'inflazione.

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