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L'appello dei sindaci padani: il federalismo è l'unica via

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2010 alle ore 09:24.
L'ultima modifica è del 14 maggio 2010 alle ore 17:18.

«Abbiamo urgenza di un polo per l'infanzia: asilo nido e scuola materna. In cassa c'è un milione e mezzo ma non posso usarlo per colpa del patto di stabilità. Col federalismo fiscale, vedrete, cambierà tutto: ce l'hanno detto in tanti...». La verità è che, con la crisi e l'euro da salvare, «si rischia di rinviarlo alle calende greche».

Valerio Moro è il sindaco leghista di Brignano Gera d'Adda, paesino di nemmeno 6mila anime nella bergamasca, niente di più distante da un pasdaran in camicia verde: «Solo che a queste condizioni è davvero dura», ammette. Sembra che «più sei virtuoso, e più ti legano le mani». Ovviamente «parlo del mio paese ma potrei raccontarvi di decine di colleghi», distillato di quei 374 comuni soprattutto lombardo-veneti governati dal Carroccio che oggi sbuffano dietro la diplomazia obbligata dei big padani al governo. Dietro gli imbarazzi dei neo governatori, costretti ad abbozzare davanti a una crisi che potrebbe allontanare l'applicazione del federalismo fiscale, la madre di tutte le riforme.

Troppe incognite per non preoccupare i tanti Valerio Moro padani. «E poi i distinguo di Gianfranco Fini, l'affondo della Cei, le resistenze dell'ala meridionalista del Pdl, le parole del presidente Napolitano e le prudenze del Tesoro alle prese con l'incertezza che provocherebbe nei mercati, sui titoli di stato, una riforma che delocalizza i tributi», annotano da via Bellerio. A metà aprile i sindaci di 400 piccoli comuni lombardi erano già scesi in piazza a Milano, per restituire la fascia tricolore. Erano quasi tutti sindaci della Lega e quasi tutti di comuni virtuosi, stremati dai tagli orizzontali del governo amico. A guidarli c'era Attilio Fontana, presidente di Anci Lombardia. «Se davvero stiamo andando verso un futuro alla greca come dicono - tuona il sindaco di Varese - discutiamo insieme eventuali tagli ma a due condizioni: il governo ci faccia vedere i conti e ci siano pari condizioni per tutti. Ci siamo stancati che si continuino a ripianare le sanità del sud, i dissesti di Palermo e Catania, i rifiuti campani e la malagestione di Roma capitale e dei suoi ministeri. Altrimenti - chiosa Fontana - mi viene il dubbio che la crisi e la necessità di blindare i conti pubblici siano l'ennesima scusa per non fare il federalismo fiscale…». Già oggi i comuni lombardi ricevono meno trasferimenti pro capite rispetto alla media nazionale: 30 euro versus 80. Meno 11% nel quinquennio 2004-2008 (media nazionale -7,6%), nonostante la crescita della spesa corrente sia stata più contenuta (3,3% vs 5%). Il risultato è un taglio degli investimenti di 40 euro pro capite (-14%) nella regione locomotiva d'Italia.

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Tags Correlati: Antonio Guadagnini | Associazione Nazionale dei Comuni Italiani | Attilio Fontana | Catania | Cgia | Germania | Gianfranco Fini | Lega | Ministero del Tesoro | Palermo | PDL | Roma | Toni Da | Valerio Moro | Varese | Vittorio Veneto

 

Dalla Lombardia al Veneto di Zaia la musica se possibile peggiora. «Vogliamo capire che la crisi di bilancio nasce proprio dalla spesa pubblica incontrollata del sud, spesso utilizzata per alimentare parassitismo e malaffare?», si scalda il sindaco padano di Vittorio Veneto, Toni Da Re. «Io le regole le rispetto, altri no. Quante storie: si vada avanti subito col federalismo fiscale, è l'unica medicina, altrimenti…».

Altrimenti per molti sarà il baratro. Dal 2003 al 2009 i trasferimenti statali ai comuni veneti sono diminuiti del 23%, la spesa dello Stato dell'11% (pro capite). Mentre il residuo fiscale è schizzato da 11 a 18 miliardi. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e appunto Veneto danno in "solidarietà" al resto del paese qualcosa come 56 miliardi l'anno (+40% nel quinquennio 2002-207). Il che significa pochissimi soldi che restano per infrastrutture e servizi sociali. «Da anni i nostri cittadini pagano sotto forma di minori servizi l'inefficienza dei servizi pubblici delle regioni meridionali», ammettono da Anci Veneto. «Solo un serio federalismo fiscale potrà coniugare solidarietà, responsabilità ed efficienza della spesa pubblica. Ma, visti i chiari di luna, siamo preoccupati». In fondo l'Italia, centauro tra un nord che assomiglia alla Germania e un meridione pericolosamente alla Grecia, incorpora da anni le contraddizioni scoppiate in questi giorni dentro Eurolandia.

Anche chi non è leghista, come il portavoce dei sindaci veneti per il 20% dell'Irpef, Antonio Guadagnini, critico del federalismo alla Calderoli perché «troppo centralista», riconosce che la spesa erogata dal centro è circa la metà delle tasse versate. «Rispetto all'Irpef pagata dai veneti, ci ritorna in trasferimenti appena un 4-5%. Come si fa?». Nel comune in cui Guadagnini era vicesindaco, Crespano del Grappa, due scuole hanno problemi di staticità. «Ci vogliono 3 milioni per i lavori, la Regione ha stanziato 800mila euro. Ma il resto, dove andiamo a prenderlo?».

POSIZIONI A CONFRONTO
1 - Fontana: stanchi dei continui aiuti al Sud
Attilio Fontana

Il sindaco di Varese teme che la crisi e la necessità di blindare i conti pubblici «siano l'ennesima scusa per non fare il federalismo fiscale». Siamo stanchi, aggiunge, «di vedere ripianati le sanità del sud, i dissesti di Palermo e Catania e i rifiuti campani»

2 - Guadagnini: l'Irpef pesa ma trasferimenti scarsi
Antonio Guadagnini

Il portavoce dei sindaci veneti per il 20% dell'Irpef critica il federalismo targato Calderoli «troppo centralista» e riconosce che la spesa versata dal centro è la metà delle tasse versate. «Rispetto all'Irpef pagata dai veneti, ci torna in trasferimenti un 4-5 per cento»

3 - Da Re: sui conti incide la spesa «malata»
Gianantonio Da Re

Per il primo cittadino di Vittorio Veneto il federalismo fiscale «è l'unica medicina» da portare avanti. «Vogliamo capire – attacca – che la crisi di bilancio nasce proprio dalla spesa pubblica incontrollata del sud che genera parassitismo e malaffare?»

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