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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2010 alle ore 09:09.
L'ultima modifica è del 14 maggio 2010 alle ore 17:59.
Non ci sono le necessarie garanzie. Per questo motivo l'ex ministro Claudio Scajola non andrà a testimoniare davanti ai magistrati di Perugia che indagano sui grandi eventi. Per il suo legale, Giorgio Perroni, è evidente che, dopo le notizie sull'inchiesta apparse sulla stampa, Scajola verrebbe sentito «in una veste che parrebbe ormai solo formalmente, ma non già sostanzialmente, quella di persona informata sui fatti». Per questo la convocazione viene considerata «scorretta». Non solo.
Per Perroni la procura umbra non è competente dal momento che «i fatti sono tutti, pacificamente, avvenuti a Roma» e la competenza a giudicare Scajola è del tribunale dei ministri. I fatti sono quelli noti: l'acquisto, il 6 luglio del 2004, dell'appartamento con vista sul Colosseo. Pagato da Scajola, secondo i pm, per oltre la metà con i soldi del costruttore Diego Anemone.
In attesa di sapere quale sarà la decisione del tribunale del riesame, che dovrà stabilire se sarà Roma o Perugia a indagare sulle compravendite di case per politici e alti funzionari, avvenute con soldi di Anemone secondo i pm (ma il costruttore nega), la decisione di Scajola innesca la polemica politica. Per il leader dell'Idv, Antonio di Pietro, l'ex ministro non andrà a testimoniare perché sa di essere indagato, mentre la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, definisce «grave e avvilente» la decisione di Scajola.
Nel frattempo l'indagine va avanti. Domani sarà fissata la nuova udienza in cui il gip di Perugia esaminerà la richiesta di commissariamento delle aziende del gruppo di Anemone. Su cui proseguono gli accertamenti. Finora gli inquirenti hanno stabilito che, negli ultimi sette anni, il costruttore ha ottenuto solo a Roma appalti per 100 milioni e che, in almeno cinque circostanze, i soldi dell'imprenditore sono stati utilizzati per acquistare appartamenti destinati a personaggi influenti: Scajola, il generale della GdF Francesco Pittorru, Lorenzo Balducci, figlio dell'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo, Ercole Incalza, capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture con l'attuale ministro, Altero Matteoli, e funzionario con il predecessore, Pietro Lunardi. «È una vicenda che mi lascia assolutamente tranquillo» ha commentato ieri Incalza. Di certo, il giro di denaro movimentato finora da Anemone non è stato ancora quantificato appieno. Sotto la lente degli inquirenti c'è un'altra operazione: quella effettuata il 27 e 28 novembre 2003, quando Zampolini versò in contanti, su un suo conto, 200mila e 100mila euro. Operazione collegata, secondo i pm, con l'emissione, il 26 novembre a Merano, di un assegno da 350mila euro all'ordine di Schlandeserser Bau Gmbh srl. Una caparra per alcuni immobili in Piazza della Pigna, a Roma, ha precisato ieri il rappresentate della società, l'immobiliarista altoatesino Peter Paul Poh.